I bimbi “rubati” di Reunion fanno causa alla Francia

Negli
anni 60 furono trasferiti dalla colonia caraibica alle campagne

PARIGI – Sembra una storia da film e invece è il
dramma vero che hanno vissuto centinaia di bambini della Reunion, la bella
isola caraibica colonizzata dalla Francia. Negli anni Sessanta, quasi 1.600
minorenni sono stati trasferiti con aerei e navi verso la Francia. I bambini
sono stati strappati alle loro famiglie, spesso povere e quasi sempre costrette
dagli ufficiali a firmare un certificato di abbandono, per andare a lavorare
come braccianti nelle campagne francesi. Il piano di «trasferimento» era stato
studiato da Michel Debré, storico ministro del generale de Gaulle e allora
deputato per la Reunion.
L´uomo politico, morto nel 1996, è adesso il primo accusato nel processo
che, quarant´anni dopo, i «bambini rubati» hanno intentato contro lo Stato
francese.
Un gruppo di ex figli della Reunion ha infatti denunciato la Francia per
«violazione dei diritti dell´infanzia e dei diritti dell´uomo» ai tribunali di
Limoges e Bordeaux. Chiedono giustizia ma soprattutto – come hanno spiegato a
Le Monde – vogliono che lo Stato francese riconosca «tutto il male che hanno
dovuto subire»
. I bambini della Reunion furono trasferiti (loro dicono
«deportati») fino ai primi anni Ottanta. Venivano inviati nelle regioni rurali
del centro del Paese, soprattutto nella Creuze. Alcuni erano accolti in
istituti, altri affidati a famiglie di agricoltori. «Lavoravamo nelle fattorie
dalle cinque di mattino fino alle dieci di sera» ha raccontato Jacques Dalleau,
tolto alla sua famiglia dall´età di 6 anni.
Molti dei minorenni esiliati in Francia non hanno superato il trauma
. Sono
finiti a vivere per strada, alcolizzati, drogati, dentro ospedali psichiatrici.
Sono stati contati dieci suicidi nella comunità. «Diventati adulti, hanno
sviluppato gli stessi sintomi di autodistruzione di certe vittime di stupro»,
spiega la psicologa Lydie Cazanove. Soltanto nel 2000 hanno infine avuto
accesso alla verità, potendo leggere i dossier sulle loro origini. Jean-Jacques
Martial, imbarcato all´età di 7 anni per la Francia, ha deciso cosi di riprendere
il cognome dei suoi genitori, lasciando quello della famiglia francese che lo
aveva adottato. «La Francia ha fatto di me un morto-vivente», scrive nel suo
libro intitolato «Infanzia rubata».

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