In serie B/Dalla parte del manico

Francia, Germania, rel. potenza, Cina

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In serie B
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Dalla parte del manico

●    Nonostante i contrasti economici e di politica estera tra Francia e Germania, gli economisti di entrambe le nazioni chiedono una maggiore cooperazione tra i paesi europei per contrastare il declino di Europa e Germania (nella “serie B” dell’economia mondiale) di fronte alla forte ascesa della Cina,

o   che nel 2009 (secondo statistiche provvisorie) che ha sostituito la Germania come 1° esportatore mondiale:

o   primi 10 mesi 2009, la Cina ha esportato merci per $957 MD, la Germania per $917MD.

o   Già nel 2007 la Cina si è attestata al 3° posto mondiale per Pil superando la Germania, per quest’anno dovrebbe sorpassare anche il Giappone, ponendosi al 2° posto mondiale dopo gli USA.

o   Gli esperti tedeschi sollecitano ad utilizzare l’iniziale ripresa economica puntando, come prima della crisi, “a tutto vapore sull’export”, il ministro Esteri, Guido Westerwelle, preannuncia un deciso appoggio in questo senso (non un appoggio economico “in punta di dita, ma aggressivo”).

§ [«Dobbiamo sfruttare meglio in nostro – pur sempre enorme – potenziale in Europa, unire le forze e coordinare le competenze» (Hans-Jörg Bullinger, presidente della Fraunhofer-Gesellschaft – organizzazione per la promozione della ricerca applicata, con 59 istituti in Germania; tra l’altro ha brevettato l’algoritmo di compressione dell’MP3, etc.)]

o   I gruppi europei dovrebbero puntare alla “domanda fortemente in crescita del S-E Asia”, vedono la Cina come locomotiva dell’economia mondiale.

o   L’ipotesi avanzata nel dibattito tedesco di spostare la politica economica sul consumo interno, utile a ridurre la dipendenza dall’export, è valutata come rischiosa.

– Limitata la disponibilità dei paesi UE alla cooperazione con la Germania, dato che profitti e perdite non sono ugualmente suddivisi:

o   secondo uno studio delle 25 regioni più redditizie di Europa, 13 sono tedesche; nell’anno di crisi 2009 la crescita media della zona euro nel trimestre luglio-sett. è stata dello 0,4%, quella tedesca dello 0,7%; le imprese tedesche, divenute più competitive prima della crisi rispetto ai concorrenti,

o   con la ripresa economica cercheranno di utilizzare questa maggiore competitività in misura sovra-proporzionale.

– Il capo economista di una banca francese denuncia la concorrenza sleale da parte dei gruppi tedeschi che riescono a strappare quote del mercato UE grazie alla riduzione del costo del lavoro;

o   nel 2008 il deficit commerciale francese verso la Germania ha raggiunto un nuovo record, con €18,6MD.

o   Alcuni esempi della contesa economica franco-tedesca: 1. in EADS; 2. recenti contrasti sull’Airbus A400M; 3. nel nucleare: a tedesca Siemens ha annunciato la sospensione della sua cooperazione con la francese Areva e l’avvio della cooperazione con la russa Atomenergoprom; Areva vi si oppone temendone la concorrenza. I tedeschi tengono il “coltello per il manico”, dato che dispongono di alternative alla cooperazione nel nucleare con la Francia.

o   In 12 anni l’avanzo del bilancio commerciale tedesca è aumentato da €20 a €100MD/anno;

o   nel periodo 1996-2008 l’export tedesco è aumentato quasi del doppio rispetto a quello degli altri paesi della zona euro.

o   Nel 2009 il maggior crollo del secondo dopoguerra, il PIL -5%, dovuto ad un -14,7% dell’export – nei primi sei mesi 2009 -23,5% – (mentre era in continua crescita da anni), che rappresenta circa il 50% del PIL. Unica spinta alla crescita i premi di rottamazione delle auto, che hanno prodotto un +0,4% nei consumi privati.

o   Per il 2010 anche il governo tedesco ha rivisto le previsioni di crescita al rialzo, dall’1,2 all’1,5%, grazie all’export, di cui le associazioni del commercio all’ingrosso, con l’estero e dei servizi prevedono una crescita del 10%.

o   Il maggior acquirente delle merci tedesche, ma anche il maggior concorrente, è la Cina, che ha consentito un bilancio positivo per l’export tedesco – nel 4° trimestre +14,5% export tedesco verso Cina rispetto a stesso periodo 2008.

o   L’export tedesco verso i paesi dell’Est Europa è diminuito fortemente, calato anche quello con i 5 maggiori partner commerciali, Francia, USA, Olanda, GB, Italia.

