Mara Gergolet
Il presidente Djukanovic incontra a Podgorica il
sottosegretario Crucianelli
PODGORICA – «Il referendum per
l’indipendenza del Montenegro è stato un fatto positivo. Un segno di maturità,
il modo in cui si è svolto. E’ su questa base che è possibile costruire
rapporti solidi tra i nostri due Stati». Parole di pieno riconoscimento
politico, quelle che il sottosegretario agli Esteri Famiano Crucianelli porta a
Milo Djukanovic, primo ministro e «padre» del Montenegro indipendente.
L’atto «fondatore» di una piena collaborazione diplomatica, da parte
dell’Italia, con l’ultimo nato dei Paesi europei: quello che ha scelto la
secessione dalla Serbia con il referendum popolare del 21 maggio scorso.
Ma gli incontri a Podgorica sono anche la prima visita di Stato di una
delegazione italiana dal 2002, perché con il Montenegro, come dice Crucianelli,
i rapporti «non sono brillanti, anzi sono stati decisamente trascurati». In
buona parte perché il Montenegro ha pagato per intero l’isolamento cui la
comunità internazionale ha costretto Belgrado, incapace di consegnare i
suoi criminali di guerra e di uscire dall’era Milosevic. «I colloqui – ha detto
Djukanovic – hanno mostrato che i nostri rapporti non sono al livello che
entrambi vorremmo, nonostante la nostra vicinanza geografica e i legami
storici. Però ora abbiamo obiettivi comuni, a partire dal desiderio di
cambiarli». La colpa? «Non sono io a doverlo spiegare. Ma quando si trovano di
fronte due Paesi con dimensioni e peso politico così diversi, non è il più
piccolo che può dettare la velocità e il ritmo delle relazioni». Obiettivo
chiarissimo, quello del Montenegro. «Il nostro obiettivo strategico è quello
di diventare membri dell’Ue e della Nato». Ed è qui che l’Italia può dare una
mano, sostenendo l’adesione all’Ase (Accordo di stabilizzazione e associazione)
prevista per fine anno, primo passo per l’adesione del Montenegro all’Unione
Europea. «E’ un traguardo simbolico – dice Djukanovic -, ma anche concreto:
quando lo raggiungeremo significa che avremo ottenuto standard di democrazia,
di liberta, di stile di vita occidentali». L’Italia, d’altro canto, chiede di
procedere sulla via delle riforme e punta su tre pilastri: cooperazione
economica, stabilità e giustizia. Il Montenegro chiede di investire, di puntare
sul suo turismo. Ma è la sicurezza un tema chiave per la politica italiana (ed
europea) in tutta l’area. «Siamo concordi – spiega Djukanovic – che la
cooperazione può aprire una prospettiva atlantica ai Balcani occidentali».
Primo banco di prova il Kosovo. Il Montenegro non vuol interferire nei
negoziati per la definizione del suo status, lo considera ormai un problema
serbo. «Vogliamo però che sia mantenuto un punto fermo: il rispetto dei diritti
delle minoranze». Una condizione condivisa e pretesa anche dall’Italia.