Grecia, Ue, crisi finanziaria, austerità, lotta di classe
Crisi greca – Uno sguardo in avanti
L’introduzione dell’euro aveva fatto sperare di poter legare a lungo termine la Germania alla Ue (quotidiano francese Les Echos):
o ora si deve constatare che la Germania pone la propria espansione internazionale davanti alla cooperazione europea.
o Il governo tedesco sta considerando la possibilità di estromettere dalla zona euro i paesi finanziariamente deboli, e eventualmente anche dalla UE,
– Il responsabile FDP della Commissione Finanze del parlamento tedesco, Frank Schäffler: «per rendere l’economia greca competitiva a breve, occorre tagliare i salari del 30%». «L’unica scelta giusta è … l’uscita volontaria dall’unione monetaria».
– La tedesca Faz prende le distanze dall’integrazione europea, parla di necessità di una pausa di ripensamento, dopo aver superato la crisi in corso. La posizione del governo tedesco è stata motivata daIla preoccupazione di stabilizzare l’euro e la zona dell’euro. Un ruolo centrale ha il patto di stabilità, che come l’unione economica e monetaria, fino alla Costituzione della BCE, sono stati creati tutti su progetto tedesco.
o Questo era già stato percepito come Diktat; fondamentalmente nulla è cambiato a riguardo, anche oggi gli stessi paesi dell’Ovest e Sud Europa vedono la prassi tedesca come Diktat.
o La crisi greca è più di un problema monetario o di tecnica finanziaria; riguarda l’intero progetto “Europa”, di cui la zona euro è stata resa il pilastro portante.
o La crisi dimostra che la UE nell’ultimo decennio si è sovraccaricata; le differenze all’interno della UE si sono fatte troppo forti, al punto che l’impegno ad una unione sempre più stretta viene da molti sentito come costrizione esterna.
o Non bastano più gli appelli (come quello lanciato dal ministro Esteri) affinché l’Europa dimentichi le divergenze interne a favore di una politica di potenza.
o L’Europa deve chiedersi non solo cosa deve ma anche cosa può diventare.
– Il lungo rinvio tedesco del pacchetto finanziario di aiuto ad Atene ha acuito la crisi a causa delle speculazioni dei mercati finanziari.
– La cancelliera Merkel propone:
togliere il diritto di voto ai paesi UE che violano i regolamenti (=niente rappresentanza politica alla loro popolazione).
o L’indebitamento non dovrà superare lo 0,35% del PIL (1/8 del limite attuale).
– In Europa, rifiuto del e preoccupazioni per l’atteggiamento tedesco.
o Les Echos parla esplicitamente di “via peculiare tedesca”, “nazionalismo e scatenamento di tre guerre: 1870, 1914, 1939”.
– Negli ultimi 10 anni la Germania è cambiata:
o ha preteso più voti della Francia a causa della maggiore popolazione,
o ma al contempo è contraria a fornire maggiori finanziamenti di altri paesi al bilancio UE.
o Anche dal punto di vista economico, Berlino cerca di imporre alla UE la propria ricetta:
o ad es. un limite più rigido all’indebitamento, un politica di bassi salari.
o Berlino considera più importanti i mercati dei BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) di quelli dei PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna).
o Bruxelles di fatto non ha scelta: “Berlino e i mercati, la nuova Unione”.
● È da chiedersi se per la Grecia sarà possibile imporre contro le proteste sociali le misure di risparmio che le vengono ordinate.
● Da uno sguardo politico in avanti compaiono almeno due difficoltà che fanno dubitare che gli aiuti possano continuare:
– 1. Essendo la Grecia di fatto in bancarotta, sarà il governo – non importa se quello attuale socialista del Pasok o un futuro di un altro partito – in grado di mantenere il programma di risparmio deciso?
o Sono da prevedere proteste e crescenti tensioni sociali, soprattutto se i tagli programmati faranno ancor più sprofondare economicamente il paese.
o Cosa potrà fare la UE se i tagli imposti ai greci non sono “politicamente attuabili?”.
– 2. Patto di stabilità e crescita: è evidente che se un piccolo paese può portare la zona euro sull’orlo della rovina, occorrono regole più rigide, da poter attuare. Altrimenti il dopo la crisi sarà un prima della prossima crisi.
