Si è aperta la fanfara sul successo delle “elezioni democratiche” in Irak.
Non
ci associamo a quegli entusiasmi. Le elezioni non risolvono i problemi
creati dall’invasione e dall’occupazione – e molto prima dalla
spartizione coloniale che ha creato l’Irak.
La strada dell’Irak rimane lastricata di violenza e di sangue.Tra filo spinato e mitra ha votato una maggioranza degli sciiti e dei curdi, mentre la stragrande maggioranza degli abitanti delle zone sunnite non ha votato, né avrebbe potuto farlo, mancando seggi, urne, schede, certificati.
Le elezioni imposte dagli eserciti occupanti per dare legittimità all’occupazione registrano un paese spaccato in almeno tre “nazioni”:
- Lo sciita ayatollah Ali al Sistani ha emesso due fatwa, decreti religiosi, che imponevano ai fedeli di andare a votare, pena punizioni divine, o umane.
- Gli ulema sunniti hanno intimato ai fedeli di non votare – essendo quel voto un peccato mortale – pena punizioni divine, o umane.
- I curdi sono andati a votare con un occhio sull’obiettivo di strappare Kirkuk, Mosul e i loro campi petroliferi ai sunniti, e il cuore sui piani di indipendenza.
Le due liste maggioritarie tra gli sciiti arabi, 60% della popolazione, hanno tra gli esponenti più in vista il premier Allawi, creatura della CIA, e Chalabi, creatura del Pentagono aggregatosi al partito degli ayatollah dopo essere caduto in disgrazia.
Non saranno i risultati del voto a decidere del futuro dell’Iraq.
Il futuro governo non potrà nascere senza il benestare delle truppe occupanti, e continuerà ad essere sottoposto alla tutela e ai veti americani, anche se i raggruppamenti sciiti, maggioritari, sono sotto forte influenza iraniana. Anche gli occupanti italiani chiederanno un trattamento di riguardo. All’ombra delle potenze occupanti continueranno a prosperare gli affaristi corrotti, come l’attuale ministro della Difesa Hazem Shaalan che ha messo al sicuro $300 milioni in Libano.
I vecchi ceti dominanti sunniti, con ancora ingenti mezzi e taciti appoggi internazionali, continuano la guerriglia per conservare parte del vecchio potere e della rendita petrolifera.
Questo voto, può registrare i rapporti di forza conseguenti all’occupazione imperialista, ma non risolvere i problemi da essa creata – tra cui intere città come Falluja ridotte ad ammassi di macerie.
Le elezioni in Iraq non fermano la guerra civile, non fermano i massacri causati da atti terroristici, non fanno cessare le condizioni disumane in cui gran parte della popolazione vive in Iraq.
Non vi sono soluzioni definitive ai problemi dell’Irak e del Medio Oriente all’insegna delle voraci potenze imperialiste!
Non vogliamo rimanere spettatori passivi.
Solo una decisa opposizione in casa nostra all’occupazione da parte delle truppe italiane può dar forza in Irak ai lavoratori che lottano contro sfruttamento e oppressione, e porre le condizioni per una lotta comune per una società senza classi e veramente solidale.
Ritiro immediato delle truppe italiane !