GIGANTI CON I PIEDI DI ARGILLA E GIGANTI DI CLASSE

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È recente la notizia della fusione tra due grandi gruppi europei del settore cementiero: il tedesco Heidelberg Cement acquisirà la quota di controllo del 45% dell’italiano Italcementi della famiglia Pesenti. Una manovra che segue di poche settimane l’annuncio della fusione tra altri due giganti, il francese Lafarge e lo svizzero Holcim. La concentrazione del settore serve per mantenere la competitività internazionale nella gara per l’acquisizione di nuovi mercati, soprattutto nei paesi

emergenti e nei PVS dove la domanda di infrastrutture è in forte crescita.

I giornali italiani hanno accompagnato la notizia con commenti a favore o contro la cessione di un altro storico gruppo italiano a società estere; hanno velocemente accantonato la questione occupazionale assicurando con le parole di Carlo Pesenti che “Il controllo del gruppo in mani tedesche … non dovrebbe comportare problemi a livello occupazionale per gli stabilimenti italiani[1] di Italcementi”.[2]

Heidelberg Cement, da parte sua, informa sul proprio sito che l’acquisizione di Italcementi rappresenta un’opportunità unica per accelerare la propria crescita. Italcementi opera in 22 paesi, ha una forte posizione sul mercato di Francia, Italia, USA e Canada; è ben posizionato nei mercati emergenti, con forte potenziale di crescita in India, Egitto, Marocco e Tailandia. E via dicendo…

Quello che non viene riportato sono le condizioni di lavoro degli addetti del settore.

Cerchiamo perciò di dare alcune informazioni a riguardo, in particolare sui problemi dei salariati indiani del cementiero.

L’India è il secondo maggior produttore di cemento del mondo dopo la Cina, con il 7% del totale, ed è anche tra i maggiori consumatori grazie alla forte crescita, negli ultimi due decenni, del settore infrastrutture e costruzioni.

Il cementiero è una parte vitale dell’economia indiana ed occupa, direttamente o indirettamente, oltre 1 milione di salariati. Esso è alquanto concentrato, dato che 188 impianti rappresentano complessivamente il 97% della capacità produttiva, e 365 piccoli impianti il rimanente 3%. Dopo la sua deregolamentazione nel 1982, il cementiero indiano ha attratto enormi investimenti, indiani ed esteri, tra i grandi gruppi stranieri i francesi Lafarge e Vicat, e lo svizzero Holcim. Lo sviluppo del settore abitativo, che conta per circa il 67% del consumo totale di cemento[1] e alcuni recenti progetti di infrastrutture del governo indiano per 1000MD di $, tra cui la creazione di 100 città “intelligenti”, l’utilizzo del cemento anziché del bitume per la pavimentazione di nuove arterie stradali daranno nel loro insieme una forte spinta al cementiero indiano. Per esso si prevede una crescita annuale composta dell’8,96% nel periodo 2014-2019; nel prossimo decennio l’India diverrà il maggior esportatore di clinker e di cemento grigio in Medio Oriente, Africa e altri PVS, e diversi gruppi stranieri cercheranno di entrarvi, attratti dai margini di profitto, ma anche dalle facilitazioni normative e fiscali garantite dal governo indiano.

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Il sindacato dei lavoratori interinali PCSS del settore cementiero ha organizzato il 1° luglio una assemblea nella provincia mineraria indiana di Chahattisgarhha, dove i giganti del settore Holcim e Lafargue hanno due impianti ognuno. Da 25 anni PCSS sta cercando di far applicare la tabella salariale nei due impianti di ACC a Jaul e Ambuja.

Questo accordo, valido per tutta l’industria cementiera dell’India, prevede che non possano esserci lavoratori interinali nella produzione del cemento, tranne che per i reparti di carico-scarico e confezionamento. In realtà i lavoratori precari nel cementiero rappresentano il 52% del totale.[1] La normativa prevede anche che tutti i lavoratori siano retribuiti in base a quanto stabilito dalla commissione per i salari del settore, che sono circa 3 volte gli attuali salari minimi, meno di €4 al giorno.

