La “rappresentanza” è degli operai, non delle burocrazie sindacali!

Squinzi e segretari confederali

Sta facendo un certo baccano, in CGIL, il “contenzioso” tra la segretaria della confederazione Susanna Camusso e il segretario della Fiom Maurizio Landini sul tema dell’ “Accordo sulla Rappresentanza”, siglato nel giugno scorso e definitivamente messo a regime il 10 gennaio di quest’anno.
La Camusso ha deferito Landini davanti agli organi disciplinari della CGIL, in quanto quest’ultimo ha affermato che tale Accordo non vincolerebbe la federazione dei metalmeccanici da lui diretta… a meno che esso non venisse “ratificato” dal voto dei lavoratori “direttamente interessati” (e cioè appartenenti alle aziende che fanno capo alla Associazione padronale firmataria, Confindustria).
E’ il solito gioco delle parti. E’ il solito gioco dello “scaricabarile”.

Da un lato abbiamo una segreteria confederale che -sicura di aver ottenuto il “monopolio legale” della “rappresentanza- spinge per chiudere in fretta la bocca a qualsiasi dissenso. Dall’altro lato abbiamo una Fiom che per l’ennesima volta fa “la voce grossa” per raccogliere la sua quota di “malcontento” tra i lavoratori, dirottandolo però -come sempre- sui binari del legalitarismo più vergognoso e della più assoluta passività sociale.
Una pantomima veramente di bassa lega, compresa la “sceneggiata” della quale è stato protagonista Giorgio Cremaschi, leader della “Rete 28 Aprile”, spintonato e fatto ruzzolare per le scale dal servizio d’ordine del “suo” sindacato in un teatro di Milano…
Quello stesso Cremaschi che “nonostante tutto”, pensate un po’, continua ad illudere gli operai FIOM che “un’ altra CGIL è possibile”!

Ma qual’è esattamente il contenuto di questo “Accordo”, che tanto anima il “dibattito interno” in CGIL?
In poche parole:
1) esclusione dal tavolo dei contratti nazionali di lavoro (o di ciò che è rimasto di essi) da parte dei “soggetti sindacali” non firmatari dell’ Accordo stesso, nonostante apparentemente si proclami una “gara democratica” di rappresentatività “vera”. Ma il meccanismo perverso sta in questo semplice gioco delle tre tavolette: solo chi sottoscrive l’Accordo ha diritto alla trattenuta sindacale in busta paga; però se non hai sottoscritto non hai la trattenuta, dunque…non puoi raggiungere il 5% di rappresentanza previsto dall’Accordo stesso (anche se sei magari maggioritario in una categoria); dunque, alla fine, non puoi partecipare alle trattative nazionali !
2) Penalità per chiunque (Organizzazioni Sindacali o singoli delegati) dovesse indire scioperi o agitazioni contro gli Accordi stipulati dai soggetti “rappresentativi” ed approvati dalla “maggioranza semplice” del 50%+1 (attenzione: calcolata dalla sommatoria tra OOSS e voto di ratifica dei lavoratori). Fermo restando che, come tutti sanno, queste “votazioni” sono dei puri e semplici ricatti spacciati per “libera scelta”.

I referendum della Fiat hanno fatto scuola. Anzi: sono stati praticamente assunti in toto da questo Accordo, che generalizza il sistema a tutte le categorie industriali.

In estrema sintesi: dittatura della rappresentanza della Triplice. Divieto del diritto di sciopero. Certezza di “esigibilità” dei contratti da parte dei padroni (una volta i contratti erano fatti perché gli operai “esigessero” qualcosa, ora avviene esattamente il contrario). Certezza per le burocrazie sindacali di avere il monopolio della “rappresentanza” contro ogni “turbativa” di sindacati “concorrenti”, o di lavoratori che semplicemente “non ci stanno”. Appoggiandosi alle solite prebende statali, al carrierismo, alle pratiche collusive più vergognose.

Una riedizione “moderna” del corporativismo fascista sotto il manto “democratico”.

Se questo è il contenuto dell’Accordo, la domanda è: di che litigano in CGIL? Di che litigano, dal momento che sono stati da sempre fautori dell’esclusione di ogni seria opposizione operaia a tutte le stangate di tutti i governi da quarant’anni a questa parte?
Litigano semplicemente su come spartirsi questa “rappresentanza” sindacale di stampo parlamentaristico. Alla faccia dei milioni di disoccupati, precari e licenziati, di cui firmano ogni giorno il certificato di morte, facendo -quando va bene- delle “finte lotte”.
Litigano sul “come” i lavoratori dovrebbero certificare il loro maggior sfruttamento e, quando non servono più al capitale, la loro “cessazione”.
Landini, dopo aver fatto passare “in cavalleria” i non meno vergognosi Accordi fatti anche dalla sua confederazione con Sacconi e con la Fornero, cerca di accreditarsi un ruolo di “duro”, di quello che difende una “rappresentanza operaia” che la Fiom per prima ha interamente depositato nelle mani della magistratura!

