«Kosovo, l’indipendenza può aspettare»

Franco Venturini
 

Il premier serbo KOSTUNICA è disposto a discutere di
indipendenza del Kosovo ma non a darla per scontata.

BELGRADO – Il primo ministro serbo Vojislav Kostunica giunge
oggi in Italia con molti timori per il futuro e qualche risentimento per il
passato. Anche quello recente, che ha visto la sospensione della marcia di
avvicinamento serba all’Europa per il mancato arresto di Ratko Mladic, il
generale responsabile del massacro di Srebrenica. «Se sapessimo dove si
nasconde – dice Kostunica – sarebbe nel nostro interesse prima che nel vostro
arrestare Mladic e consegnarlo al Tribunale dell’Aja
. Ma talvolta non è
questione di volontà, capita di dover cercare a lungo una persona. E’ successo
anche in Italia con qualche capomafia, se non sbaglio» .
Il punto è che esistono dubbi sulla vostra
effettiva volontà di trovare il generale Mladic…

«Le ripeto che si tratta di dubbi infondati. Per dimostrarlo abbiamo messo a
punto con Bruxelles un piano che prevede maggiore collaborazione tra servizi di
sicurezza e più scambi di informazioni. Così l’Europa potrà rendersi conto che
diciamo la verità. Certo, avremmo preferito che la Ue applicasse anche con noi
il metodo seguito con la Croazia: prima gli accordi, poi l’arresto e la
consegna di Gotovina
. Ma non possiamo farci niente. Noi ai rapporti con
Bruxelles teniamo moltissimo e credo che l’Europa abbia sbagliato a sanzionarci
troppo in fretta, oltretutto alla vigilia del referendum sull’indipendenza del
Montenegro».
Se l’impasse si prolungherà, il tradizionale
nazionalismo serbo potrebbe prendere il sopravvento sulla voglia di Europa?
«
Il rischio di una radicalizzazione dell’opinione pubblica
esiste. La si può prevenire in due modi: con la ripresa dei negoziati europei o
con l’individuazione di un compromesso per il Kosovo. Tenendo presente che
l’unica soluzione per il Kosovo è una soluzione europea»
.
Restiamo al nazionalismo. Che posto hanno,
nella memoria dei serbi, i bombardamenti Nato di sette anni fa?

«Non è possibile dimenticarli, questo è ovvio
. Abbiamo sofferto molto e
abbiamo avuto molti civili morti per quel che veniva chiamato "collateral
damage" . Come potremmo dimenticare? Oltretutto quella fu una guerra
umanitaria sbagliata, perché dopo le ostilità la questione umanitaria in
Kosovo si è riproposta a danno di noi serbi»
.
Qual è il posto di Milosevic, in questi giudizi?

«Il posto di Milosevic fu determinato nel 2000 dalle elezioni e poi dalla
rivolta popolare. Ed è ancora quello, perché le sue responsabilità sono chiare
e anch’esse non possono essere dimenticate
. Particolarmente da me. Ma
ricordo anche che nel giugno del ’99 le potenze occidentali raggiunsero un
accordo con Milosevic, nel quale si riconosceva l’integrità territoriale della
Serbia accanto all’autonomia per il Kosovo
. Sette anni dopo Milosevic non
c’è più e sentiamo parlare di indipendenza condizionata, o limitata, o
dilazionata. Le assicuro che ci fa uno strano effetto».
Lei parlava di soluzione europea per il
Kosovo…
«La soluzione europea per il Kosovo consiste nel rispetto
delle frontiere, nella individuazione di formule istituzionali idonee, per
esempio, in tema di autonomie, nella tutela dei diritti delle minoranze»
.
Non sono, questi, valori europei? Signor Primo
ministro, non può sfuggirle che in un modo o nell’altro il Kosovo va verso
una forma di indipendenza. Perché non accettare la realtà e ricavare tutti i
vantaggi possibili dal negoziato?
Non sarà che l’antica cultura serba delle
sconfitte eroiche e del martirio gioca una parte in questa vicenda?

«Lei mi invita al pragmatismo, ma io sono pragmatico. Perché la Serbia
dovrebbe essere smembrata?
Soltanto perché in una parte del suo territorio
esiste una maggioranza etnica albanese che chiede l’indipendenza? Vogliamo far
passare questo criterio e applicarlo anche ad altri? Qui si mettono in
discussione i principi fondamentali dell’ordine internazionale, oltretutto in
un Paese democratico
. E’ doveroso, allora, raggiungere un compromesso, non
imporci l’indipendenza del quindici per cento del nostro territorio. E in
più c’è la questione dei tempi: prima si è detto che la decisione doveva essere
presa per la metà del 2006, poi entro la fine dell’anno e il rappresentante
dell’Onu Ahtisaari ha fatto sapere che il suo incarico scade a novembre
.
Non si può affrontare un tema tanto complesso sulla base di simili scadenze. Io
penso piuttosto all’autonomia del Kosovo e a un periodo di prova, per vedere se
funziona o meno ed eventualmente riprendere a discutere
. Come vede, sono
molto pragmatico».
Lei parla di discutere. Ma si può discutere
anche di indipendenza del Kosovo?

«In linea teorica si può discutere di tutto, purchè vengano tenuti presenti i
principi che ho ricordato e si comprenda che le decisioni adottate non
rimarrebbero senza conseguenze in altri Paesi»
.
L’indipendenza del Montenegro, a seguito del
referendum, non indebolisce la vostra posizione?

«Il referendum in Montenegro era stato concordato con noi e con Bruxelles e,
in passato, il Montenegro era già stato indipendente. Si tratta di casi
diversi»
.
Lei crede che la vicenda del Kosovo possa
innescare una nuova esplosione di violenza nei Balcani?

«Credo che esista un grande pericolo. Se al Kosovo venisse data
l’indipendenza, per paura di reazioni violente, si finirebbe per incoraggiare
la violenza altrove. Tutti dovrebbero sapere che nei Balcani esiste un
groviglio di minoranze
. Il mio sollievo è che la complessità del problema
comincia a essere capita, almeno mi sembra. Sto partendo per l’Italia, poi
andrò a Washington e così avrò parlato con tutti i membri del Gruppo di
contatto. Finora ho sempre trovato attenzione a quello che dicevo sulla
necessità di un compromesso».
Cosa si aspetta dai suoi colloqui con il nuovo
governo italiano?

«Sono certo che troverò conferma degli utili incontri che ho avuto in passato
con Prodi, con Amato, con D’Alema e con Berlusconi. Ma mi sono rimaste
impresse, soprattutto, le parole del presidente Ciampi: il meno che possiamo
fare, mi disse, è evitare una ulteriore frammentazione dei Balcani»
.

La visita

IL PROGRAMMA Vojislav Kostunica, primo ministro
serbo, è oggi a Roma per un giro d’incontri istituzionali
, che culminerà
nel tardo pomeriggio in un colloquio a Palazzo Chigi con il presidente del
Consiglio Romano Prodi. In mattinata Kostunica vede alla Farnesina il vice
premier e ministro degli Esteri Massimo D’Alema. Seguirà una colazione con i
presidenti della Commissione esteri del Senato e della Camera, Lamberto Dini e
Umberto Ranieri

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