La deflazione potrebbe vanificare gli sforzi per la ripresa della Grecia nella crisi del debito
STEVEN ERLANGER
● L’accordo siglato dalla Grecia «è un modo indiretto per salvare le banche francesi e tedesche» (Jean-Paul Fitoussi, dell’ Institut d’Études Politiques, di Parigi).
● Con la sigla del patto di salvataggio finanziario con UE e FMI, la Grecia, di fatto in bancarotta e con il fucile europeo puntato alle tempie, si è impegnata ad anni di austerità.
● Si pone ora la questione se i forti tagli di salari e indennità richiesti dall’accordo siano nel tempo politicamente sostenibili,
o anche quando la deflazione renderà impossibile alla Grecia la crescita economica e l’uscita dal debito.
– Secondo alcuni economisti le misure a cui si è impegnato il governo greco
o far arretrare il PI, comprese pensioni e welfare, aumentare fortemente l’IVA, riforma fiscale, per ridurre il mercato nero che è molto esteso, ridurre l’evasione ed aumentare le entrate fiscali del governo
– e di ricacciare l’intera UE in un periodo di bassa crescita artificiale.
– Una crescita negativa o lenta aumenterà la già forte disoccupazione, e farà pressione sulla spesa dei governi e sulle banche, rendendo difficile la riduzione dei debiti.
– Thomas Piketty, fondatore della Paris School of Economics, troppo alte le domande alla Grecia: sono folli dei tassi di interesse dell’8% su un debito che è oltre il 100% del PIL. I contribuenti greci non possono accettare questa pressione a lungo.
– Il ministro Finanze greco ha previsto una recessione del 4% nel 2010, e del 2,6% nel 2011, +1,1% nel 2012; non si può prevedere cosa accadrà nel 2012, e se Papndreu sarà ancora al governo.
– In cifre assolute il debito greco è piccolo se paragonato a quanto sborsato per il salvataggio delle banche lo scorso anno.
– Dubbi (Jean-Paul Fitoussi) che il recente pacchetto da €110 MD su tre anni basterà a calmare i mercati.
– «Sfortunatamente per gli economisti c’è la democrazia. Se viene imposto un programma troppo rigido la popolazione lo rifiuterà. I greci non sono lettoni», o irlandesi (che finora hanno reagito pacatamente a forti tagli) basta pensare le forti manifestazioni operaie di questo fine settimana.
– La Grecia non può svalutare per uscire dal debito, essendo ancorata all’euro.
o Può solo tagliare fortemente la spesa o non pagare i prestiti,
§ e questo danneggerebbe fortemente le banche tedesche e francesi che possiedono una forte quota del debito greco.
Questo il motivo per cui il presidente francese Sarkozy ha tenuto un basso profilo sulla crisi greca.
– (Eigener Bericht) – Angesichts der hartnäckigen deutschen Blockaden in der Griechenland-Krise warnen Pariser Beobachter vor einem nationalen Alleingang Berlins. Die Einführung des Euro habe einst die Hoffnung genährt, die Bundesrepublik könne auf Dauer in die EU eingebunden werden, heißt es in der französischen Presse.
– Nun müsse man feststellen, dass Deutschland seiner weltweiten Expansion Vorrang vor der europäischen Kooperation einräume. Auf die Feststellung, dass Teile Europas – darunter Griechenland – aufgrund der Ungleichheiten in der Eurozone immer ärmer würden, höre man in Berlin die Antwort: "Na und?" Tatsächlich eruiert die Bundesregierung laut Berichten Möglichkeiten, finanziell schwächere Staaten aus der Eurozone und womöglich auch aus der EU zu entfernen, zunächst Griechenland, perspektivisch auch weitere Länder. Damit sollen umfangreichere Transferzahlungen vermieden werden. Deutsche Leitmedien gehen darüber hinaus zur europäischen Integration auf Distanz. Die EU, heißt es, habe sich "in den vergangenen Jahrzehnten übernommen". Man solle nach der Bewältigung der aktuellen Krise eine "Reflexionspause" einlegen und prüfen, was der Staatenbund überhaupt zu leisten in der Lage sei.
