Dal Comitato permanente contro le guerre e il razzismo di Marghera, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Cosa preveda il decreto-Salvini è già noto, forse, a chi leggerà queste righe. Ma lo richiamiamo in breve per mostrare a quali interessi di regime serve questo che è il primo provvedimento di peso del governo in carica, che si è presentato come un governo “anti-sistema”.
Il decreto prevede:
- l’abolizione del permesso per protezione umanitaria, previsto oggi per un periodo dai 6 mesi ai 2 anni e rinnovabile, per persone che fuggono da paesi extra-europei in cui siano in corso conflitti bellici, disastri naturali o altri fatti di particolare gravità (ad esempio persecuzioni politiche). Al suo posto, un permesso di soggiorno per “casi speciali”, meglio: eccezionali – se si è in fin di vita, se si sono compiuti gesti di “particolare valore civile” (tipo: salvare dalla meritatissima punizione un esponente leghista che ha appena ucciso due o tre senegalesi), se si è vittime di “grave sfruttamento lavorativo” (e in Italia, paese della pacchia per gli immigrati, dov’è mai una situazione del genere?), etc.
- l’estensione e l’indurimento delle misure restrittive contro richiedenti asilo e immigrati – potranno essere trattenuti nei Cpr per 180 giorni (anziché 90) sia i richiedenti asilo, sia gli immigrati in attesa di rimpatrio; si allargano i casi in cui lo status di rifugiato o di titolare di protezione internazionale può essere negato o revocato; ai richiedenti asilo è vietato iscriversi all’anagrafe dei comuni e chiedere la residenza; può essere negato l’accesso alla cittadinanza anche a chi è sposato/a con un italiano/a e si introduce la revoca della cittadinanza per i reati di “terrorismo”.
- lo svuotamento degli SPRAR – le sole strutture che, in un certo numero di casi, fanno qualcosa per l’integrazione lavorativa degli immigrati – e il potenziamento delle strutture di reclusione amministrativa (Cpr, Cas, Hotspot) che dipendono direttamente dal ministero dell’interno: proprio i luoghi del cosiddetto sistema di accoglienza in cui gli abusi ad opera delle “forze dell’ordine” sono frequenti (secondo le denunce di Antigone e Acad), e ancora più frequente è la violazione dei diritti più elementari degli immigrati e delle immigrate, per non parlare poi delle truffe e delle irregolarità contabili.
- la reintroduzione del reato di blocco stradale (che era stato depenalizzato) con pene da 1 a 6 anni; l’inasprimento delle pene per gli occupanti di case, con la reclusione fino a 4 anni e multe fino ad oltre 2.000 euro – pene raddoppiate rispetto a quelle previste dal codice fascista Rocco, con la possibilità per i giudici di ricorrere alle intercettazioni telefoniche; la ulteriore militarizzazione dei vigili urbani dotandoli di pistole taser, armi “non letali” che però… uccidono; l’estensione dei daspo urbani.
- la liberalizzazione della vendita dei beni sequestrati ai mafiosi – in precedenza prevista solo a favore di enti pubblici, associazioni di categoria e fondazioni bancarie, ora allargata dal decreto-Salvini a tutti i privati purché non siano coniugi, conviventi, parenti o affini dei vecchi proprietari del bene – ora, in un paese in cui le imprese della criminalità organizzata sono così potenti che diversi presidenti del consiglio sono stati messi sotto inchiesta per favori (e contiguità) ad essa, figurarsi se hanno problemi a trovare dei prestanome per ritornare in possesso dei beni sequestrati.
Questo decreto è anzitutto un regalo ai padroni perché aumenta il numero degli immigrati costretti a restare in Italia senza permesso di soggiorno. Da circa 10 anni sono stati di fatto aboliti i “decreti flussi” che consentivano la regolarizzazione ex-post degli immigrati presenti sul territorio nazionale privi di permesso di soggiorno: quindi, salvo che in un numero limitatissimo di casi (dell’ordine di poche migliaia), non è più possibile entrare in Italia in modo regolare per ragioni di lavoro, o essere regolarizzati per ragioni di lavoro. Con questo decreto il nuovo governo riduce drasticamente questa possibilità anche per i richiedenti protezione internazionale perché, sopprimendo la protezione umanitaria, sopprime la principale via di accesso al permesso di soggiorno per “protezione” – i richiedenti asilo politico che ottengono un sì sono infatti pochissimi, meno del 10% delle domande. Il risultato, diametralmente opposto a quello sbandierato da Salvini e dai suoi compari di merende grillini, sarà quello di produrre nuovi “irregolari”. Secondo il direttore del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati, nel 2020 avremo 130.000 “irregolari” in più rispetto a oggi che si andranno a sommare agli attuali 500-600.000, costituendo una riserva di forza-lavoro a cui attingere per le mansioni e i carichi di lavoro più estremi. Carne da macello per padroni e padroncini d’ogni tacca, leghisti, grillini, forzitalioti, piddini (mai dimenticare le cooperative “rosse”!), per quella produzione “sommersa” su cui il sistema-Italia punta da decenni per restare a galla nella competizione mondiale, facendo sprofondare giorno dopo giorno la condizione dei lavoratori. L’abolizione della protezione umanitaria risulta particolarmente spietata nei confronti delle donne emigranti e richiedenti asilo che, per arrivare oggi in Italia, hanno dovuto subire nella gran parte dei casi violenze devastanti. Dunque, il “governo del cambiamento” si muove in perfetta continuità con i precedenti governi neo-liberisti di destra e di centro-sinistra: anche per la banda Salvini-Di Maio la politica migratoria è solo un capitolo della politica “del lavoro”, e serve prioritariamente a garantire profitti agli sfruttatori del lavoro immigrato e autoctono.
