Grazie alle sue numerose opere di assistenza sociale, Hamas gode di grande popolarità e può condizionare non solo queste elezioni, ma soprattutto le amministrative del 27 gennaio
GAZA – «Se Hamas partecipasse al voto, vincerebbe». Alì, 30 anni, uno dei duemila pescatori che ogni notte affronta il mare e le motovedette israeliane, è sicuro di quello che dice. E per dimostrare perché il movimento islamico più temuto da al Fatah abbia tanto consenso, ci indica con la mano un asilo infantile appena finito di costruire. Una struttura bianca che si affaccia sul Mediterraneo, con un giardino curato all´interno, sette classi, banchi, sedie, manifesti colorati alle pareti, una sala giochi, una piccola mensa. Un sogno, nella devastazione di Gaza city dove il traffico si muove tra detriti, casa sventrate, montagne di immondizia, strade dissestate dalle esplosioni, la sabbia della costa che invade la carreggiata. Asili come questo ce ne sono altri 31. Sparsi un po´ ovunque nella Striscia. E tutti realizzati con i soldi delle associazioni islamiche, sigle dietro le quali si cela Hamas, raccolti tra i fedeli nelle moschee, ricchi donatori del Golfo, contributi religiosi imposti dal Corano ad ogni buon musulmano. Milioni di dollari. Molti dei quali finiscono sicuramente in armi. Anche se la fetta più consistente si trasforma in case, ospedali, cliniche, ambulatori.
Fra una decina di giorni ci sarà l´Id al adha, la festa del sacrificio. Ogni famiglia sgozzerà l´agnello che avrà comprato e nutrito per due settimane e ricorderà appunto il sacrificio di Abramo, forse una delle ricorrenze più sentite in tutto l´Islam. Ma non tutti potranno farlo. Perché un piccolo montone costa e pochi, soprattutto qui a Gaza, dove la disoccupazione sfiora il 70 per cento, se lo possono permettere. Per colmare disparità e attenuare frustrazioni, Hamas ucciderà decine di capi di bestiame, anche mucche, e distribuirà la carne alle famiglie più povere. Nei campi profughi, nei quartieri costruiti con le lamiere, nelle aree più degradate dove i muri sono tappezzati con le foto dei kamikaze o sorgono i cimiteri dei martiri uccisi nelle sparatorie con l´esercito israeliano. Poco più in là, la grande arteria che taglia verso sud la città, la Saladin Street, sembra reduce da un bombardamento. Il traffico fatica a farsi largo tra le macerie.
Ruspe e bulldozer lavorano incessantemente. «La stanno ricostruendo», spiega Mohammed, la nostra guida. E aggiunge, pensieroso: «Per la quarta volta». I muri della case rimaste in piedi sono sbrecciati da centinaia di colpi. Fosse profonde due, tre metri ricordano l´impatto degli obici. «Sei mesi fa – ricorda – ci fu un´incursione israeliana. Molte case furono distrutte, altre fatte saltare in aria. Dicevano che appartenevano alle famiglie degli attentatori suicidi». Davanti alla disperazione dei proprietari è intervenuta Hamas. Ha tirato fuori i soldi e ha ricostruito. «Una settimana fa ha dato 70 mila dollari a quaranta famiglie», aggiunge Mohammed. «Potranno viverci per mesi». Una forma di indennizzo che si traduce anche in assistenza medica gratuita, lavoro, istruzione scolastica. Cose concrete. Ed è proprio sulla concretezza e su una distribuzione equa delle finanze raccolte che il gruppo islamico fonda il suo consenso. I contrasti con la corruzione e i privilegi che hanno dominato l´Anp sono stridenti. Qui creano fiducia e sostegno. Quindi, voti. Lo ricorda anche Sami Abu Zuhri, nuovo portavoce del gruppo. «La forza elettorale di Hamas si vedrà il 27 gennaio, quando sono fissate le consultazioni amministrative. Noi abbiamo deciso di non partecipare a quelle presidenziali per motivi politici e tecnici. Non possiamo eleggere un presidente senza aver prima eletto un Parlamento. Non avrebbe legittimità. Bisogna prima riformare le istituzioni interne palestinesi, come l´Olp, e poi procedere a crearne delle nuove».
Abu Mazen è dato per favorito anche nella Striscia. Ma al Fatah non nasconde le sue preoccupazioni. Nonostante le smentite ufficiali, si sa che Hamas darà indicazione di votare per Mustafa Barghouti, il rivale più forte del presidente dell´Olp, già appoggiato dall´Fplp. E questo potrebbe erodere fette consistenti di voti al candidato dato per vincente. Se il divario tra i due fosse minore di quello che stimano i sondaggi (65 e 22 per cento), tutti saprebbero da dove è arrivato il contributo. E Hamas potrebbe incassare la cambiale dell´astensione. La gente di Gaza andrà a votare. In massa. Ma questo, sebbene sia un segnale per Hamas, non preoccupa affatto il gruppo.