– Auslöser der französischen Warnungen sind Blockaden der Bundesregierung in der Griechenland-Krise, die weithin auf Unverständnis und Protest stoßen. Berlin hat das Hilfspaket für Athen lange verzögert und damit die Krise aufgrund der Finanzmarktspekulationen noch verschärft. In Zukunft müssten Staaten, die sich verschulden, mit drastischeren Maßnahmen rechnen, kündigte Kanzlerin Merkel am Wochenende an. So solle es künftig möglich sein, Regierungen bei Regelverstößen die Stimmrechte in der EU zu entziehen. Die Bevölkerung der betroffenen Staaten verlöre damit ihre demokratische Repräsentanz. Weiteren Forderungen zufolge soll die zulässige Verschuldung nicht mehr als 0,35 Prozent des Bruttoinlandsproduktes betragen; das ist weniger als ein Achtel des jetzt zulässigen Betrags. Brüssel werde noch in diesem Monat eine Arbeitsgruppe auf der Ebene der Finanzminister einrichten, die entsprechende Regularien auszuarbeiten habe, kündigt Bundeskanzlerin Merkel an.
Die europäische Integration
– Die deutschen Blockaden gegenüber Griechenland und das harte Vorgehen der Bundesregierung, das in der EU weithin abgelehnt wird, haben europaweit Unverständnis und Sorge hervorgerufen. Unter anderem in Paris werden inzwischen Erinnerungen an frühere deutsche Alleingänge wach.
– Die französische Tageszeitung "Les Echos" verwies vergangenen Freitag ausdrücklich auf "den deutschen Sonderweg" – "den Nationalismus und das Auslösen dreier Kriege: 1870, 1914, 1939".
– Die europäische Integration sei der Versuch gewesen, dergleichen für alle Zukunft zu unterbinden, schrieb die Zeitung. Dass die Bundesrepublik die D-Mark aufgegeben und fast widerstandslos der Einführung des Euro zugestimmt habe, sei als Beleg für den Erfolg der europäischen Integration gewertet worden.[1]
– In den letzten zehn Jahren jedoch habe sich Deutschland gewandelt, heißt es in "Les Echos". So habe die Bundesrepublik darauf bestanden, wegen ihrer größeren Bevölkerung mehr Stimmen in den Gremien der EU zu erhalten als Frankreich.
– Zugleich spreche sie sich dagegen aus, stärker als andere Länder zur Finanzierung des EU-Haushalts herangezogen zu werden.[2]
– Auch ökonomisch suche Berlin die deutschen Konzepte – etwa eine harte Verschuldungsgrenze, Niedriglohnpolitik – der EU zu oktroyieren. Brüssel habe dabei faktisch keine Wahl: "Berlin und die Märkte, die neue Union, verlangen es." "Eine Mehrheit jenseits des Rheins" sehe inzwischen keine Notwendigkeit mehr, besondere Rücksicht auf die europäischen Partnerstaaten zu nehmen, die sich ökonomisch nach anderen Konzepten richteten und wie Griechenland unter dem deutschen Modell Einbußen erlitten (german-foreign-policy.com berichtete [3]), berichtet die Zeitung. "’Europa verarmt? Na und?’, hört man jenseits des Rheins." Dort messe man den Absatzmärkten der sogenannten BRIC-Staaten – Brasilien, Russland, Indien, China – inzwischen größere Bedeutung bei als denjenigen der "PIGS" (das sind Portugal, Irland, Griechenland, Spanien – die von der Krise besonders betroffenen EU-Staaten). Daraus entstehe eine zunehmende Ignoranz gegenüber der EU – "die alte Versuchung des populistischen Nationalismus" "Les Echos" überschrieb einen Text zum Thema mit dem Titel "Die deutsche Frage".
