La protesta della El Al «Anche l'Italia ha impedito lo scalo ai cargo di armi»

Mara Gergolet

Tanti paesi UE, fra cui l’ITALIA,
avrebbero negato lo scalo agli aerei cargo israeliani che trasportavano bombe
per l’offensiva in LIBANO.

ITALIA, GERMANIA, GRAN BRETAGNA,
IRLANDA, SPAGNA e PORTOGALLO hanno negato lo scalo agli aerei della El Al che
trasportavano armi, innanzitutto bombe “bunker buster” di fabbricazione USA,
necessarie per distruggere i bunker di Hezbollah: una sorta di “concertazione
europea” per frenare l’offensiva israeliana.


GERUSALEMME — Niente scali negli aeroporti italiani. Il
governo di Roma ha risposto «no» alla richiesta israeliana che aerei cargo
della El Al provenienti dagli Stati Uniti si fermassero in Italia per
rifornire. Il motivo: quegli aerei trasportavano armi che sarebbero state usate
nella guerra in Libano
.
È quanto emerge da una lettera di protesta, scritta dal capitano Etai Regev che
guida il sindacato piloti della El Al, al premier israeliano Ehud Olmert
(nonché ai ministri della Difesa, delle Finanze e del Turismo) e finita in mano
al giornale Haaretz. Nel documento si dice che perfino «Paesi amici come
l’Italia, la Germania e la Gran Bretagna» si sono opposti a concedere i loro
aeroporti. Una linea condivisa da molti nell’Unione europea
. Oltre a «Paesi
amici» citati da Haaretz, avrebbero opposto un netto rifiuto anche
l’Irlanda, la Spagna, il Portogallo
. «La decisione degli europei — scrive
il capitano Regev — nasce da motivazioni politiche». Il divieto, secondo fonti
vicine alla compagnia di bandiera israeliana, non sarebbe stato ancora tolto.
Si è trattato, si scopre ora, di una «concertazione europea» non si sa
quanto coordinata, che ha in parte condizionato le decisioni dello stato
maggiore israeliano. Dalla seconda settimana di guerra in Libano, infatti,
Tsahal ha aumentato e accelerato l’acquisto delle armi dagli Stati Uniti. In particolare,
Israele aveva urgente bisogno delle cosiddette bunker buster
, potenti bombe
a guida laser, ritenute le più adatte e colpire in profondità e smantellare i
bunker di Hezbollah. I bombardamenti massici che avrebbero preparato il
terreno all’offensiva di terra.


Il rifiuto europeo a concedere lo scalo ai cargo El Al, fa capire la lettera di
Regev, ha ritardato queste operazioni
. «Il risultato — si legge — è che gli
aerei, non potendo rifornirsi, sono decollati dagli Stati Uniti con un carico
molto leggero e hanno raggiunto Israele con un numero di munizioni inferiore a
quello necessario». Tanto che «ne è nato un sostanziale danno alla difesa dello
Stato», in altre parole all’offensiva libanese.
Che aerei destinati in Israele, con le munizione americane a bordo,
facessero tappa in Gran Bretagna era già stato svelato dalla stampa inglese
.
Subito dopo i rapporti su due Airbus statunitensi pieni di ordigni a guida
laser «GBU 28» atterrati a Glasgow, è intervenuta il ministro degli Esteri
Margaret Beckett, che non ha gradito affatto queste spedizioni. Si trattava di
aerei Usa, allora, non israeliani. «Ho già fatto sapere agli Stati Uniti — ha
detto in luglio — che su questo punto sono seriamente in torto. Faremo delle
proteste formali se sarà confermato che tutto questo è successo davvero».
Eppure pochi giorni dopo è stato Blair a correggere il suo ministro. I voli, ha
garantito incontrando Bush a Washington, possono continuare. «Bush si è
scusato — ha fatto sapere il premier britannico — per aver violato le procedure,
ora tutto è stato sistemato»
. Una decisione che ha scatenato le proteste
della sinistra laburista contro Blair, un’altra volta «acriticamente,
supinamente bushiano». Nulla si sapeva di aerei El Al. Né che delle richieste
precise erano state rivolte anche all’Italia.

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