La più grande offensiva dalla fine della guerra

USA, IRAQ

CORRIERE Ven. 17/3/2006  
Michele Farina

Il conflitto si riaccende nel giorno dell’insediamento
del Parlamento

Iraq, operazione aerea e
terrestre su Samarra

Prove di forza, prove di unità nazionale da mandare in tv.
Il colpo a effetto del pianista che suona l’inno iracheno nella sala del
Parlamento gelida e gremita, i parlamentari che si riuniscono per mezz’ora in
diretta su Al Iraqiya , i Black Hawk
americani che a decine tornano ad alzarsi in volo filmati dai fotoreporter
dell’esercito. L’obiettivo è sempre lo stesso, la «guerriglia», le «forze
antiirachene» nel linguaggio dei bollettini, in quella che i comandi Usa
presentano come «la più grande offensiva aerea dalla conquista di Bagdad nel
2003»: 1.500 tra soldati iracheni e americani, 50 velivoli da guerra, 200
mezzi corazzati sul terreno. Con gli iracheni tappati in casa, per paura di essere
ammazzati dagli squadroni della morte sciiti o sunniti: spesso girano canale,
come la famiglia Rashid di Bagdad che preferisce alla diretta dal Parlamento la
distrazione dei cartoni animati
. E’ il rituale iracheno che si ripete. Istituzioni
ed elicotteri da esibire. E’ il giorno del Parlamento eletto tre mesi fa, che
si è riunito ieri per la prima volta e pro forma
. Apertura lampo: 20
minuti, giusto il tempo per i 275 deputati di ascoltare le note dell’inno e
fuggire via, senza un accordo
. Neppure sul nome del presidente
dell’Assemblea. Figurarsi sul governo. Per quello ci vorranno diverse
settimane.
L’OFFENSIVAMentre il Parlamento dà prova di impotenza, i comandi
Usa ritentano la prova di forza, la carta dell’operazione militare «in grande
stile» che non utilizzavano da alcuni mesi
. Non a caso Operation Swarmer
(che si può tradurre con sciame) prende avvio da Samarra, vertice orientale del
Triangolo Sunnita. La città che ha innescato l’escalation di violenza
interreligiosa con l’attentato alla Moschea d’Oro sciita il 22 febbraio. Nella
pianura che si stende a nord verso Tikrit ronzano a bassa quota gli elicotteri.
Sono in maggioranza Black Hawk da trasporto truppe. Niente Apache da attacco. Un
ufficiale del Pentagono dice alla Reuters che
non si prevede l’utilizzo «di bombe di precisione o cose del genere»
. L’obiettivo
è setacciare la provincia in cerca di covi della guerriglia. Una tattica che si
è già dimostrata insufficiente in passato. Ma nell’Iraq del dopo Samarra una
prova di forza è meglio di niente. Meglio esibire la forza che non c’è. O che
si sta faticosamente costruendo
. «L’assalto in corso è la dimostrazione
– dice il ministro degli Esteri iracheno Zebari – dell’accresciuta capacità del
nostro esercito»
. Per Washington è un segnale che gli Stati Uniti rimangono
più che mai operativi, nel momento in cui il generale Abizaid (comandante nelle
truppe Usa nell’area del Golfo) annuncia una diminuzione delle truppe in Iraq.
IL PARLAMENTOLe capacità del Parlamento sembrano invece diminuire.
All’inaugurazione parla solo l’ottantenne sunnita Adnan Pachachi, il più
anziano dell’assemblea
. «Dobbiamo dire al mondo che non ci sarà una guerra
civile a dilaniare il popolo iracheno. Anche se il rischio c’è». Nella sala
grande del palazzo delle Conferenze fatto costruire da Saddam, all’interno di
quella che oggi chiamano Green Zone, il fiato della politica è corto. Mezz’ora
e l’assemblea è sciolta
. Fuori dalla cittadella fortificata, Bagdad è
appiedata. Divieto di circolazione auto, per il rischio attentati. La novità
politica di giornata è la mossa del premier uscente Ibrahim Jaafari, il
taciturno medico che gli sciiti hanno designato a formare il nuovo governo. Jaafari
dice che è pronto a fare un passo indietro, «se il popolo lo chiede». Di certo
lo chiedono molti gruppi politici: i curdi del presidente Jalal Talabani, i
sunniti, i laici di Allawi. Gli stessi che dovrebbero accettare di entrare nel
suo governo di unità nazionale. Jaafari, accusato di aver fatto poco contro la
violenza, non è l’unico intoppo. Il suo improbabile kingmaker
, il leader radicale Moqtada Al Sadr, non vuole che nel governo
entri Allawi, l’ex premier suo grande nemico e ora alleato dei sunniti
.
Sana dialettica politica, si direbbe. Se fuori non ci fosse l’Iraq che c’è. La
gente chiusa in casa, i cadaveri che affiorano ogni mattina, la cavalcata dei
Black Hawk sulla pianura a nord di Samarra.

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