– Ai contrasti franco-tedeschi in campo economico si aggiungono divergenze sulle priorità nell’espansione all’estero, divergenze non nuove, che rischiano di farsi violente dato che ad aprile verrà istituito il Servizio Europeo per l’Estero (ministero):

o   da anni Berlino e Parigi si scontrano sulla politica europea per l’Africa; Berlino ha fatto fallire l’intervento UE in Chad desiderato dalla Francia;

o   conflitto franco-tedesco anche sulla Unione Mediterranea, che serve principalmente agli interessi francesi ed è contrastata sistematicamente dalla Germania.

o   L’esempio più recente delle divergenze sono i tentativi di influenza ad Haiti, ex-colonia francese, dove la Francia si dà un gran da fare anche inviando gendarmi, mentre la Germania è restia.

– Sentendosi svantaggiata Parigi chiede da tempo a Berlino accordi bilaterali su come procedere dentro la UE;

o   secondo il ministro francese per l’Europa, la Francia sarebbe in grado di sopravvivere solo con una UE forte, deve sfruttare la “macchina europea” per difendere i propri interessi.

o   Dato che la Germania persegue lo stesso obiettivo, pur ponendo altre priorità, finora permane un accordo, a discapito però della Francia, tra le due la potenza più debole.

o   La Germania ha respinto la proposta francese di fine 2009 di nominare un ministro franco-tedesco;

per il giubileo del trattato dell’Eliseo del 1963, Francia e Germania avrebbero concordato una lista, finora rimasta segreta. di “16 proposte faro” e di 40 “iniziative concrete” per rafforzare la cooperazione; dal prossimo il consiglio ministri franco-tedesco dovrebbe uscire una scelta tra queste proposte, alle quali i media francesi prestano molta attenzione, al contrario di quelli tedeschi che quasi le ignorano.

Gfp      100115
Zweite Liga
15.01.2010
BERLIN
(Eigener Bericht) –

–   Deutsche Ökonomen sagen Europa und der Bundesrepublik einen Abstieg "in die zweite Liga" der Weltwirtschaft voraus.

–    Im nächsten Jahrzehnt werde die EU "aus dem Zentrum an den Rand" der globalen Wirtschaftstätigkeit gedrängt werden, urteilt Thomas Straubhaar, Direktor des Hamburgischen Weltwirtschaftsinstituts. Ursache sei der rasante Aufstieg der Volksrepublik China, die Deutschland 2009 – vorläufigen Statistiken zufolge – als Exportweltmeister abgelöst hat.

–   In der Bundesrepublik verlangen Experten, die beginnende ökonomische Erholung nach den dramatischen Einbrüchen des vergangenen Jahres zu nutzen und wie vor der Krise "mit voller Kraft auf den Export zu setzen".

–   Der Außenminister kündigt eine entschlossene Unterstützung deutscher Auslandsgeschäfte an. Die sich abzeichnende Exportoffensive sorgt im europäischen Ausland für ernste Vorbehalte.

–   Mit seiner anhaltenden Lohnkostensenkung betreibe Berlin eine "klar unkooperative Politik", urteilt der Chefökonom einer französischen Bank: Schließlich gelinge es deutschen Firmen damit, der Konkurrenz EU-weit Marktanteile abzunehmen.

–   Tatsächlich ist der deutsche Außenhandelsüberschuss innerhalb der Eurozone binnen nur zwölf Jahren stark gestiegen – von 20 auf 100 Milliarden Euro im Jahr.

Einbruch

–   Im vergangenen Jahr verzeichnete die deutsche Wirtschaft ihren größten Einbruch nach dem Zweiten Weltkrieg. Vorläufigen Angaben des Statistischen Bundesamtes zufolge sank das reale Bruttoinlandsprodukt um fünf Prozent.

–   Hauptursache war, dass der Export nach Jahren stetig steigender Ausfuhrzahlen um 14,7 Prozent schrumpfte.

