Gerusalemme, arabo ucciso «Ha venduto casa agli ebrei»

ISRAELE, MEDIO ORIENTE

CORRIERE Ven. 14/4/2006  
Davide Frattini

«Agenzie immobiliari» acquistano abitazioni per creare
enclave israeliane nella Città Santa

Organizzazioni religiose ebraiche comprano appartamenti
nella Gerusalemme araba per crearvi enclavi ebraiche. Ma chi vende a loro
rischia (o perde) la vita.

GERUSALEMME – Al secondo piano, due guardie armate
israeliane controllano dal balcone i ragazzi palestinesi che assediano il
portone. Al primo piano, gli amici vengono a portare le condoglianze alla
famiglia di Mohammed Abu al-Hawa. Al secondo piano, risuonano le preghiere che
festeggiano la pasqua ebraica. Al primo piano, un altoparlante diffonde i versi
del Corano per celebrare il lutto.
I nuovi vicini di casa, come li chiamano tra disprezzo e ironia gli abitanti
di A-Tur, sono arrivati una decina di giorni fa. Nella notte, la polizia ha
sgomberato gli appartamenti e gli inquilini si sono installati in due palazzi,
i primi «conquistati» in questo quartiere arabo.
Due palazzi che sono costati la vita a Mohammed Abu al-Hawa. Avrebbe venduto la
sua parte di proprietà all’organizzazione Elad. E chi vende agli ebrei, chi
permette che stabiliscano i loro «avamposti fortificati» a Gerusalemme Est,
viene accusato di collaborazionismo e condannato a morte
: la settimana
scorsa, un ristorante della famiglia era stato bruciato, uno dei parenti era
stato portato a Ramallah per essere interrogato dalle forze di sicurezza e ieri
la polizia palestinese ha ritrovato a Gerico il corpo di Mohammed, freddato in
un’esecuzione rivendicata dalle Brigate Al Aqsa.
«Mohammed non sapeva chi fossero i compratori – ripete il fratello Ibrahim
ad alta voce, che tutti lo sentano -. Si sono presentati nella notte con una
valigetta piena di soldi, un contratto con la firma di mia madre. Lui ha detto
che non se ne andava, che la firma era falsa. "Se hai paura delle
vendette", gli hanno detto, "ti proteggiamo noi"». La madre non
ha lasciato l’appartamento al primo piano, ma tutto il palazzo sarebbe stato
ceduto attraverso un avvocato per un milione e mezzo di dollari. «Sono un
sacco di soldi – commenta uno dei vicini – per un edificio costruito senza
permesso, se ne vale 250 mila è tanto. Mohammed non poteva non immaginare da
chi venisse la proposta. Nessun palestinese offrirebbe tanto»
.
Per organizzazioni come Elad o Ateret Cohanim, le case in questa zona di
Gerusalemme sono senza prezzo
. Dai tetti piatti di A-Tur, in cima al monte
degli Ulivi, si domina la Città Vecchia, l’oro della Cupola della Roccia –
l’area del Monte del Tempio per gli ebrei – risplende vicino. Queste
«agenzie immobiliari» messianiche lavorano per costituire delle enclave in
mezzo ai quartieri arabi: qui come a Silwan, poco fuori dalle mura, la bandiera
israeliana è stata issata sulle terrazze circondate dal filo spinato. Per non
correre rischi ed evitare di muoversi nei vicoli affollati, i nuovi abitanti si
muovono da un palazzo all’altro attraverso passerelle lanciate tra i balconi
.

La missione, ribattezzata «lo scudo di Gerusalemme», è portata avanti
soprattutto da studenti delle yeshivot, le scuole religiose, o da coloni
arrivati dagli avamposti in Cisgiordania: oggi oltre 150 famiglie vivono in
mezzo a 220 mila arabi. «Il nostro obiettivo – ha spiegato Daniel Luria,
portavoce di Ateret Cohanim, al Washington Post – è recuperare le terre di
quegli ebrei che furono costretti a fuggire durante le rivolte tra gli anni
Venti e Trenta. Non espropriamo, tutto avviene in modo legale»
.
B’Tselem, associazione israeliana per i diritti umani, denuncia che costruire
in queste aree significa «creare dei fatti sul terreno per arrivare a un punto
di non ritorno». O come ha commentato Danny Rubinstein sul quotidiano
Haaretz : «È la battaglia per la capitale. Plasmare una situazione che cancelli
la possibilità di decretare Gerusalemme Est capitale di uno Stato palestinese.
Ed è chiaro che senza un accordo finale su Gerusalemme non esisterà alcun
accordo finale»
.
Daniel Luria ripete che la sua organizzazione «non vuole impedire la nascita di
uno Stato palestinese. Ma se il risultato dei nostri progetti è che Gerusalemme
non potrà essere divisa, ben venga. La città appartiene al popolo ebraico e
sarebbe un disastro se non restasse unita».
Poco dopo le elezioni, Othniel Schneller, neoeletto parlamentare di Kadima,
aveva disegnato una possibile mappa della separazione di Gerusalemme, secondo
confini che avrebbero l’approvazione del premier Ehud Olmert
: la Città
Vecchia e il cosiddetto «bacino sacro» – Monte Scopus, Monte degli Ulivi, Città
di David (Silwan, per i palestinesi) e Sheikh Jarah – rimarrebbero sotto
controllo israeliano. Alcuni quartieri della periferia a Est, quasi tutti già
tagliati fuori dal muro come Abu Dis, andrebbero all’Autorità palestinese.

 

La
città divisa

1947 Il Piano di partizione della Palestina
(risoluzione 181) stabilisce che Gerusalemme è città internazionale
amministrata dall’Onu
1949 Israele dichiara Gerusalemme (Ovest) capitale dello Stato
1967 Dopo la guerra dei Sei giorni, Israele annette anche Gerusalemme
Est e nel 1980 dichiara l’intera città «capitale eterna e indivisibile»,
nonostante le critiche dell’Onu e della comunità internazionale che continuano
a considerare capitale Tel Aviv
2006 Il Primo ministro Ehud Olmert annuncia di voler dividere
Gerusalemme, cedendo ai palestinesi quartieri della città confinanti con la
Cisgiordania

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