Nel caso delle imprese della criminalità organizzata, poi, il regalo è doppio. Perché alla fornitura di ulteriori migliaia di individui totalmente privi di diritti sospinti dallo stato a fare la manovalanza per lo spaccio di droga e simili attività anti-sociali (giustamente detestate da tanti, sia autoctoni che immigrati), si somma la decisione di vendere ai privati (al “miglior offerente”) i beni confiscati alle varie cosche mafiose da cui è infestata la società italiana – al 1945 ce n’era una sola confinata al Sud, al 1992 erano diventate 5, vere e proprie multinazionali del crimine, ed erano largamente sconfinate anche al Nord, con stretti in pugno il 25% del debito di stato e un discreto numero di amministratori di comuni, province e regioni. Finora questi beni non potevano essere venduti ai privati per cercare di impedire che attraverso prestanome potessero tornare in possesso dei loro originari proprietari o di loro affiliati o di cosche concorrenti. Il decreto Salvini (Di Maio) cancella questo divieto, e si può star certi che in dati ambienti, che hanno dato disposizione di votare in massa il 4 marzo per Cinquestelle e Lega, si è brindato.
Da parte di un governo così perdutamente innamorato del “popolo” (dei padroni e padroncini) non poteva mancare un provvedimento a favore dei poveri palazzinari che punisse i “criminali”, che in questo caso sono soprattutto autoctoni, costretti ad affermare con l’occupazione di palazzi vuoti il proprio “diritto all’abitare” altrimenti negato. Detto fatto: raddoppio delle pene per i facinorosi che osano/oseranno violare il “sacro diritto di proprietà“: copyright by Salvini, il punto di riferimento degli indecenti “sovranisti di sinistra”, che senza battere ciglio si trovano nella ottima compagnia del presidente di Confindustria (“crediamo fortemente nella Lega, per la quale abbiamo grandi aspettative”), dei produttori di armi, dei palazzinari, dei vari Bannon, Le Pen, Kurz, Orban, etc.
Tanto meno poteva mancare, in un decreto liberticida come questo, una misura specifica contro le lotte dei facchini della logistica, le più accese lotte dell’ultimo decennio in Italia – ed infatti non manca. Il governo vuole intimidire, e se possibile stroncare, questo gagliardo movimento di lotta cresciuto intorno al SI Cobas, e ad iniziative congiunte SI Cobas-Adl Cobas. Già a giugno scorso Marcucci, il presidente di Confetra (Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica), premessa una solenne ripulsa del caporalato, delle “cooperative spurie” e delle “esternalizzazioni in dumping sociale”, dopo aver giurato di voler applicare ovunque e rigorosamente il Ccnl e la parità di condizioni tra “lavoratori italiani e stranieri” (accidenti che brava persona!), concludeva così: “Proprio per questo crediamo che le aziende associate abbiano il diritto di rappresentare allo stato l’impossibilità di sopportare ancora la strumentalizzazione di lavoratori stranieri per realizzare blocchi e picchettaggi promossi da organismi pseudo sindacali che spesso con l’aiuto di estranei impongono la loro volontà ad altri lavoratori anche con la violenza”. Salvini&Co., da servi dei padroni quali sono, hanno prontamente risposto apprestando a favore dei boss della logistica un nuovo strumento giuridico per colpire esattamente quelle forze e quei lavoratori che hanno dato in questi anni seri colpi al sistema del caporalato, alle “cooperative spurie”, alla violazione pressoché generalizzata del Ccnl, alle discriminazioni sistematiche ai danni dei proletari immigrati.
Chi si illude, tra i lavoratori, che queste misure porteranno “maggiore sicurezza” nelle città, ne sarà piuttosto presto disilluso. Il modello-Salvini l’abbiamo già visto in opera a Mestre il 10 luglio scorso con una maxi-retata (500 agenti con elicottero e blocco totale dell’area della stazione) per mettere fine alla fiorente attività dei rivenditori di droghe – Mestre è la città d’Italia con il maggior numero di morti per droga. Colpita una banda di nigeriani per l’eroina-killer da loro spacciata. Sennonché dopo 3-4 giorni tutto è tornato come prima; lo spazio è stato ripreso da un circuito di vecchi spacciatori al minuto di origine maghrebina. E i grandi fornitori, i grandi grossisti della droga? Quelli (al 99% italiani) sono, è noto, al di sopra della legge, dunque intoccabili e intoccati. Il bisogno di droga, di ogni tipo di droghe, è così radicato in date aree della società, e così utile al mantenimento dell’ordine capitalistico, che solo una grande, durissima lotta congiunta tra proletari autoctoni e immigrati potrebbe bonificare per davvero una situazione imputridita. E questa lotta di liberazione dalla schiavitù della droga non sarebbe semplicemente contro le organizzazioni criminali italiane e straniere, sarebbe necessariamente anche contro le protezioni statali di cui esse hanno sempre goduto e continuano a godere con questo governo.
Torniamo al punto-chiave: la lotta! La lotta di massa contro questo governo e il suo decreto-Salvini. Abbiamo notato con piacere che questo decreto è stato criticato da più parti. Esclusi quelli che oggi lo criticano (piuttosto blandamente) ma ieri avevano applaudito ai provvedimenti anti-immigrati di Minniti e Lupi, agli altri diciamo: se la vostra critica non è semplicemente verbale, date forza al corteo del 27 ottobre a Roma!
Comitato permanente contro le guerre e il razzismo di Marghera