–   Das wiegt schwer, weil das Exportgeschäft mittlerweile beinahe 50 Prozent zum Bruttoinlandsprodukt beiträgt. Den einzigen Wachstumsimpuls brachte die "Abwrackprämie" – sie sorgte dafür, dass der private Konsum durch den boomenden Kauf von Neuwagen um rund 0,4 Prozent stieg.[1]

Aufholjagd

–   Für das Jahr 2010 hoffen Experten auf einen Umschwung und spekulieren zur Zeit auf ein Wachstum von 1,6 bis 2,3 Prozent. Auch die Bundesregierung – deutlich vorsichtiger als viele Wirtschaftsverbände – will ihre Wachstumsprognose für 2010 jetzt von 1,2 auf 1,5 Prozent anheben. Zum Wachstumstreiber wird demnach wieder der Export. Nach einem desaströsen ersten Halbjahr 2009 mit einem Absturz um 23,5 Prozent belebte sich der deutsche Außenhandel später wieder und konnte zuletzt deutlich steigende Exporte verzeichnen. Der Bundesverband Großhandel, Außenhandel, Dienstleistungen (BGA) sagt inzwischen sogar ein Wachstum der Ausfuhren von zehn Prozent voraus.[2]

Überholt

–   Größter Abnehmer, aber auch schärfster Konkurrent der deutschen Exportwirtschaft ist die Volksrepublik China.

–   Die deutschen Ausfuhren in osteuropäische Länder brachen besonders stark ein, auch das Geschäft mit den fünf größten Handelspartnern Frankreich, USA, Niederlande, Großbritannien und Italien ging stark zurück.

–   Der Rivale China aber, der wegen seiner Konjunkturprogramme trotz der Finanzkrise weiter wächst, sorgte in Zeiten sinkender Ausfuhren für ein deutsches Umsatzplus: Im dritten Quartal 2009 exportierte die Bundesrepublik um 14,5 Prozent mehr Waren in die Volksrepublik als im Vorjahresquartal. Zugleich hat China allerdings Deutschland bei den Exporten überholt und ist nun die weltweite Nummer eins – zumindest den vorläufigen Zahlen zufolge.

–   Der Vorsprung ist deutlich: China exportierte in den ersten zehn Monaten des Jahres 2009 Waren im Wert von 957 Milliarden US-Dollar, während Deutschland nur auf 917 Milliarden US-Dollar kam.[3]

Vom Zentrum an den Rand

–   Die Volksrepublik China war bereits 2007 zur drittgrößten Volkswirtschaft der Welt aufgestiegen und hatte dabei ebenfalls Deutschland abgehängt. Es wird erwartet, dass China in diesem Jahr auch Japan überholen und zur zweitgrößten Wirtschaftsnation hinter den USA aufsteigen wird.

–   Deutschen Experten dient diese Entwicklung dazu, vor einem Abstieg Europas zu warnen und eine stärkere Zusammenarbeit der europäischen Staaten zu fordern; davon würde die Bundesrepublik ganz besonders profitieren.

–   Im kommenden Jahrzehnt werde Europa "aus dem Zentrum an den Rand" des globalen Wirtschaftsgeschehens gedrängt und "in die zweite Liga" absteigen, sagt Thomas Straubhaar, Direktor des Hamburgischen Weltwirtschaftsinstituts, voraus. Die europäischen Unternehmen müssten daher "auf Gedeih und Verderb" auf die "dynamisch wachsende Nachfrage Südostasiens" setzen.[4]

–   Hans-Jörg Bullinger, der Präsident der Fraunhofer-Gesellschaft, sieht China ebenfalls als "Lokomotive der Weltwirtschaft" und fordert, Europa müsse sich zusammenzuschließen, um nicht gänzlich den Anschluss zu verlieren: "Wir müssen unser – immer noch großartiges – Potential in Europa besser nutzen, die Kräfte bündeln und die Kompetenzen vernetzen."[5]

Unkooperativ

–   Die Bereitschaft mancher EU-Staaten zur Kooperation mit Deutschland und seiner Wirtschaft ist allerdings begrenzt, da Gewinn und Verlust recht eindeutig verteilt sind.[6] Unter Europas lukrativsten Standorten sind einer Studie zufolge deutsche Regionen in der Mehrzahl: Unter den 25 Spitzenregionen der EU finden sich 13 deutsche. Auch beim Wachstum liegt die Bundesrepublik wieder vorn: Der Statistikbehörde Eurostat zufolge wuchs das Bruttoinlandsprodukt in der Eurozone von Juli bis September 2009 durchschnittlich um 0,4 Prozent gegenüber dem Vorquartal. Die deutsche Wirtschaft hingegen legte um 0,7 Prozent zu.[7]

–   Die deutschen Unternehmen hätten sich vor der Krise "wetterfester und wettbewerbsfähiger" gemacht als ihre Konkurrenten, urteilen Experten: "Diese höhere Wettbewerbsfähigkeit (..) bietet nun die Chance, von dem zu erwartenden Aufschwung der Weltwirtschaft wieder überproportional profitieren zu können."[8] Was die deutsche Seite als "wetterfest" deklariert, nennt hingegen der Chefökonom einer französischen Bank eine "klar unkooperative Politik".

