Il diktat per il risparmio/+ NYT I lavoratori in Europa protestano contro le misure di austerità

Ue, Germania, Spagna, austerità
 
Gfp     100930
Il diktat per il risparmio

– Mentre i lavoratori protestano in diversi paesi europei,

●    Berlino aumenta la pressione per imporre il proprio diktat al risparmio in tutta l’area dell’euro.

●    Obiettivo di Berlino: assicurarsi vantaggi nel’export a spese degli altri paesi UE.

o   dall’introduzione dell’euro, la Germania ha ridotto fortemente salari e spesa sociale assicurando in tal modo vantaggi competitivi all’industria tedesca,

o   [mentre i lavoratori in Francia e negli altri paesi del Sud Europa non si sono lasciati liquidare così facilmente??]

o   da qui l’aumento dell’export tedesco nei paesi dell’area euro, e l’aumento dei deficit commerciali soprattutto nei paesi del Sud UE (l’aumento dell’indebitamento statale ha portato tra l’altro alla crisi greca, e messo a rischio altri paesi).

●    Il pacchetto di misure presentato ieri dalla Commissione UE – conforme al progetto tedesco –  prevede sanzioni più dure per i paesi che non osservano in modo scrupoloso i criteri di stabilità.

●    Solo il voto di una maggioranza qualificata di ministri delle Finanze può fermare l’applicazione delle sanzioni, che risulta pressoché automatica,

o   e che conferisce a Berlino una posizione particolare nella decisione sul procedimento contro i singoli paesi: se nel 2014 viene applicato il principio della doppia maggioranza previsto dal Trattato di Lisbona, Berlino avrà il maggiore numero di voti tra i paesi UE e con questo maggiori possibilità di forgiare coalizioni di voto.

o   Sono previste sanzioni dello 0,2% del rispettivo PIL ai paesi che infrangono il tetto del deficit

o   La Commissione interverrà – oltre che in casi di superamento del deficit (3%) e dell’indebitamento complessivo (60%) secondo i criteri di Maastricht – anche quando il costo del lavoro per unità di prodotto supera in modo evidente la media UE,

o   come ad es. in caso di salari ritenuti troppo alti, anche per la cosiddetta competitività.

o   Di fatto Bruxelles apre la possibilità ai paesi membri UE di esercitare una pressione diretta ad es. per l’abbassamento dei salari.

– Non essendo Berlino disposta a tener conto degli interessi dei paesi sudeuropei e a modificare la sua politica aggressiva volta all’export (come richiesto in particolare da Parigi),

●    per evitare il fallimento dei bilanci statali, rimane solo l’imposizione di una rigida politica di austerità; dopo l’introduzione della moneta unica, l’aggressione dell’export di altri paesi non può più essere combattuta con la scappatoia (prima da tutti utilizzata) della svalutazione della moneta di ogni singolo paese.

– La Francia, che non è disposta per il futuro ad adeguarsi interamente, ha protestato più volte contro il diktat al risparmio di Berlino e in particolare contro l’intenzione di introdurre un automatismo delle sanzioni, fino a privare del diritto di voto a livello UE.

– Il ministro Finanze francese: «NO, ad un potere che sta esclusivamente nelle mani di esperti».

– La crisi in corso fa emergere anche le contraddizioni interne dell’euro; da un commento sulla stampa francese:

o   la moneta unica richiede in principio una politica di bilancio comune per eliminare le contraddizioni tra modelli economici diversi che si escludono a vicenda.

o   da una parte rinuncia alla sovranità monetaria, dall’altra mantenimento dell’autonomia di bilancio, contraddizione che minaccia la zona euro fin dall’inizio. Perché l’euro possa durare occorre pensare ad una forma di federalismo di bilancio.

– Le conseguenze del diktat tedesco sono visibili in Grecia ma soprattutto in Spagna, il cui governo ha preannunciato per il 2011 una riduzione del deficit al 6% del PIL, nel 2013 sotto il 3%; a questo fine previsti forti tagli alla spesa sociale.

– Mercoledì 29 si è avuto in Spagna il 5° sciopero generale dalla democratizzazione, con la partecipazione di almeno il 50% dei lavoratori (dati sindacali);

– proteste anche in Portogallo, Grecia e Polonia; 50 000 (secondo la polizia) 100 000 (secondo i sindacati) anche a Bruxelles.

———————–
Nyt     100929

I lavoratori in Europa protestano contro le misure di austerità

RAPHAEL MINDER e STEPHEN CASTLE

●    Mentre a migliaia i lavoratori manifestano nelle capitali europee contro le recenti misure di austerità la Commissione UE ha proposto sanzioni più rigide contro i governi che non riducono il loro deficit e debito in modo veloce, che non potrebbero entrare in funzione prima del 2012;

o   è finora mancata un’autorità centrale UE che potesse imporre la disciplina di bilancio; le sanzioni, semiautomatiche, sono definite “un freno a mano” dal presidente della Commissione Barroso. 