– Die Bundesregierung eruiert inzwischen laut Berichten sogar die Option, finanziell schwächere Staaten aus der Eurozone und womöglich auch aus der EU zu werfen – zunächst Griechenland, perspektivisch auch weitere Länder. Wie berichtet wird [4],
– werde noch in dieser Woche ein vom Bundesfinanzministerium in Auftrag gegebenes Rechtsgutachten vorgelegt, das Möglichkeiten für einen "freiwilligen" Ausstieg aus dem Euro suchen soll, aber auch Optionen, Länder zwangsweise aus der Eurozone oder der EU zu entfernen. In der Berliner Regierungskoalition wird mittlerweile der "freiwillige" Ausstieg Griechenlands aus dem Euro gefordert. "Die Griechen können gar nicht so viel sparen, wie sie sparen müssten", erklärt der Obmann der FDP im Finanzausschuss des Deutschen Bundestages, Frank Schäffler: "Um die Wirtschaft wieder kurzfristig wettbewerbsfähig zu machen, müssten die Löhne um 30 Prozent gekürzt werden." Laut Schäffler ist "ein freiwilliger Austritt aus der Währungsunion (…) deshalb der einzig richtige Weg."[5]
– Gleichzeitig gehen deutsche Leitmedien zur europäischen Integration auf Distanz. Der aktuelle Kurs der Bundesregierung sei durch das Bemühen gelenkt, "den Euro und die Eurozone als Kern der EU zu stabilisieren", heißt es in der "Frankfurter Allgemeinen Zeitung".[6] Eine zentrale Rolle nehme dabei der Stabilitätspakt ein. Dieser sei wie die Wirtschafts- und Währungsunion insgesamt "bis hin zur Verfassung der Europäischen Zentralbank mit Sitz in Frankfurt" ganz "nach deutschen Vorgaben konstruiert worden".
– Das sei "schon damals als ‘Diktat’ empfunden" worden; daran habe sich im Grundsatz nichts geändert: Auch heute empfänden diejenigen Länder vor allem West- und Südeuropas, "für die Griechenland pars pro toto steht", die deutsche Praxis "neuerlich als ‘Diktat’". Ob es gelinge, auf diesem Wege die Währungsunion zu stabilisieren, sei "eine offene Frage".
Projekt "Europa"
– In jedem Fall aber gehe die Griechenland-Krise weit über "ein währungs- oder finanztechnisches Problem" [7] hinaus, heißt es weiter: "Letztlich geht es um das ganze Projekt ‘Europa’, zu dessen tragender Säule die Eurozone gemacht worden ist."
– Die Krise zeige "unbarmherzig, dass sich die EU in den vergangenen Jahrzehnten übernommen hat". Die Differenzen innerhalb der EU seien allzu stark gewachsen – "mit der Folge, dass die Verpflichtung auf eine ‘immer engere Union’ (…) von vielen als äußerer Zwang empfunden wird". Europa brauche, sobald die Griechenland-Krise überwunden sei, "eine wirkliche Reflexionspause". Appelle wie derjenige des Außenministers, Europa solle seine inneren Differenzen zugunsten einer weltweiten Machtpolitik zurückstellen (german-foreign-policy.com berichtete [8]), reichten nicht mehr aus.
– Europa, rät die Frankfurter Allgemeine, dürfe "nicht nur darüber nachdenken, was aus ihm werden soll". Es müsse sich nun auch die grundsätzliche Frage stellen, "was aus ihm werden kann".
[1], [2] La question allemande; www.lesechos.fr 30.04.2010
[3] s. dazu Das Ende der Souveränität (II), Germanische Strenge, Sparen für Deutschland und Die Frage der Führung
[4], [5] Berlin prüft Europas Finanzsystem – ohne Tabus; www.focus.de 01.05.2010
[6], [7] Vor einer Existenzkrise; Frankfurter Allgemeine Zeitung 29.04.2010
[8] s. dazu Keine Denkverbote! und Eine neue Ära des Imperialismus
– Die Hilfe für Griechenland stößt auf zwei Schwierigkeiten: Zum Einen ist fraglich, ob der angeordnete Sparkurs gegen Proteste durchzusetzen ist, zum Anderen braucht der Stabilitäts- und Wachstumspakt insgesamt härtere Regeln. Sonst könnte es bald heißen: Nach der Krise ist vor der nächsten Krise.