PCSS – che ha una tradizione di partecipazione di massa, è legato alle famiglie dei lavoratori e gestisce una scuola elementare per i loro figli – ha condotto le sue lotte sia nelle piazze che nei tribunali per imporre decreti a tutela dei salariati.

Questo sindacato si occupa anche dei temi che riguardano le donne lavoratrici e le comunità di lavoro nelle campagne; ha chiesto posti di lavoro a tempo indeterminato per gli agricoltori che hanno perso la loro terra forzatamente ceduta agli impianti cementieri; lotta contro i danni causati dalle esplosioni nelle miniere in vicinanza ai villaggi, come pure contro l’appropriazione di beni comuni da parte degli impianti cementieri.

Tramite industriAll, PCSS ha sollevato la questione dei lavoratori interinali di Holcim e delle loro comunità a Berna, Svizzera, presso il Punto di contatto nazionale dell’OCSE. Ma Holcim continua nel suo comportamento arrogante.

La battaglia più importante in corso è quella del re-impiego e riqualificazione di oltre 1000 lavoratori interinali, che per decenni hanno lavorato nel vecchio impianto ACC Jamul, e per i quali il tribunale ha emesso ordini di regolarizzazione. Essi però rischiano di essere espulsi con la messa in funzione del nuovo impianto. Questa battaglia contro il lavoro precario è appoggiata anche da IndustriAll, in particolare dalla sua sezione per il Sud Asia.

Oltre alla precarietà del rapporto di lavoro, gli addetti alla produzione del cemento sono sottoposti a condizioni di forte nocività per la salute, con danni a polmoni, stomaco e intestino.

Da un’indagine sulle fabbriche di cemento del Kashmir[2] risultano 19 tipi di disturbi derivanti dall’esposizione alla polvere di cemento: reazioni allergiche che riguardano le vie respiratorie, bronchite cronica, asma, enfisema, cancro polmonare, polmonite, tubercolosi, mancanza di respiro, tosse, dispnea, ictus, dolore toracico, battito cardiaco irregolare, gonfiore alle gambe e piedi, pressione alta, irritazione agli occhi, allergie cutanee, ansia e stanchezza.

Gli incidenti sul lavoro non mancano negli impianti cementieri. IndustriAll riferisce di 5 vittime nel silo dell’impianto di Holcim di Bhatapara nella summenzionata provincia di Chhattisgarh nel gennaio 2013, un altro incidente mortale nell’aprile 2014; in due soli mesi a fine 2014, ci sono stati 5 incidenti con due lavoratori morti e due feriti, in un impianto di Ultratech Cement, impianto premiato per “Zero Incidenti”!! Oltre il 50% degli incidenti mortali sul lavoro avvengono in Asia, e la maggior parte in India. Inoltre, denuncia IndustriAll, la maggioranza delle vittime e dei feriti è costituita da lavoratori precari.

Se su un piatto della bilancia mettiamo la forza economica dei giganti mondiali del settore, il processo di concentrazione in corso con gli scontri che ne derivano e sull’altro le condizioni operaie del cementiero indiano non possiamo che constatare lo squilibrio attuale di forze.

Il fattore in grado di invertire l’equazione è la capacità dei lavoratori di organizzarsi e di costituirsi in forza politica autonoma, collegandosi ai compagni di classe negli altri paesi.

Lo sforzo dell’organizzazione sindacale può essere il primo passo in questa direzione.



[1] LiveMint, Contract workers make up 46% of workforce of India’s largest industrial companies – I lavoratori interinali raggiungono il 46% della forza lavoro nei maggiori gruppi industriali dell’India (19.03.2014; http://www.livemint.com/Money/zSFof4LqBrTfX3dxvp8Y2I/Contract-workers-make-up-46-of-workforce-of-Indias-largest.html)

[2] Del maggio 2013, riportata da International Journal of Scientific and Research Publications, Volume 3, Issue 5.



[1] Le infrastrutture contano per il 13%, le costruzioni commerciali per l’11% e quelle industriali per il 9%.



[1] 3000 i salariati in Italia.

[2] Il Giorno 31.07.2015