SOMALIA
REP DANIELE MASTROGIACOMO
Parla Louis Michel commissario dell´Unione europea
l´impegno del mondo
Occorre una posizione unitaria, senza iniziative di singoli Stati. E un
confronto con tutti i protagonisti
sostegno al premier L´Europa deve dare legittimità al governo
transitorio e aiutare il Paese. Altrimenti prevarrà l´estremismo
NAIROBI – «La situazione in Somalia è ancora molto incerta.
Ma i segnali indicano che siamo in presenza di una svolta importante. Certo,
c´è ancora grande diffidenza. Quindici anni di guerra non si cancellano in
pochi giorni. Adesso è il momento del dialogo. La comunità internazionale ha
un ruolo decisivo. Deve finalmente agire su una posizione unitaria, senza
cedere a iniziative che rientrano nella strategia di un singolo stato».
Si riferisce agli Stati Uniti?
Louis Michel, commissario per lo sviluppo della
Commissione europea, sfodera tutta la sua abilità diplomatica acquisita in
anni di esperienza come ministro degli Esteri belga. Ha appena concluso
il suo intervento alla riunione straordinaria dell´Idag, il Comitato dei sette
paesi del Corno d´Africa dedicata alla Somalia. Deve partire subito per la
Tanzania e per il Burundi. Un tour intenso che lo rivedrà ancora qui a Nairobi
venerdì prossimo.
«Mi riferisco», precisa, mentre sfrecciamo con la sua
Mercedes blindata in mezzo al traffico caotico del centro, «a tutti. Non
solo agli Stati Uniti che negli ultimi anni avevano fatto scelte diverse».
Non considera un errore aver appoggiato i Signori della
guerra?
«Non parlo di errori. Ogni paese ha la sua strategia. Dico
che oggi abbiamo l´opportunità di dialogare con tutti gli attori presenti in
Somalia. E´ un´opportunità da non perdere».
Gli attori principali sono le Corti islamiche, sulle
quali molti governi hanno delle riserve.
«Questo è appunto un errore. Il dialogo con le Corti
islamiche deve essere avviato e portato avanti. Hanno un loro peso specifico,
godono della fiducia della maggioranza della popolazione. Certo, mi riferisco
alle Corti moderate, quelle rispettose dei diritti umani e dei valori
democratici. Non possiamo porre un veto a tutto ciò che è islamico per il
timore di un nuovo regime Taliban. Ma dobbiamo anche contrastare le spinte
radicali. E poi lasciare che la Somalia decida da sola il suo futuro. Noi
possiamo aiutarla. Se non lo facciamo, il paese si chiuderà e prevarrà
l´estremismo islamico».
In che modo possiamo aiutare la Somalia?
«Tornando a parlare. Ricostruire un paese sulle sue rovine
significa anche considerare la sua storia, la sua composizione etnica e
tribale, le sue tradizioni, la volontà della sua gente. Non farlo sarebbe un
errore che riprodurrebbe lo stesso meccanismo che ha portato alla guerra
civile».
Gli stati coinvolti sono favorevoli?
«Ho visto con piacere la nuova posizione degli Stati
Uniti. Hanno convocato un vertice per il 15 a New York. E´ l´occasione per
mettere a punto un piano comune».
Quale sarà la posizione dell´Europa?
«Chiederemo di rafforzare l´attuale potere dando nuova
legittimità al governo transitorio. Sosterremo il dialogo con le Corti
islamiche moderate, il rilancio del piano di sicurezza nazionale e proporremo
che siano i somali a indicare quali siano i loro bisogni e quale futuro
desiderano. Noi dobbiamo essere i promotori e i moderatori. Loro i
protagonisti».
Lei ha incontrato il presidente somalo Abdullahi Yusuf:
cosa ne pensa?
«Mi ha chiesto un maggior impegno da parte della Comunità
europea. Ha bisogno di creare il nuovo esercito e la nuova polizia. Se il
governo ottiene legittimità deve anche riuscire a controllare il territorio. E´
venuto il momento di togliere l´embargo che vige dal 1991».
La sicurezza è al primo posto. Ma c´è poco consenso
sull´invio di una forza multinazionale.
«E´ prematuro parlare di
questo tema. Ora è
il momento del dialogo. Piazzare forze militari straniere in Somalia sarebbe
controproducente».