●    In Spagna, il primo sciopero generale da 8 anni (70% di adesioni secondo il sindacato) ha bloccato l’industria pesante e parte dei trasporti; i lavoratori combattono contro i tagli alla spesa e le nuove regole sul lavoro che facilitano i licenziamenti, riducendone i costi.

o   Prima dello sciopero il governo spagnolo ha ottenuto dai sindacati il mantenimento del servizio minimo nei trasporti ed altri servizi.

o   In Spagna la più lunga e grave recessione tra i paesi europei, disoccupazione ufficiale al 20%, il doppio della media UE.

●    A Bruxelles raduno di circa 50 000 lavoratori (stime della polizia), provenienti da vari paesi europei contro le misure di austerità, che secondo gli analisti queste proteste non riusciranno a fermare. (218 arresti brevi)

●    Francia, dopo diverse proteste contro l’innalzamento dell’età pensionabile, annunciato il maggior impegno di riduzione del deficit degli ultimi vent’anni, dal 7,7% attuale al 6% nel 2011.

Grecia: sciopero di diverse ore nei trasporti contro i tagli occupazionali; 24 h di sciopero nelle ferrovie contro il ridimensionamento e la privatizzazione; 3a settimana di sciopero dei camionisti.

Gfp      100930
Das Spardiktat
30.09.2010
BERLIN/BRÜSSEL

–   (Eigener Bericht) – Begleitet von Protesten in mehreren europäischen Staaten verschärft Berlin den Druck zur Durchsetzung seines Spardiktats für die gesamte Eurozone. Wie es in einem Maßnahmenpaket heißt, das die EU-Kommission am gestrigen Mittwoch vorlegte, sollen Euroländer, die die sogenannten Stabilitätskriterien nicht penibel einhalten, weit schärfer als bisher sanktioniert werden.

–   Die Kommission will nicht nur bei vermeintlich zu hoher Staatsverschuldung einschreiten, sondern auch dann, wenn die Lohnstückkosten den EU-Durchschnitt klar übersteigen, also etwa, wenn angeblich zu hohe Löhne gezahlt werden.

–   Die Brüsseler Maßnahmen entsprechen Konzepten Berlins, die darauf abzielen, deutsche Exportgewinne auf Kosten anderer Euroländer zu verstetigen und mit EU-weiter scharfer Austeritätspolitik die notwendigen Rahmenbedingungen zu schaffen.

–   Gegen die deutschen Pläne protestiert nicht nur die Regierung Frankreichs: Am gestrigen Mittwoch kam es in mehreren europäischen Staaten zu Massenprotesten gegen die maßgeblich von Deutschland erzwungene Austeritätspolitik.

Haushaltsdiktat

–   Wie es in dem Maßnahmenpaket heißt, das die EU-Kommission am gestrigen Mittwoch vorlegte, sollen die Sanktionen gegen Euroländer, die die rigiden Kriterien des "Euro-Stabilitätspakts" nicht einhalten, verschärft werden. So sollen nicht nur Strafverfahren eröffnet werden, wenn die Neuverschuldung drei Prozent des Bruttoinlandsprodukts überschreitet, sondern auch dann, wenn die Gesamtverschuldung sich auf mehr als 60 Prozent des Bruttoinlandsprodukts beläuft.

–   Neu ist, dass auch Sanktionsverfahren eingeleitet werden können, sofern einzelne Länder deutlich höhere Lohnstückkosten aufweisen als andere oder bei der sogenannten Wettbewerbsfähigkeit hinter den europäischen Durchschnitt zurückfallen.

–   Faktisch öffnet dies Brüssel die Möglichkeit, auf die EU-Mitgliedstaaten unmittelbaren Druck etwa zur Senkung von Löhnen auszuüben.

Sanktionen

–   Die beträchtlich erweiterten Sanktionsrechte der EU-Kommission in Bereichen, die bisher der politischen Gestaltung durch die einzelnen Demokratien vorbehalten waren, sollen mit harten Strafen versehen werden.

–   Sogenannten Defizitsündern wird eine Einlage in Höhe von 0,2 Prozent ihres Bruttoinlandsprodukts abverlangt, die vollständig einbehalten werden kann, wenn die "Empfehlungen" der Kommission nicht befolgt werden. Nur eine qualifizierte Mehrheit der Finanzminister kann die Umsetzung der Sanktionen stoppen. Dies läuft nicht nur auf eine beinahe automatische Verwirklichung der Sanktionen hinaus, sondern auch auf eine künftige Sonderstellung Berlins bei der Entscheidung über Verfahren gegen einzelne Staaten: Die Bundesrepublik hat, wenn 2014 gemäß dem Vertrag von Lissabon das Prinzip der doppelten Mehrheit in Kraft gesetzt wird, das größte Stimmgewicht in den EU-Gremien inne und besitzt die besten Möglichkeiten, Stimmkoalitionen zu schmieden.