Von Günther Nonnenmacher
Griechenland hat sich mit der EU-Kommission, der Europäischen Zentralbank (EZB) und dem Internationalen Währungsfonds (IWF) auf ein Sparprogramm geeinigt. Damit ist die Hürde genommen, die noch vor einer koordinierten europäischen Hilfsaktion für Griechenland stand, die im Prinzip schon lange beschlossen ist. In Berlin soll das dafür notwendige Gesetz in einem beschleunigten Verfahren durch den Bundestag gebracht werden. Viele Abgeordnete werden ihm nur mit zusammengebissenen Zähnen zustimmen, aus innenpolitischen wie aus prinzipiellen Gründen. Doch die Zeit zum Überlegen, wie man die erste große Krise der Eurozone am besten bewältigen könne, ist vorbei; Erwägungen darüber, ob die Verzögerung den Griechen den Ernst der Lage erst klargemacht hat oder ob man eine Zuspitzung der Krise mit früherem Handeln hätte verhindern können, sind jetzt müßig.
– In einer Währungsgemeinschaft ohne einheitliche politische Führung sind schwierige Entscheidungen vermutlich gar nicht schneller zu fällen. Was daraus folgt, ist eine andere Frage.
– Der politische Blick nach vorn zeigt allerdings zumindest zwei Schwierigkeiten, die es fraglich machen, ob die Griechenland-Hilfe, um das Modewort zu benutzen, „nachhaltig“ sein kann. Die eine ist der innere Zustand des am Staatsbankrott entlangschrammenden Landes.
o Wird die griechische Regierung – gleichgültig, ob sie von der gerade regierenden sozialistischen Pasok oder von einer anderen Partei gestellt wird – den jetzt beschlossenen Sparkurs durchhalten können?
o Mit Protesten und zunehmenden sozialen Spannungen ist zu rechnen, zumal wenn die geplanten Einsparungen das Land noch tiefer in den wirtschaftlichen Morast führen. Was wird, was kann die EU tun, wenn die den Griechen verordneten Einschnitte „politisch nicht durchsetzbar“ sind?
– Die zweite Schwierigkeit betrifft den Stabilitäts- und Wachstumspakt. Wenn selbst ein kleines Mitglied die Eurozone an den Rand des Auseinanderbrechens treiben kann, ist offensichtlich, dass er härtere Regeln braucht, die durchgesetzt werden müssen. Das würde einige Länder treffen, deren Zustimmung für eine Änderung des Vertrags nötig ist. Das griechische Desaster und das deutsche Zögern sollten sie eines Besseren belehren. Sonst könnte es bald heißen: Nach der Krise ist vor der nächsten Krise.
By STEVEN ERLANGER
– PARIS — Greece, effectively bankrupt and with a European gun to its head, committed itself to years of austerity on Sunday when it signed a financial bailout deal with the European Union[e] and the International Monetary Fund.
– But there are serious questions about whether the deep cuts in salaries and benefits the agreement calls for are politically sustainable over time, even as deflation will make it impossible for Greece to grow its way out of debt.
– There is a consensus that the Greek economy is broken and needs major structural reform, and the deal done on Sunday is intended to give Athens a couple of years of breathing room to change the fundamental pattern of Greek behavior.
– The government is now committed to whack back the public sector, including pensions and popular social benefits; to raise consumption taxes to record highs; and to promote tax reform, in an effort to shrink the enormous black market, reduce tax evasion and increase government receipts.
– Some influential economists, however, fear that such harsh measures risk killing the patient, even as they see the intensity of Greek pain as a serious warning to other countries that use the euro to get their own economies in order before the currency union[e] itself is undermined by rampaging market speculation.
– This new wave of austerity also risks pushing the entire European Union[e] into a period of artificially low growth just as economies are trying to recover from the recession of last year, caused by the huge housing and banking crisis that started in the United States. Negative or low growth will increase already sizable unemployment and put new pressure on government spending, as well as on the banks themselves, and make it harder for everybody to reduce their debts.
– “How can Greece grow out of its debt if there is deflation?” asked Jean-Paul Fitoussi, a professor of economics at the Institut d’Études Politiques in Paris. “Deflation increases the debt burden, so we are following this virtuous circle that is bringing us toward hell. Economics has nothing to do with virtue, which can kill an economy.”
