L’ex democristiano Tajani ripropone al meeting di Rimini (Comunione e Liberazione) lo ius scholae,[i] cioè la cittadinanza ai giovani immigrati sulla base della frequenza scolastica. Non è la prima volta che in Italia lo si propone.[ii] Rispetto allo ius soli, cioè dare la cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia da genitori con cittadinanza diversa da quella italiana, è molto meno ampio. In pratica, se passasse (con le solite lungaggini italiane), entro 5 anni darebbe la cittadinanza a 560 mila giovani. È una stima; comunque riguarderebbe neanche due su tre dei ragazzi immigrati iscritti a scuola, che l’anno scorso erano 870 mila.[iii] Meno, perché in piccola parte (circa 80 mila) hanno la cittadinanza se convivono con un genitore che a sua volta ha la cittadinanza. Ma anche perché non tutti la chiederebbero per non perdere la cittadinanza del paese di nascita dei loro genitori.[iv]
Attualmente tre su quattro studenti con entrambi i genitori immigrati soddisfano i requisiti per ottenere la cittadinanza secondo la legislazione vigente, che permette di farne richiesta entro un anno dal compimento della maggiore età solo se si è sempre vissuti in Italia legalmente e senza interruzioni[v]. È intanto? Ci sono difficoltà burocratiche per poterli portare in gita, per iscriverli nei gruppi sportivi. Si dice: “piccolezze”. I minori immigrati hanno ben altri problemi, che la cittadinanza non risolverebbe: a scuola vengono respinti con maggiore frequenza, sono indirizzati a corsi solo professionali, abbandonano precocemente gli studi, vivono più spesso in famiglie in povertà assoluta con fenomeni di malnutrizione.[vi] Certo, la cittadinanza non risolverebbe automaticamente questi problemi (non lo fa neanche per i bambini italiani doc se nati in una famiglia al di sotto della linea di povertà), ma aiuterebbe a rivendicare diritti, anche semplicemente a sentirsi “più uguali”. Del resto anche per gli immigrati adulti acquisire la cittadinanza non è una passeggiata; i numeri sono molto bassi, e una volta acquisita, resta spesso soltanto una “cittadinanza sui documenti”.[vii]
Ma tra lo ius scholae e lo ius soli c’è anche una seconda differenza di ordine, diciamo così, qualitativo: lo ius scholae è chiaramente basato su presupposti assimilazionisti, che hanno radici colonialiste e razziste, in quanto insistendo sull’educazione ricevuta a scuola, lega la cittadinanza, almeno in maniera simbolica, all’adesione alla cultura e ai “valori” occidentali, in particolare al nazionalismo (vedi il “modello francese”).
La sequela dei motivi per cui leghisti e fratellastri d’Italia sono contrari anche allo ius scholae sventolato da Tajani, va dallo squallido al deprimente.[viii] Ma non è che la sinistra parlamentare si sia mai impegnata seriamente sul problema, in particolare Conte contribuì al non voto del 2017, perché “si rischia di perdere voti” – questa la motivazione ufficiale, che serve a scaricare sul “popolo degli elettori” la responsabilità delle misure discriminatorie e razziste decise da governi e parlamenti.
A favore dello ius scholae si è dichiarato, invece, Carraro, presidente di Confindustria Veneto: integrare i giovani figli di immigrati è fondamentale a fronte dell’inverno demografico italiano, per mantenere competitività. Dare la cittadinanza per studio, è il criterio migliore per acquisire manodopera a più alto valore aggiunto. Anzi, Carraro chiede più scuola per i giovani immigrati e italiani – soprattutto più scuola professionale. È questa l’opinione di una parte, almeno, della borghesia medio grande che guarda ai propri interessi con una strategia di medio lungo periodo, e sa di avere bisogno di una forza-lavoro con un certo livello di formazione, stabilità e integrazione sociale, e perciò anche di assimilazione ai “valori” produttivistici e consumistici della società capitalista delle metropoli – assumere lavoratori non adeguatamente formati e/o assimilabili è un costo. Peccato che poi, quando si tratta di contribuire alle spese di istruzione, gli industriali italiani siano il fanalino di coda in Europa. E che – fatto di ancor maggiore importanza – macinino profitti proprio attraverso la catena degli appalti e delle sub-forniture, dove il lavoro irregolare degli immigrati senza permesso di soggiorno è diffusissimo ed essenziale.
