Se i primi regali di Trump alla finanza (maggiore deregulation a compensare le preoccupazioni per i segnali protezionisti) conferma l’analisi di “governo dei milionari e dei miliardari”, la polemica orchestrata dai democratici tende a mistificare l’ambiguo atteggiamento del governo Obama nei confronti di Wall Street. Le solidali preoccupazioni espresse nei confronti dei “risparmiatori minacciati” coprono ipocritamente il fatto che le famiglie dei lavoratori sono state taglieggiate anche negli ultimi otto anni, mentre le banche speculatrici prosperavano e sempre più americani, troppo poveri per interessare i banchieri, sono preda principalmente degli strozzini. Un destino che li accomuna in primo luogo agli italiani
Nei suoi primi 100 giorni Trump ha annunciato la parziale sospensione di una legge, le Dodd-Frank Bank Regulations, varata da Obama nel 2010 e presentata come l’argine che doveva impedire in futuro una crisi come quella dei subprime del 2008 (nota 1). Wall Street ha festeggiato con un rialzo borsistico senza precedenti.
United States of Goldman Sachs: Trump e il nuovo segretario al Tesoro americano, Mnuchin, ex banchiere di Goldman Sachs, che nella recente crisi finanziaria ha spedito sulla strada almeno 137 000 famiglie, pignorando le loro abitazioni
E’ stato gioco facile per i democratici affermare che dopo una campagna elettorale in cui si è presentato come campione degli americani poveri, Trump tradisce la sua vera natura di amico dei finanzieri e degli speculatori. Quindi si stabilisce il parallelo fra Obama 2010 e Roosevelt 1939 in quanto presidenti anti-speculazione da un lato, e Trump emulo di Coolidge e Hoover nel consentire alla finanza di muoversi senza controllo dall’altro.
Peccato che come Roosevelt, Obama abbia salvato le banche speculatrici (ad eccezione della Lehman Brothers) con un intervento straordinario che secondo Bloomberg ha toccato i 7.700 miliardi, pari alla metà circa del PIL annuo Usa. Non un singolo responsabile finanziario è stato perseguito per le spericolate manovre che hanno prodotto la recente “Grande recessione” anzi, con i sovrapprofitti raccolti negli anni successivi le banche hanno patteggiato in cambio di spiccioli se prese in flagranza di reato, tipo la Wells Fargo che ha usato senza autorizzazione i conti dei clienti per far fronte a un’OPA ostile (nota 2).
La Dodd-Frank ha imposto restrizioni e regolamentazioni molto limitate che non hanno impedito ai ricchi di diventare ancora più ricchi (nota 3). Ma dal momento che ha causato costi burocratici di un certo peso deve essere eliminata per far contenti i pescecani della Finanza.
La natura di classe della crisi del 2008
Nel frattempo la recessione iniziata nel 2008 ha spazzato via 16 mila miliardi di $ della ricchezza delle famiglie, riportandola ai livelli del 1989. Per 11 milioni di famiglie oggi il valore delle loro case è meno della metà dei costi previsti dai mutui. Altri 5 milioni di famiglie hanno perso la loro casa non potendo continuare a pagare i mutui. 46 milioni di persone vivono sotto il livello di povertà.
Le più colpite sono state le famiglie giovani fra i 20 e i 40 anni, che non hanno trovato lavoro e reddito e lo hanno recuperato più lentamente. In media le persone nate dopo gli anni ’70 hanno accumulato il 40% in meno di ricchezza di coloro che sono nati negli anni ’40. Dentro questo quadro generale, tuttavia, si può affermare che i bianchi possiedono 12 volte la ricchezza accumulata dai neri, le persone istruite 26 volte quella della persone prive di istruzione, i vecchi americani sono 12 volte più ricchi dei giovani.
Concludendo il 40% delle famiglie ha ridotto i consumi, per pagare i debiti o per una riduzione delle entrate.
Le famiglie “unbanked”, gli strozzini e l’impoverimento relativo
La crisi ha inciso anche in un altro senso, aumentando il numero di famiglie che non ha conto corrente o libretto postale, o perché non si fidano più delle banche o perché non arrivano alla fine del mese e comunque non riescono a risparmiare.
Sono i cosiddetti unbanked. L’Economist (che utilizza i dati del FDIC Federal Deposit Insurance Corporation) li quantifica nell’8% del totale delle famiglie americane (pari a 17 milioni di adulti); ma fra le famiglie con un reddito annuo di meno di 15 mila $ la quota è del 25%. Sono dati molto più alti che in altri paesi sviluppati, ad es. in Giappone abbiamo un 4% del totale delle famiglie e il 6% sul 20% più povero delle famiglie.
Per la Gran Bretagna abbiamo un 3% per entrambe le categorie, per la Svezia l’1%.
