I sunniti concordi nel far pesare la poca partecipazione sunnita alle elezioni ma divisi fra chi intende partecipare ai nuovi organismi statali e chi li rifiuta
BAGDAD – I sunniti alzano il tiro e pongono subito condizioni per la ripresa di un dialogo. «Rispettiamo la scelta degli iracheni», affermano gli esponenti del Consiglio degli Ulema, massima autorità religiosa della componente etnica minoritaria in Iraq, «ma sappiate fin d´ora che contestiamo la legittimità degli organismi che saranno formati. Sono queste elezioni a mancare di legittimità. Una larga fetta della popolazione le ha boicottate e questo vuol dire che l´Assemblea nazionale e il governo che ne usciranno, non potranno avere l´investitura ufficiale per scrivere la nuova Costituzione, adottare misure legate alla sicurezza o concludere accordi economici».
Per la prima volta gli Ulema, che godono di grande carisma religioso tra i sunniti e che per decenni hanno guidato dietro le quinte questo paese, si rivolgono ai grandi del mondo e li invitano a calibrare bene le mosse del futuro. In pratica, una minaccia. «Mettiamo in guardia l´Onu e la comunità internazionale sul rischio di dare legittimità a queste elezioni. Quanto è accaduto aprirà le porte ad un malessere di cui essi saranno i primi a patire». Il messaggio è come un segnale. Spinge molti leader sunniti ad uscire allo scoperto, dopo il silenzio degli ultimi giorni, segnato da una sconfitta che appare inevitabile. Ghazi al Yawar, presidente provvisorio iracheno, anche lui sunnita, batte il tasto del mancato voto.
Spiega che moltissima gente ha dovuto rinunciare ad un suo diritto per problemi organizzativi. «Tra i sunniti», insiste, «c´era una larga fetta che voleva votare. Ma non lo ha potuto fare perché mancavano le schede, i seggi erano chiusi, le gravi condizioni di insicurezza spingevano la gente a restare in casa. E´ accaduto a Mosul, a Bassora, a Bagdad, a Najaf». Il presidente del Comitato elettorale, Abdel Hussein al Hindaui, riconosce la fondatezza della denuncia. «Alcuni uffici elettorali», ha detto, «sono stati chiusi, le schede sono arrivate nei centri di voto in numero insufficiente. A Ninive, a Salaheddine, a Taamin, le persone non hanno avuto scelta: sono tornate a casa senza aver potuto votare». Situazione analoghe si sarebbero verificate anche nel nord. Duecentomila votanti, molti dei quali curdi cristiani, si sono presentate ai seggi e non hanno trovato le schede. Solo nel pomeriggio di domenica, quando gli scrutatori hanno chiamato i centri di raccolta e hanno spiegato cosa stava accadendo, è arrivato il materiale. Ma era troppo tardi.
Lo spoglio va a rilento: finora sono state contate 11 mila schede. Solo un terzo delle urne è giunta nel centro di raccolta a Bagdad. Ma il presidente del Comitato è ottimista. Arriva a pronosticare che entro tre giorni si conosceranno i risultati.
Speriamo che non sia mosso dallo stesso slancio che domenica scorsa gli fece annunciare e poi smentire un´affluenza alle urne del 72 per cento. A Bagdad, la gente per strada parla apertamente di sconfitta del terrorismo; critica le scelte della resistenza, rimasta prigioniera della violenza, senza produrre in questi due anni alcun progetto politico. Il voto è stato anche un voto di condanna. E non nei confronti delle guerriglia che, qui in Iraq, godeva di un consenso più vasto di quanto si possa immaginare. Ma contro il buio, l´assenza di prospettive, del fronte degli insorti. Mentre Abdel Aziz al Haqim, potente leader sciita, rivendica il posto da primo ministro, i sunniti si ritrovano divisi al loro interno. Alcuni delusi, altri infuriati. Moltissimi si sentono messi all´angolo e recuperarli diventa un obbligo. Impossibile progettare il futuro del paese senza di loro.
Il ministro Adnane al Janabi, che conduce le trattative, chiede di coinvolgere nel negoziato i vecchi baathisti e i capi religiosi sunniti. «Fanno parte del popolo iracheno», spiega. «Erano convinti che il progetto elettorale sarebbe fallito, puntavano tutto sulla lotta all´occupante. Ma vanno assolutamente recuperati».
Gli attentati sembrano diminuiti ma continuano: nelle ultime 24 ore sono morti almeno 11 iracheni Nella notte di lunedì, a Bagdad, il numero due del ministero dell´Industria, Haqim al-Hassani, è sfuggito ad un agguato. Illeso dopo un´aggressione anche lo sceicco Khaled Noumani, leader del partito sciita Sciri per Najaf.