–   Die deutschen Maßnahmen zur Lohnkostensenkung hätten Marktanteilsgewinne auf Kosten der übrigen EU-Länder gebracht: "Der Produktionsgewinn Deutschlands bedeutet einen Produktionsverlust der anderen europäischen Staaten."[9]

–   Tatsächlich wuchs das Volumen des deutschen Exports von 1996 bis 2008 fast zweimal stärker an als das der anderen Länder der Eurozone; der deutsche Handelsüberschuss gegenüber den europäischen "Partnern" stieg von 20 auf 100 Milliarden Euro pro Jahr.

Offensiv angehen

–   Dass diese Kritik berechtigt ist, räumt die deutsche Seite ohne weiteres ein. Die Wirtschaftspresse stellt fest: "Durch gezielte Senkung der Lohnkosten und Unternehmensabgaben haben wir unsere preisliche Wettbewerbsfähigkeit in den vergangenen zehn Jahren gegenüber den europäischen Partnerländern massiv verbessert. Dadurch haben wir ihnen Marktanteile abgenommen und hohe Außenhandelsüberschüsse erzielt."[10] Die bedingungslose Ausrichtung auf den Export – auf Kosten der schwächeren Nachbarstaaten – gilt in Deutschland als "Stärke" und wird für alternativlos gehalten.

–   Die von Wissenschaftlern heftig diskutierte Verlagerung der Wirtschaftspolitik auf den Binnenkonsum könne zwar helfen, um die übermäßige Abhängigkeit vom Export zu mindern, sei aber risikobehaftet, heißt es: "Kurzfristig wird es nicht anders gehen, als weiter mit voller Kraft auf den Export zu setzen."[11] Bundesaußenminister Guido Westerwelle kündigt an, eine neue deutsche Ausfuhroffensive tatkräftig zu unterstützen: Er habe sich vorgenommen, "die wirtschaftliche Unterstützung der deutschen Unternehmen im Ausland nicht mit spitzen Fingern anzufassen, sondern offensiv anzugehen".[12]

Weitere Informationen zum Thema finden Sie hier: Transatlantische Positionsgewinne, Gut gerüstet, Lichtblick, Deutschland fitter machen, Krisengewinner, Mehr Geld in der Kasse, Schlagkräftiges Netz und Nach Asien! (I).

[1] Deutschland erlebte 2009 stärkste Rezession der Nachkriegszeit; www.destatis.de 13.01.2010

[2] Im Export geht es weiter aufwärts; Frankfurter Allgemeine Zeitung 21.10.2009. Bundesregierung hebt Wachstumsprognose an; Tagesspiegel 13.01.2010

[3] Schärfster Konkurrent – und bester Kunde; Tagesspiegel 05.01.2010

[4] HWWI: Europa vor wirtschaftlichem Abstieg; www.manager-magazin.de 07.01.2010

[5] Chinas Wirtschaft auf der Überholspur: Schnell sein ist alles; Süddeutsche Zeitung 05.01.2010

[6] EU-Standortranking: Deutschland trumpft auf; www.manager-magazin.de 17.12.2009

[7] Ende der Rezession: Deutschland zieht Euro-Zone aus der Krise; Financial Times Deutschland 12.11.2009

[8] Deutsche Konzerne hängen Nachbarn ab; Handelsblatt 21.06.2009

[9] Die deutsche Wirtschaftspolitik: ein Problem für Europa?; WISO direkt Januar 2010, www.fes.de/wiso

[10] Export: Deutschland verlässt sich auf seine alte Stärke; Handelsblatt 02.10.2010

[11] Deutschland: Zum Export verdammt; Süddeutsche Zeitung 09.01.2010

[12] Westerwelle will der Wirtschaft im Ausland Türen öffnen; Frankfurter Allgemeine Zeitung 12.01.2010

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Am längeren Hebel
02.02.2010
PARIS/BERLIN
(Eigener Bericht) –

–   Anhaltende Spannungen zwischen Berlin und Paris gehen dem deutsch-französischen Ministerrat an diesem Donnerstag voraus. Die Differenzen zwischen den Regierungen Frankreichs und der Bundesrepublik betreffen unter anderem zentrale Fragen der Ökonomie und der äußeren Expansion.