Deutsche Exportmacht

–   Mit ihren Sanktionsplänen trägt die Kommission ohnehin deutschen Forderungen Rechnung. Die Bundesrepublik hat seit der Einführung des Euro massiv bei den Löhnen sowie den Sozialausgaben gekürzt und damit der deutschen Industrie Konkurrenzvorteile verschafft.

–   In Frankreich und in den Staaten Südeuropas ließen sich die Beschäftigten dagegen nicht so billig abspeisen. Die Folge sind deutsche Exportüberschüsse in die Länder der Eurozone und wachsende Handelsbilanzdefizite vor allem in den südlichen Euroländern. Die steigende Staatsverschuldung hat unter anderem die Krise in Griechenland ausgelöst und gefährdet auch weitere Länder.[1]

–   Da Berlin nicht bereit ist, auf die Belange der EU-Südstaaten Rücksicht zu nehmen und seine aggressive exportorientierte Politik zu modifizieren – insbesondere Paris hatte dies vergeblich gefordert (german-foreign-policy.com berichtete [2] -, bleibt nun der Oktroy einer harten Austeritätspolitik, um Zusammenbrüche ganzer Staatshaushalte zu verhindern.

–   Der allgemein übliche Weg, auswärtige Exportoffensiven durch die Abwertung der eigenen Währung abzuwehren, ist den Staaten der Eurozone ja seit der Einführung der Einheitswährung verwehrt.

Unmut in Frankreich

–   Unmut über die deutschen Pläne regt sich vor allem in Frankreich. Bereits am Montag hatte die französische Finanzministerin Christine Lagarde zum wiederholten Male gegen das Spardiktat aus Berlin protestiert.

o    Frankreich, das heute anderen Wirtschaftsrezepten folgt als die Bundesrepublik, ist zumindest gegenwärtig noch nicht zu vollständiger Anpassung bereit und protestiert besonders gegen das deutsche Ansinnen, einen Sanktionsautomatismus bis hin zum Entzug der Stimmrechte auf EU-Ebene zu etablieren.

o    Paris habe stets "eine solide und glaubwürdige Wirtschaftsregierung" der EU favorisiert, erklärt Lagarde. Man sei aber nicht damit einverstanden, ein konkretes Modell für alle EU-Staaten verpflichtend zu oktroyieren und seine Kontrolle womöglich auch noch einem demokratisch nicht legitimierten "Experten"-Gremium zu übertragen. Lagarde erklärt in offenem Gegensatz zu Berlin: "Eine Macht, die ausschließlich in den Händen von Fachleuten liegt – nein".[3]

Haushaltsföderalismus

–   Auch die inneren Widersprüche des Euro, die sich in der aktuellen Krise offenbaren, werden in Frankreich inzwischen immer offener diskutiert. So heißt es in einem Kommentar in der Pariser Wirtschaftspresse, die Einheitswährung verlange im Prinzip eine gemeinsame Haushaltspolitik, um die Widersprüche zwischen verschiedenen, letztlich einander ausschließenden Wirtschaftsmodellen zu eliminieren. "Aufgabe der monetären Souveränität auf der einen, Aufrechterhaltung der Haushaltssouveränität auf der anderen Seite" – "dieser Widerspruch bedroht die Eurozone seit ihren Ursprüngen", heißt es in dem Kommentar. Deshalb müsse, wenn der Euro auf Dauer Bestand haben solle, künftig über "eine Form des Haushaltsföderalismus" nachgedacht werden: "Weil die Antwort auf diese Frage nicht von alleine kommt, muss die Frage gestellt werden."[4]

Massenproteste

–   Welche Folgen das deutsche Spardiktat hervorruft, zeigt sich bereits jetzt nicht nur in Griechenland, sondern auch in Spanien.

–   Die dortige Regierung bemüht sich, dem Druck nach rascher Reduzierung des Haushaltsdefizits nachzugeben, und kündigt für nächstes Jahr eine Defizitsenkung auf gut sechs Prozent des Bruttoinlandsprodukts an. 2013 soll die Drei-Prozent-Grenze endgültig unterschritten werden. Harte Einschnitte bei den Sozialausgaben sind deshalb beschlossene Sache.

–   Am gestrigen Mittwoch kam es deshalb in Spanien zum fünften Generalstreik seit der Redemokratisierung des Landes; laut Angaben aus Gewerkschaftskreisen beteiligten sich gut die Hälfte aller Beschäftigten.