Il governo Meloni ha fatto della lotta all’immigrato il suo elemento propagandistico identificativo. Da un lato ha aumentato il numero dei lavoratori immigrati autorizzati con i decreti flussi, dal momento che fra il ’23 e il ’25 ne sono arrivati/arriveranno 452 mila (bisogna accontentare la fame di braccia dei propri primi referenti sociali: piccoli, medi e grandi padroni, fornendogli manodopera con contratti a termine); dall’altro perseguita le Ong che segnalano i dispersi in mare o li salvano, e prevede campi di concentramento in Albania per gli immigrati senza permesso di soggiorno. Avendo ereditato leggi che garantivano la cittadinanza ai minori stranieri non accompagnati, l’hanno peggiorata prevedendo il carcere degli adulti per i sedicenni immigrati.
Sugli immigrati, in particolare sui lavoratori e le lavoratrici immigrati, si stanno facendo da decenni le prove generali della progressiva e sempre più radicale erosione dei diritti per tutti i lavoratori.[ix] Con il DDL 1660, che riserva ancora una volta le misure più pesanti agli immigrati (specie se carcerati), il governo Meloni prosegue su questa traccia, facendo un salto di qualità nella repressione della libertà di scioperare, lottare, manifestare, che contrasteremo con tutte le nostre forze.
Per questo, a chi ci domanda: “siete per lo ius scholae o per lo ius soli?”, rispondiamo: per lo ius soli, è evidente, con l’acquisizione automatica della cittadinanza per chi nasce in Italia, e per l’accesso semplificato alla cittadinanza per i giovani nati all’estero che desiderino ottenerla. Come siamo per la regolarizzazione immediata e incondizionata di tutti gli immigrati/e con permesso CEE di lungo periodo; per l’abrogazione di tutti i decreti sicurezza, da Salvini a Piantedosi-Meloni; per la completa parità effettiva nelle condizioni di lavoro fra lavoratori autoctoni e immigrati; per un fronte di lotta comune sempre più esteso fra giovani autoctoni e giovani immigrati, lavoratori italiani e lavoratori immigrati.[x]
[i] La proposta che Tajani intende presentare a settembre prevede di dare la cittadinanza italiana ai minori figli di immigrati nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, purché abbiano completato un ciclo scolastico di almeno dieci anni (in pratica l’obbligo). Tentativi di apertura a centro e opposizione su temi trasversali in vista di una eventuale crisi di governo?
[ii] Fu proposto nel 2009 e lo appoggiò anche Fini. Nel 2015 un disegno di legge presentato da PD e M5S prevedeva, fra l’altro, lo “ius culturae” in base a un ciclo di studi più breve, cioè 5 anni, che potevano essere l’intera scuola elementare o un corso di scuola superiore, anche di 4 anni, ma con esito positivo. Nel 2015 il testo passò alla Camera, ma due anni dopo si incagliò al Senato. Lo stesso avvenne durante il governo Draghi.
[iii] Gli alunni figli di immigrati erano nel ’23-’24 il 12% del totale degli iscritti, dalla materna alle superiori (7,2 milioni), ma con grosse variazioni regionali: 19% in Lombardia, 4% in Campania.
[iv] Ci sono stati che escludono rigorosamente la doppia cittadinanza, ad esempio Cina, India, Ucraina, Venezuela, El Salvador e altri.
[v] Sulla base della legge del 1992.
[vi] “La Stampa”, 22 giugno 2022.
[vii] Circa 120 mila l’anno, con una punta di 200 mila nel 2016 e nel 2022. Ma non tutti restano in Italia (in quanto “comunitari” vanno con una dotazione maggiore di diritti in altri paesi europei). L’ISMU calcolava che, al 2021, fossero solo 1,4 milioni i cittadini italiani nati all’estero.
[viii] Si va da “non era nel programma elettorale” a “non è all’ordine del giorno”; Lollobrigida afferma che i romani davano la cittadinanza “per amore” (??!!); Zaia dice che “la cittadinanza bisogna meritarla, può essere solo per ius sanguinis” (tradotto: “hai voluto nascere nero, non te lo meriti”).
[ix]“Pagine Marxiste”, ottobre 2023, n. 53, Guerra agli immigrati.
[x] Neocolonialismo e guerra agli immigrati. Quaderno n. 3 de “Il Cuneo Rosso”, aprile 2019.