Queste famiglie usano solo contanti oppure assegni prepagati per cui pagano comunque una commissione. Il costo della carta di credito per loro è troppo alto. Se hanno bisogno di un prestito, usano l’auto come garanzia per un payday loan, un credito fino al giorno di paga. Questo tipo di prestiti è estremamente diffuso (fra le famiglie a basso reddito vi si ricorre circa una volta al mese) e si pagano interessi del 400%. Tanto che 18 stati e il distretto di Columbia li hanno dichiarati fuorilegge. Un po’ meno costose sono le carte di credito prepagate, le famiglie che le usano sono passate dal 12,2% nel 2008 al 21% nel 2015, con un giro di denaro pari a 390 miliardi di $.
Una famiglia americana su 5 è “underbanked”, cioè oltre al conto corrente utilizza altri servizi bancari, alcuni costosi, come i prestiti a breve fino al giorno di paga, assegni posticipati versati al posto del contante, ordini di pagamento non bancari e prestiti su pegno. Anche in questo caso si tratta di famiglie povere, senza margini di risparmio e quindi preda degli strozzini.
Una ricerca del CFSI (Center for Financial Services Innovation) ha scoperto che per una famiglia normale spese come il cambio d’auto, una fattura medica, tasse arretrate o altro, possono mandare in rosso il bilancio. Si parla di esborsi straordinari intorno ai 2000 $. Ebbene, un terzo delle famiglie Usa non può affrontare coi suoi mezzi una simile emergenza. Una affermazione che non si capisce se si considera il loro reddito annuo, ma comprensibile se si tiene in considerazione come questo reddito sia aleatorio, derivante da lavori part-time, stagionali, a termine, che non consentono una pianificazione delle spese. In caso di spese impreviste si deve ricorrere a soluzioni costose, quelle appunto, degli strozzini.
Rientrano in questa casistica le famiglie monoreddito, madri single, immigrati recenti, operai delle industrie tradizionali, i cui salari sono stagnanti.
Molti americani cercano di mettersi al sicuro rispetto ai problemi della salute, contraendo delle assicurazioni, che però sono sempre più costose. Si calcola che 190 milioni di americani soffrono di almeno una delle più costose malattie croniche: asma, ipertensione, diabete e cancro. Circa 16 milioni nel 2016 non sono stati in grado di affrontare i costi delle cure.
Quanti sono gli unbanked in Italia?
La stampa nostrana, dal Sole al Fatto Quotidiano, è unanime nel condannare l’alleggerimento della Dodd Frank, ed è chiaro perché: renderà ancora più redditizie le banche Usa rispetto a quelle europee, anche grazie a una ripresa a tutto campo dell’emissione di derivati e titoli spazzatura.
Ciò che accomuna la società americana e quella italiana è l’alto tasso di povertà, e di conseguenza le famiglie unbanked, che in Italia sono il 29% del totale e il 39% del 20% più povero delle famiglie.
Qualcuno lo spiega con l’evasione fiscale, qualcuno con il culto dei soldi sotto il materasso, ma certamente, se non tutte, buona parte di queste famiglie sono quelle i cui redditi spariscono così velocemente che non vale la pena avere un conto costoso e poco redditizio.
Un altro aspetto comune della povertà americana e italiana è il ricorso agli strozzini e i costi dell’usura.
Il 12% delle famiglie italiane ricorre agli usurai per un prestito, dal momento che le banche rifiuterebbero loro un prestito. I tassi di interesse applicati arrivano al 400% annuo, che danno un giro d’affari, esentasse, per gli strozzini intorno agli 82 miliardi di € all’anno.
Comunque la si giri in una società capitalistica, l’alternativa per molti lavoratori è fra essere derubati dai finanzieri in giacca e cravatta o dagli strozzini.
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Nota 1) Per ora sono ridimensionati i criteri di vigilanza che ispirano il Volcker Rule, che vieta alle banche di utilizzare soldi dei clienti per investire o sponsorizzare Hedge Fund, fondi di Private Equity, o fare operazioni di Trading, ma anche il Consumer Financial Protection Bureau, che ha il compito di vigilare sugli Hedge Fund e sui derivati, ma anche sui mutui. Gli effetti non saranno immediati, ma l’intervento indica una tendenza a ridurre i controlli federali. L’intento è di indurre pensionati e classe media a investire di
Nota 2) Nel 2016 i profitti combinati delle prime tre banche Usa cioè Bank of America, JP Morgan Chase e Wells Fargo ammontano a $64,6 miliardi di $ (+ 2% sul 2015.
Dal 2010 le banche Usa, scrive con malcelata invidia il Sole, grazie anche a una politica spericolata, hanno visto cresce costantemente i loro profitti. Delle loro perdite si è incaricato lo stato. Scoperta a manipolare il mercato, la JP Morgan Chase ha patteggiato il proscioglimento dei propri vertici in cambio di un versamento di 410 milioni nel luglio 2013, le briciole appunto.
Secondo lo stesso presidente, gli istituti finanziari risparmieranno cifre consistenti “centinaia di miliardi di dollari di costi regolamentari ogni anno”.
Nota 3) Una ricerca dell’Economic Policy Institute rivela che nel 1965 un alto dirigente di industria o banca prendeva 20 volte il salario di un operaio; nel 213 il rapporto è diventato di 296 volte.