I lavoratori della INNSE di Milano hanno mantenuto il proprio posto di lavoro e battuto l’attacco di un padrone che voleva chiudere una fabbrica competitiva per destinare il suo terreno alla speculazione immobiliare. Nei 15 lunghi mesi di lotta hanno dimostrato non solo dignità di classe e determinazione, ma anche autonomia di giudizio rispetto alle forze della politica parlamentare.
La INNSE era una fabbrica con un proprio parco clienti e una produzione meccanica competitiva, che avrebbe potuto continuare ad operare anche nei limiti del mercato capitalista, ma che è stata sabotata dallo stesso proprietario che ha preferito cessare la produzione per destinare il terreno a scopi immobiliari. La manovra, messa in atto in accordo con le istituzioni, è stata fermata dagli operai che per 15 mesi, nonostante le cariche poliziesche e le difficoltà, hanno presidiato lo stabilimento impedendo lo smantellamento dei macchinari.
Negli ultimi giorni, il blitz delle forze dell’ordine: l’area è stata militarizzata e i dipendenti sono stati espulsi. Siamo stati facili profeti quando dicevamo che l’aumento delle forze militari e di polizia nelle città serviva a garantire la sicurezza… dello sfruttamento!
La reazione dei lavoratori ha però bloccato le squadre di operai-guastatori che dovevano mettere fuori uso gli impianti: per giorni 5 operai hanno occupato il carro-ponte, mentre all’esterno dello stabilimento decine e decine di sostenitori hanno fatto da deterrente a nuovi attacchi polizieschi.
È grazie a questa lotta che il sabotaggio degli impianti è stato fermato e che i proprietari sono stati costretti a vendere l’azienda a un gruppo disposto (almeno per ora!) a mantenere in loco l’attività industriale.
Gli operai hanno vinto senza farsi strumentalizzare dai vari politici della sinistra istituzionale accorsi per usare la vicenda come passerella mediatica (l’onorevole Martino, venuto a portare la bandiera del PD, è stato costretto a riportarla via; il segretario di Rifondazione Ferrero è venuto sul luogo a fare una conferenza stampa ma non ha degnato di uno sguardo gli operai dell’INNSE). La stessa FIOM milanese, che fino all’ultimo era rimasta alla finestra e che ha firmato centinaia di accordi concertando la svendita di migliaia di posti di lavoro, è stata infine costretta a intervenire organizzando il presidio di solidarietà che ha richiamato tanti lavoratori di altre realtà.
La lotta dell’INNSE resta una lotta di difesa, finalizzata alla ricerca di un padrone migliore, che manterrà la creazione di plusvalore industriale – quindi di sfruttamento – rispetto alla speculazione edilizia. Ma è soprattutto una lotta che può fare scuola in tutte le aziende, a partire da quelle dove il padrone punta a scaricare sui dipendenti gli effetti della crisi, spesso con la complicità del sindacato.
Oltre che l’esempio di una lotta indipendente e determinata, potrebbe diventare l’inizio di una lotta estesa per tutta la classe lavoratrice con obbiettivi che la uniscano, come la riduzione d’orario a parità di salario, l’estensione e prolungamento degli ammortizzatori sociali per tutti lavoratori a prescindere dalla cittadinanza o dal contratto, la difesa del contratto nazionale di lavoro.
Questa ci sembra la migliore eredità che la lotta dell’INNSE possa lasciare; è compito di tutti i comunisti raccoglierla e portarla avanti nei prossimi mesi.
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