L’area dell’Indo-Pacifico è divenuta terreno di contesa tra i tre maggiori blocchi imperialisti del globo, USA, Cina e UE, quest’ultima ai suoi primi passi per una strategia che unitaria. Le dispute territoriali del Mar cinese meridionale vengono utilizzate dalle potenze per condurre una guerra per procura…
[Nostro riassunto da: German Foreign Policy, ed. tedesca, 03/21-sett. 2020; SCMP, 5 ag. /13 sett.]
Il primo paese europeo a proporsi come potenza mediatrice inclusiva e stabilizzante per la regione per l’Indo-Pacifico è stata nel 2019 la Francia, che lo scorso 9 settembre ha tenuto il primo dialogo trilaterale dei ministri degli Esteri con l’India e l’Australia, su temi che vanno dalla lotta contro il coronavirus alla sicurezza marittima.
Ora, sullo sfondo delle tensioni Cina-USA e dello stallo tra Cina e India anche la Germania, maggiore partner economico europeo della Cina, segnala il proprio interesse per la regione con le sue “Linee guida per l’Indo-Pacifico” – “Germania-Europa-Asia: plasmare insieme il 21° secolo”, pubblicate il 2 settembre.
Il governo tedesco ha annunciato l’intenzione di intensificare le proprie relazioni economiche, politiche e anche militari con il Sud, Sud-Est e Est asiatico, dove si trovano diversi paesi in forte espansione, l’insieme dei quali viene chiamato area dell’Indo-Pacifico (nota 1). In particolare il documento parla della necessità di una maggiore cooperazione in materia di difesa e sicurezza informatica con Singapore, Australia, Giappone e Corea del Sud, e una trasformazione digitale come il 5G con i “paesi partner”. L’Indo-Pacifico è considerato dalla Germania una priorità della propria politica estera; in particolare l’industria tedesca ritiene insostituibili le relazioni economiche con la Cina. La Confindustria Tedesca (BDI) si è dotata, assieme ad altre associazioni imprenditoriali, del Comitato per gli Affari Tedeschi dell’Asia-Pacifico (dallo scordo anno sostituito anche dal ministro degli Esteri tedesco con il termine Indo-Pacifico).
Il giornale South China Morning Post (SCMP) parla di rilevante cambiamento strategico di Berlino per l’Indo-Pacifico, perché le relazioni della Germania con la Cina ora non saranno più centrate su economia e commercio, ma riguarderanno anche gli interessi geopolitici. Secondo il SCMP la Germania sta cercando una cooperazione con la Francia per una strategia europea sull’Indo-Pacifico.
Di recente, il ministro degli Esteri malese Hishammuddin Hussein ha invitato gli Stati ASEAN a rimanere uniti come un blocco di fronte alle grandi potenze, per poter mantenere la propria posizione. E mentre Washington sta intensificando lo scontro contro la loro volontà, Berlino offre ai membri dell’ASEAN la possibilità di promuovere la loro unione, come dichiarato nelle Linee guida per l’Indo-Pacifico, e al contempo vuole rafforzare il ruolo dell’UE come partner dell’ASEAN.
Il Vietnam si considera un tradizionale avversario della Cina nel sud-est asiatico. Nel 1979 condusse per diverse settimane una guerra contro di essa; nel 1988 ci fu una battaglia navale cinese-vietnamita vicino alle isole Spratly nel Mar Cinese Meridionale. Continua ad oggi il conflitto per varie isole, banchi di sabbia e scogliere. Secondo l’Asia Maritime Transparency Initiative del Washington Center for Strategic and International Studies (CSIS), Hanoi ha probabilmente allestito circa 50 avamposti nel Mar Cinese Meridionale – quasi il doppio di quelli di Pechino; alcuni di questi sono utilizzati anche per scopi militari.
Di recente, la Marina vietnamita ha partecipato alla manovra statunitense nel Pacifico RIMPAC 2018 e nel 2019 a un’esercitazione congiunta degli Stati Uniti e dei Paesi ASEAN. Era prevista anche la partecipazione a RIMPAC 2020 -, che però non è stata fatta a causa della pandemia.