–   Paris sieht sich im Nachteil und drängt seit geraumer Zeit auf gemeinsame Führungsabsprachen für das Vorgehen innerhalb der EU.

–   Hintergrund ist auch der schnelle Aufstieg der Volksrepublik China, der in französischen Wirtschaftskreisen zu Warnungen vor einer "Deklassierung" Europas führt.

–   Man könne in Zukunft nur mit Hilfe einer starken EU bestehen, erklärt der französische Europaminister; Frankreich müsse sich rasch "die europäische Maschine" zunutze machen, "sich ihrer bedienen, um seine Interessen zu verteidigen".

–   Weil Deutschland dasselbe Ziel verfolgt, dabei aber andere Prioritäten setzt, bleibt eine Einigung bislang aus – zum Schaden der schwächeren der beiden Zentralmächte Europas, nämlich Frankreichs.

Pariser Initiativen

Vor dem deutsch-französischen Ministerrat, der an diesem Donnerstag in Paris bereits zum zwölften Male seit seiner Etablierung im Januar 2003 abgehalten wird, drängt die französische Regierung auf bilaterale Einigungen über diverse politische Fragen.

–   Bereits Ende 2009 hatte Paris Initiativen gestartet, die auf enge Absprachen mit Berlin zielten, darunter etwa der Vorschlag, einen deutsch-französischen Minister zu ernennen; die Bundesregierung hatte pikiert abgewunken.

–   Zum diesjährigen Jubiläum der Unterzeichnung des Elysée-Vertrags am 22. Januar 1963 hatte der französische Europaminister Pierre Lellouche in Kooperation mit dem Staatsminister im Auswärtigen Amt Werner Hoyer eine Liste mit 16 "Leuchtturmvorschlägen" und 40 "konkreten Initiativen" vorgelegt, die der deutsch-französischen Zusammenarbeit neuen Schwung verleihen sollen. Die Liste wird bisher geheim gehalten; Bundeskanzlerin Merkel und Staatspräsident Sarkozy sollen beim deutsch-französischen Ministerrat eine Auswahl aus ihr bekannt geben, die dann realisiert wird.[1] Die Tatsache, dass französische Medien recht aufmerksam, deutsche Medien hingegen fast gar nicht über das Papier berichten, lässt erahnen, dass Berlin der von Paris initiierten Vorschlagsliste keine besondere Bedeutung beimisst.

Produktionsgewinne

–   Die Differenzen zwischen Paris und Berlin betreffen unter anderem die Ökonomie. Französische Unternehmen klagen seit geraumer Zeit über Nachteile, die ihnen die deutsche Niedriglohnpolitik verschafft: Steigen die deutschen Exporte aufgrund der sinkenden Herstellungskosten an, verliert die Konkurrenz im Ausland.

–   "Der Produktionsgewinn Deutschlands bedeutet einen Produktionsverlust der anderen europäischen Staaten", beschreiben Wirtschaftskreise die Lage (german-foreign-policy.com berichtete [2]).

–   Tatsächlich erreichte das Handelsdefizit Frankreichs gegenüber Deutschland im Jahr 2008 mit beinahe 18,6 Milliarden Euro einen neuen Höchststand.[3]

–   Deutsch-französischen Wirtschaftsstreit gibt es weiterhin auch bei EADS; er äußert sich in diesen Tagen in neuen Auseinandersetzungen um den Militärtransporter Airbus A400M, die an diesem Donnerstag von Merkel und Sarkozy einer Klärung nähergebracht werden sollen.[4] Ein drittes Beispiel für Machtkämpfe um ökonomische Vorteile bieten die jüngsten Auseinandersetzungen zwischen Siemens und Areva. Siemens hat vor geraumer Zeit angekündigt, seine Kooperation mit Areva einzustellen und stattdessen mit Atomenergoprom (Russland) zusammenzuarbeiten.[5] Areva fürchtet die deutsch-russische Konkurrenz und sperrt sich nun gegen den Verlust des deutschen Partners. Der Vorgang ist nicht untypisch: Die deutsche Seite sitzt am längeren Hebel, da sie über Alternativen zur kerneuropäischen Kooperation mit Frankreich verfügt.