Anche qui la lezione Fiat è estremamente chiara.
La questione della rappresentanza operaia è una questione seria. Che non va perciò “rinchiusa” nei recinti di alcuna “legge”, né alcuna “regola”, che non sia quella della lotta e dell’ autorganizzazione.
E’ una questione che investe direttamente il rapporto di forza tra proletariato e borghesia. Dunque va demandata -in ultima analisi- all’arena dello scontro di classe.
Il quale rifugge dalle “regolazione dello scontro” come prassi e come fine, se non vuole farsi ingabbiare nel labirinto frustrante delle “compatibilità” e del profitto.
Se poi, in certi ambiti e contesti storici, la stessa borghesia ha sentito l’esigenza di introdurre delle leggi ”regolatrici” in materia di sciopero per non farsi scappare di mano la situazione (il “diritto di sciopero”, o ciò che di esso rimane), ne deriva che certamente gli operai possano e debbano anche appigliarsi ad esse nel corso della loro lotta, ed usarle come strumento di autodifesa.
L’importante però è che non si scada mai (come invece fa la Fiom e molto sindacalismo “alternativo”) nel “legalitarismo” e nella “parlamentarizzazione” dello scontro sociale, i quali aprono appunto la strada a “mostri” autoritaristici com’è l’ Accordo in oggetto.

Guardate ciò che è successo in questi mesi, stando solo in Italia.

I tranvieri genovesi hanno stracciato tutte le “regole” sullo sciopero nei servizi pubblici, conducendo giornate di lotta “in proprio”. Sono stati alla fine bloccati? Certamente, dal momento che nessuno s’illude che una lotta settoriale e categoriale possa, oggi come oggi, trasbordare su un terreno più propriamente “politico generale”.
Ma intanto hanno lasciato un segno che non mancherà di dare i suoi frutti.

I lavoratori migranti delle logistiche hanno “scavalcato” il concertume confederale -mafioso e colluso- implementando lotte dirette dal SiCobas che li hanno visti confrontarsi contro “colossi” come Ikea e Granarolo, tanto per citare solo gli esempi più recenti.
Ebbene, essi hanno nei fatti scavalcato ogni “regola accettata e condivisa”, imponendo i blocchi ai cancelli senza preavviso, il coinvolgimento solidale di altre aziende, lo sciopero ad oltranza, il boicottaggio dei prodotti.
Hanno lanciato un segnale “forte” per tutti i proletari italiani, affrontando botte, denunce, arresti, prove di forza nei luoghi di produzione e non nei “Comitati Direttivi”.

Anche qui, è chiaro che questa lotta, da sola, non potrà invertire un “trend” negativo di conflittualità sociale che colloca questo periodo tra i più bassi in tutta la storia del movimento operaio italiano: come numero di scioperi, come numero di partecipanti agli scioperi, come durata ed intensità di essi, come “qualità” delle piattaforme di lotta (le quali, messe nelle mani dei sindacati collusi svolgono certamente un ruolo “deprimente” delle lotte stesse).

Da questi dati occorre partire per rilanciare il vero tema della “rappresentatività” dei lavoratori, che non va “delegato” nelle mani di alcuno, ma strappato allo Stato, al padrone, al burocrate sindacale e accuratamente sviluppato nel conflitto diretto col capitale.
Intrecciando lotte di fabbrica con altre lotte “trasversali”, dove i sindacati non arrivano né possono arrivare , e che richiedono l’organizzazione di Comitati di lotta: per la garanzia di salario, il diritto dei proletari ad abitare ed a non farsi strangolare da tributi e tariffe, il diritto a non farsi ammazzare di inquinamento , il diritto a vivere decentemente spazi “requisiti” da speculatori ed affaristi senza scrupoli, con la “benedizione” di tutti i poteri costituiti.

Occorre dunque “disarticolare” questa legge sulla “rappresentanza” rendendola, ove possibile, inoperante. A colpi di sciopero, dove l’unica “rappresentanza” reale è quella della lotta. Occupando le fabbriche, le case sfitte e tutti gli spazi sociali che ci servono. Assediando i centri di potere. Cercando di collegare e generalizzare le lotte.
Nessuna legge, anche la più autoritaria, ha mai potuto cancellare il conflitto insanabile tra capitale e lavoro, tra sfruttatori e sfruttati.
Questi ultimi, anzi, prima o poi hanno sempre saputo trovare le energie necessarie per rialzare la testa, vanificando i lacci dell’oppressione.

No al monopolio fascista della rappresentanza sindacale, autorganizzazione delle lotte, indipendenza della classe lavoratrice dal padronato e dallo stato!

Combat – Comunisti per l’Organizzazione di Classe

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