Fino ad oggi la Cina era il terzo mercato di vendita per l’export complessivo tedesco (al primo posto gli USA, al secondo la Francia). Ora, dato che l’industria cinese è già di nuovo in rapida crescita nonostante la crisi del coronavirus, la Cina ha sostituito la Francia al secondo posto e quest’anno, secondo la valutazione dell’Istituto dell’Economia Tedesca, potrebbe sostituire gli Stati Uniti al primo posto per l’export tedesco.
La Cina è già il primo maggior mercato per i gruppi tedeschi dell’auto: Volkswagen, Daimler e BMW, nonché per il produttore di chip Infineon; VW vi realizza oltre il 40% delle sue vendite. In generale, le società tedesche quotate alla Borsa tedesca generano il 15% del loro fatturato in Cina, loro secondo maggior mercato dopo gli Stati Uniti.
Ecco perché, in occasione della recente visita del ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Berlino, in opposizione alle richieste di “decoupling” dell’amministrazione Trump il governo tedesco ha confermato che intende mantenere la cooperazione economica con la Cina.
Al contempo Berlino cerca di ridurre i rischi di una crescente dipendenza economica da Pechino, e da tempo spinge per una crescente diversificazione. A tal fine, le “Linee guida per l’Indo-Pacifico” prevedono la conclusione di accordi di libero scambio dell’UE con i paesi della regione. Attualmente sono in vigore gli accordi di libero scambio della UE con Giappone, Corea del Sud e Singapore; sono in corso trattative con Australia e Nuova Zelanda. Le “Linee guida” propongono la ripresa dei negoziati per un accordo di libero scambio con l’intera ASEAN, che era fallito.
SWP (l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e la sicurezza), afferma che la UE e i suoi Stati membri sono “sotto la crescente pressione di Washington affinché si impegnino direttamente o indirettamente a favore dell'”Indo-Pacifico” – ma a favore di Washington e contro Pechino”.
Pressione a cui rappresentanti politici di UE e Germania hanno dichiarato di non voler sottostare, esprimendo in diverse occasioni la volontà di una politica indipendente sia dagli Stati Uniti che dalla Cina. Lo ha sostenuto l’incaricato per la politica estera UE, Borrell, concordando con le dichiarazioni dell’ex primo ministro italiano Enrico Letta, il quale ha dichiarato che gli europei non devono essere costretti a scegliere se divenire una colonia americana oppure cinese. Il ministro Esteri tedesco, Heiko Maas, in occasione dell’incontro con il suo omologo cinese ha detto che la UE non deve permettere che «noi diventiamo un giocattolo della competizione di potenza tra Usa e Cina, concetto ribadito anche per la tecnologia dei 5G: nessuna dipendenza né dall’una né dall’altra grande potenza.
Questa volontà di autonomia è ribadita nelle Linee guida per l’Indo-Pacifico: «Nessun Paese dovrebbe – come durante la guerra fredda – essere posto di fronte alla scelta di dover optare per una delle due parti».
Se da una parte il governo tedesco prende le distanze dalla politica dell’amministrazione Trump, dall’altra punta a creare un contrappeso “indopacifico” alla Cina. E allo scopo parla di un “mutuo appoggio alle democrazie e ai partner importanti della regione”, riferendosi in particolare a Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, ASEAN (l’associazione degli Stati del Sudest asiatico) e India.
Con questi paesi Berlino intende intensificare la cooperazione non solo a livello politico ed economico, ma anche nella politica militare e degli armamenti. Nelle nuove “linee guida” si parla si “partecipazione a forum sulla politica di sicurezza”, ma anche di “partecipazione a esercitazioni nella regione”.
Ed eventualmente vorrebbe far entrare alcuni “Paesi dell’Indo-Pacifico” nei programmi di formazione della Bundeswehr per le forze armate straniere, chiamati “Capacity Building Initiative”. La Germania si è dichiarata per un codice di condotta sostanziale e giuridicamente vincolante per il Mar Cinese Meridionale, dove ogni anno passano merci per trilioni di dollari e sono in atto contese territoriali tra la Cina e i paesi Asean (l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico).