Zum Scheitern gebracht

–   Zum ökonomischen Streit gesellen sich politische Differenzen über die Prioritäten der äußeren Expansion, die jetzt virulent werden, weil der Europäische Auswärtige Dienst im April etabliert werden soll.

–   Schon seit Jahren streiten Berlin und Paris über die europäische Afrika-Politik; zuletzt brachte die deutsche Regierung die von Frankreich gewünschte EU-Intervention im Tschad zum Scheitern.[6]

–   Auseinandersetzungen in größerem Maßstab gab es auch um die Mittelmeerunion, die vorwiegend französische Interessen bedient – und deshalb von der Bundesrepublik systematisch unterminiert wurde.[7]

–   Das wohl aktuellste Beispiel für die unterschiedliche Prioritätensetzung Deutschlands und Frankreichs sind Bemühungen, in Haiti Einfluss zu nehmen.

o    Während Paris umfangreiche Aktivitäten entfaltet und unter anderem Gendarmen in das Land entsenden will, hält sich Berlin mit eigenen Projekten bislang zurück. Haiti war einst französische Kolonie und wird von Frankreich nach wie vor zu seiner unmittelbaren Interessensphäre gezählt.

Von der Marginalisierung bedroht

–   Zwar sind deutsch-französische Differenzen auch in zentralen Fragen kein neues Phänomen.

–   Paris drängt jedoch wegen des raschen Aufstiegs der Volksrepublik China auf eine baldige Einigung. Wirtschaftskreise in Frankreich fürchten, in den kommenden Jahren uneinholbar hinter Ostasien und die USA zurückzufallen; in der französischen Wirtschaftspresse ist ausdrücklich von einer drohenden "Deklassierung" Europas die Rede.[8] Zwar wolle er nicht schwarzmalen, heißt es in einem Namensartikel des Pariser Europaministers, doch eine "Marginalisierung Europas" drohe in der Tat.[9] Nur rasche und entschiedene Schritte der EU könnten den Abstieg verhindern. Dies aber setze voraus, dass die beiden Zentralmächte Deutschland und Frankreich jetzt am selben Strang zögen. "Das ist der Grund, weshalb der nächste deutsch-französische Ministerrat so wichtig ist", erklärt Lellouche.[10]

Die europäische Maschine

–   Dabei lässt Lellouche keinen Zweifel, dass Paris dabei seine Interessen durchzusetzen sucht. Wie der französische Europaminister erklärt, hält er es nicht nur für seine Aufgabe, "die Positionen der französischen Regierung nach Brüssel zu übermitteln". Er wolle zudem veranlassen – "an der Seite des Präsidenten der Republik" -, dass Frankreich "sich die europäische Maschine zu Nutzen macht, dass das Land sich ihrer bedient, um seine Interessen zu verteidigen".[11]

–   Damit erklärt Paris eine Praxis zum Ziel, die Berlin seit je verfolgt – über Brüssel die eigenen Vorhaben durchzusetzen. Dass Deutschland sich am Donnerstag – quasi als Kompromiss – auf neue Absprachen einlässt, die französische Interessen bedienen, gleichzeitig jedoch für Berlin nützlich sind, wird von Kommentatoren empfohlen. Damit, dass Paris Wünsche durchsetzen kann, die deutschen Planungen zuwiderlaufen, wird hingegen nicht gerechnet.

[1] Seize "propositions phares" pour dynamiser la relation franco-allemande; Le Monde 23.01.2010

[2] s. dazu Zweite Liga

[3] Frankreich: Beziehungen zu Deutschland; www.auswaertiges-amt.de

[4] zu den Streitigkeiten bei EADS s. auch Mehr Einfluss denn je, Transatlantische Achse und Kernfähigkeit Rüstung

[5] s. dazu Gefährliche Verwerfungen und Atomallianz

[6] s. dazu Hegemonialkonkurrenten und Transatlantische Front

[7] s. dazu Im Schatten und Kein Gegenpol

[8] L’Europe sous cloche; Les Echos 15.01.2010

[9], [10] Pierre Lellouche: Pour éviter le déclassement de l’Europe; Les Echos 27.01.2010

[11] Lellouche: "Pour une relance franco-allemande"; Le Figaro 22.01.2010

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