– There is also some doubt whether this latest package of 110 billion euros over three years will be enough to calm the markets, which may then turn on other vulnerable countries, like Portugal or Spain.
Some countries that use the euro — Germany, in particular — need to pass legislation to come up with the money, although European Union[e] officials said Sunday night that funding would be in place before May 19, when the next major tranche of Greek debt must be rolled over.
– Embedded in the euro and thus no longer in control of its own currency, Greece cannot take the easy way out of its debt by devaluing. So Greece must either cut its spending sharply or default on its loans — which would badly damage German and French banks carrying a lot of Greek debt.
– That is considered one reason President Nicolas Sarkozy of France has been so quiet on the Greek crisis, Mr. Fitoussi said. The Greek deal “is an indirect way of bailing out French and German banks,” he said. “The French understood this from the start, but Germany didn’t seem to.”
– Katinka Barysch, an economist and deputy director of the Center for European Reform in London, said that that realization had hit home in Germany. “It might be unpopular for the Germans and Europeans to bail out Greece, but it will be even more unpopular for them to bail out the banks that owned Greek bonds,” she said.
– Thomas Piketty, the founder of the Paris School of Economics and a professor there, thinks that the demands on Greece, driven by a market frenzy, are simply too high.
– “Austerity can be justified, but 8 percent interest rates on a debt that amounts to more than 100 percent of gross domestic product is just crazy,” he said. “They will have to restore their public finances and then pay back this huge debt at the same time — and Greek debt amounts to so little when you compare it to what was needed to bail out the banks” last year.
“Not only is this not going to help growth, it’s going to end very badly, politically speaking,” Mr. Piketty said, referring to Greece. “Taxpayers cannot accept this in the long run.”
– On Sunday, the Greek finance minister, George Papaconstantinou, forecast a deeper than expected recession of 4 percent for 2010 and 2.6 percent in 2011, before the economy supposedly returns to growth of 1.1 percent in 2012. “We will be in recession for the next few years, which means that we have to run faster to reduce the deficit,” he said.
– But no one really knows what will happen in 2012, or if the Socialist government of Prime Minister George A. Papandreou, elected on a platform of increased prosperity, will still be in office. Standard & Poor’s suggested last week that the euro value of Greece’s gross domestic product may not return to last year’s level until 2017.
– “Unfortunately for economists, there is democracy,” Mr. Fitoussi said. “If you impose too strict a program, the population will refuse.” Some countries, he acknowledged, have responded quietly so far to deep cuts, like Ireland and Latvia. “But Greeks are not Latvians,” he said, citing serious worker demonstrations already this weekend.
Yet the problem is deeper for Greece than for other vulnerable and relatively uncompetitive countries, like Portugal and Spain, where the budget situation before the crisis was fairly good, even if overly reliant on a housing bubble. “If growth stays negative or low in Greece, the fiscal debt will continue to increase, whatever they do,” Ms. Barysch said, while difficult structural reforms to liberalize the economy will take time.
– The economists she speaks to “don’t really see a solution for Greece in the longer run,” she said. Some argue that Greece should stop using the euro, as Argentina dissociated itself from a peg to the dollar in 2002, devaluing its currency and soon returning to growth, although with high inflation.
– But others say that since Greek debt is denominated in euros, leaving the euro zone will be too expensive and disruptive for a society in crisis.
– Greece is functionally bankrupt, Ms. Barysch said. “For most European officials and experts, it’s not about fostering Greek growth, it’s about the stability of the euro zone.”
For Nicolas Véron, a senior fellow at Bruegel, an economic policy research organization in Brussels, Greece is paying for its past sins of easy credit and false statistics, and has no choice now but to restore the health of its public finances.
“I don’t think there is an economic debate on this, because restoring fiscal sustainability must be the first step,” he said. “They can focus on growth afterward. But at this point, there is no way for Greece to escape this very painful process.”
– Still, Mr. Fitoussi warns that the crisis is not over — that the market will move against other countries, to see if the Europeans have the will and the funds to protect them, and that the Greek government will not survive the painful adjustment.
“There will always be another government,” he said. “But in the process Europe will have lost its credibility, by imposing on a country an unbearable program.”
Nadim Audi contributed reporting.