–   Auch in anderen europäischen Staaten gingen viele Menschen gegen die von Deutschland forcierte Austeritätspolitik auf die Straße; in Portugal, in Griechenland und in Polen protestierten Tausende, in Brüssel demonstrierten mehrere zehntausend, nach Angaben aus Gewerkschaftskreisen 100.000 Menschen. Mit weiteren Massenprotesten ist angesichts des zur Zeit erst beginnenden Spardiktats zu rechnen.

[1] s. dazu Das Ende der Souveränität (II) und Deutsche Größe

[2] s. dazu Ein Tabubruch

[3] Refonte du pacte de stabilité: Paris conteste les sanctions automatiques; Le Monde 29.09.2010

[4] La question politique de l’euro; Les Echos 27.09.2010

————————-
Nyt      100929

September 29, 2010

Workers in Europe Protest Austerity Measures

By RAPHAEL MINDER and STEPHEN CASTLE

–   MADRID — As thousands of demonstrators marched in European capitals on Wednesday to protest recent austerity measures, officials in Brussels proposed stiffening sanctions for governments that fail to cut their budget deficits and debt swiftly enough.

–   Heavy industry in Spain and parts of the nation’s transportation network were brought to a standstill by the country’s first general strike in eight years. Here in the capital, laborers angry over the spending cuts and new labor rules that make it easier to fire workers clashed with the police.

–   In Brussels, the police estimated that 50,000 workers from across Europe had converged on the Schuman area, where many European Union[e] institutions are located. There was no sign of the violence that erupted in protests in Greece this year, and analysts said such demonstrations would do little or nothing to deter European governments from pursuing austerity measures.

–   The Brussels protest coincided with new proposals from the European Commission to impose semiautomatic fines on countries in the euro zone that fail to improve their finances. The currency union[e] has lacked a central authority to enforce budget discipline, allowing some member countries to exceed deficit limits with little fear of penalty. The perils of that became clear this year when Greece required a costly bailout that badly strained ties within the zone.

–   “We will pull the handbrake before the car rolls down the hill,” said the president of the European Commission, José Manuel Barroso, who also presented plans to punish nations that ignored injunctions to end severe economic imbalances in their wage, macroeconomic and fiscal policies.

–   The proposal could not be enacted before 2012, and until then governments face a tricky balancing act: cutting spending to reassure investors while trying to revive their economies — all without setting off more of a domestic political backlash.

–   France, which has faced a series of protests over plans to raise the retirement age in recent weeks, announced on Wednesday the country’s biggest deficit reduction pledge in two decades. It promised to narrow its budget deficit to 6 percent of gross domestic product next year from 7.7 percent this year. “The investors who finance our debt are paying close attention to our deficit plans,” said Christine Lagarde, the French finance minister, adding that “we will do what it takes” to meet the fiscal target.

–   As the world financial crisis unfolded, Spain suffered one of the deepest and longest recessions in Europe, coupled with a surge in the jobless rate to about 20 percent, double the average in the European Union. Under pressure from international investors, the government also cut billions in public spending to help lower a budget deficit that ballooned to 11.1 percent of G.D.P. last year.

Social unrest had been more limited in Spain than in Greece or Ireland, other countries hit particularly hard by the debt crisis.

–   Before the strike on Wednesday, the Spanish government obtained agreements with labor unions on maintaining minimum transportation and other basic services. These accords appeared to have held, to the relief of the government of Prime Minister José Luis Rodríguez Zapatero.

–   Spain’s general strike was called in June, when Parliament approved a labor market overhaul intended to lower the cost of firing workers by reducing severance pay. Union[e] leaders, however, decided to delay the strike to coincide with a broader day of social unrest across Europe. Spanish trade unions estimated participation in the strike on Wednesday at about 70 percent, but the government refused to enter into what Celestino Corbacho, the labor minister, called “a war of figures.”

–   In Athens, public transportation employees stopped work for several hours on Wednesday to protest job cuts while the debt-ridden national railway service was hit by a 24-hour strike to protest plans to downsize and privatize it.

–   Adding to the transport chaos, Greek truck drivers are in the third week of a strike that has also created tensions with Bulgaria, after reports of attacks on some Bulgarian drivers who had crossed into Greece. In Brussels, protesters set off firecrackers and waved huge banners attacking austerity measures. The police briefly detained 218 people, according to the Belgian newspaper Le Soir.

 

Raphael Minder reported from Madrid, and Stephen Castle from Brussels. Reporting was contributed by Alan Cowell and Katrin Bennhold from Paris, Eamon Quinn from Dublin, Niki Kitsantonis from Athens, James Kanter from Brussels, and Liz Robbins from New York.

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.