Nel quadro della competizione per l’influenza nell’Indo-Pacifico, la Germania sta intensificando la cooperazione con un tradizionale rivale della Cina, il Vietnam. Nel 2011 venne siglata tra i due paesi una “alleanza strategica”, basata finora soprattutto sulle relazioni economiche, commercio e investimenti.
Per scambi commerciali con la Germania, il Vietnam – che nel 2011 era in una posizione mediana rispetto ai 10 paesi dell’Asean– ora con 14 MD di € è al secondo posto, dopo la Malesia (con un volume di scambi commerciali con la Germani nel 2019 pari a 14,3 Md di €) e prima di Singapore (13,1 Md€). Le imprese tedesche però, rispetto ad altri paesi Asean, investono ancora poco in Vietnam. (2018: in Vietnam 966 milioni di € [pur più che raddoppiati rispetto ai 435 del 2011], contro i 4,3 miliardi in Tailandia, i 6,4 MD in Malesia, i 13,3 MD a Singapore.)
I gruppi tedeschi negli ultimi vent’anni hanno tratto buoni profitti dai bassi salari vietnamiti nel tessile, e poi in misura crescente anche nell’elettronica, in alternativa alla produzione in Cina, dove nell’ultimo decennio i salari sono aumentati.
Si è assistito ad una delocalizzazione seppur parziale dell’industria calzaturiera e tessile dalla Cina ad altri paesi con salari inferiori. Ad es. Adidas nel 2007 produceva il 50% delle sue calzature in Cina, nel 2012 il 30%, nel 2017 il 19%. Per contro è aumentata la quota della sua produzione in Vietnam, dal 31% del 2012 al 44% del 2017.
Sotto la pressione della guerra commerciale degli Usa contro la Cina, alcune imprese che già pensavano di spostare dalla Cina al Vietnam la produzione, hanno accelerato il processo, per evitare a possibili tariffe punitive.
La delocalizzazione (chiesta anche dalle Linee guida per l’Indo-Pacifico della Germania, ha però dei limiti. La Cina è molto più avanzata dal punto di vista tecnologico e dispone di imprese ad alta tecnologia ampiamente differenziate ed estremamente flessibili, che, insieme ai salari ancora bassi, creano un ambiente unico al mondo; il Vietnam non può concorrere da questo punto di vista.
Inoltre, nonostante Berlino cerchi di promuovere sistematicamente la cooperazione scientifica, il potenziale del Vietnam nella ricerca e sviluppo non è ancora sfruttato al pieno, mentre in alcuni campi le capacità della Cina sono già tra le migliori al mondo.
Perciò non si può parlare di un esodo di massa di aziende straniere dalla Repubblica Popolare, numerose imprese tedesche – soprattutto nel settore high-tech – rimangono in Cina.
Ad ogni modo, in vista dello sviluppo in Vietnam anche di produzioni più complesse, elettronica, in particolare, la Germania ha spinto la Ue a stringere un accordo di libero scambio con Hanoi. L’accordo è entrato in vigore dal 1° agosto.
Nella disputa territoriale con la Cina nel Mar cinese meridionale Berlino sostiene Hanoi, proponendosi come alternativa agli Usa, che coinvolgono il Vietnam anche in esercitazioni militari congiunte. L’opportunità è offerta dal fatto che i paesi ASEAN cercano di non schierarsi con una delle due parti nello scontro Usa-Cina. Economicamente dipendono da tempo dalla cooperazione con la Cina, ma vogliono evitare a tutti i costi un conflitto aperto con gli Stati Uniti; per loro una guerra nella regione sarebbe un disastro. La Malesia ha avvertito che la disputa sul Mar Cinese Meridionale è divenuta uno scontro per procura tra Stati Uniti e Cina, e potrebbe dividere il blocco Asean.
Nota 1: Il concetto di Indo-Pacifico è relativamente nuovo, e venne introdotto nel 2007 dallo stratega della marina indiana, Gurpreet S, Khurana, sostenitore dell’interesse dell’India a partecipare al boom dell’Asia orientale e sudorientale. Nel 2017 il concetto Asia-Pacifico venne assunto dall’amministrazione Trump, ad indicare un’area che riunisce tutti i potenziali rivali della Cina, dal Giappone e dall’Australia all’India.