I padroni, in questi tempi della grande guerra competitiva, ci vogliono arruolati nei loro eserciti.
Con le braccia, e con la mente. Le braccia, quando reggono, ce le pagano poco.
La mente, ce la vogliono plasmare, motivare. Le nostre braccia e la nostra mente al servizio della loro guerra contro gli altri eserciti di lavoratoti sul mercato mondiale.
Non basta lavorare, sempre di piu’, sempre peggio, a ritmi e produttività aumentate.
Dobbiamo credere a quello che facciamo, aderire, partecipare, combattere la guerra dei padroni.
Per questo, ogni autonomia teorica, politica ed organizzativa dei lavoratori va bandita…
L’aumento del comando e del controllo sul lavoro e sui lavoratori significa l’aumento parallelo della funzionalizzazione procedurale, della motivazione “stimolante”, e della qualità.
“Gioco di squadra e gestione a vista” fanno il resto.
In sostanza, allo scopo di combattere, da parte aziendale, il progressivo aumento dello stress e dell’insoddisfazione da lavoro, si cerca di generare all’interno dell’organizzazione di ogni unità produttiva una cultura etica, conoscenze metodologiche e comportamenti atti ad accrescere nei lavoratori atteggiamenti proattivi nelle prestazioni aziendali, per migliorare la soddisfazione della clientela e ridurre i costi della cattiva qualità.
La qualità diventa quindi uno strumento della migliore concorrenza con altri competitors, finalizzata al conseguimento ed al mantenimento della “certificazione di qualità”.
Strettamente connessa al traguardo della “qualità totale”, è la creazione di un’area di lavoro organizzata in forma snella, che comprende la riduzione degli impianti-uffici fissi nonché l’accorpamento di questi nella “gestione a vista”, tesa a migliorare i livelli qualitativi “immediati” dei prodotti, siano essi materiali o immateriali ( servizi, assistenze, informazioni ).
Di derivazione giapponese, la “gestione a vista” per l’”organizzazione snella” va inserita nell’ambito logico culturale che la guida: lo “spirito del samurai” ( kaizen ), cioè l’impegno sistematico nell’introspezione e nel miglioramento continuo che, nel caso dell’erogazione di un servizio alla clientela, fa diventare il “cliente come un dio” ( shokon ).
La combinazione del kaizen con lo shokon ha prodotto, nei decenni passati, la conquista giapponese dei mercati di tutto il mondo, ed oggi, il veloce superamento della crisi post-tzunami dell’11 marzo 2011.
Come sempre in ritardo, i nostrani padroni, compresi quelli Trenitalia, stanno cercando di riprodurre, per le stesse motivazioni concorrenziali, anche in Italia lo stesso spirito del samurai giapponese.
Il senso della versione Italica del metodo giapponese delle 5 esse
Il metodo delle “5 esse” rappresenta fondamentalmente la base per organizzare la “gestione a vista” di tutte le attività di qualsiasi unità produttiva.
Un approccio, quello di “visualizzare per meglio gestire”, molto simile all’impostazione dell’”ora et labora” della Regola Benedettina, nella quale si teorizzava che è l’organizzazione a creare la comunità ( attraverso regole, disciplina, comportamenti collettivi omogenei e condivisi ).
Appunto, una sorta di battaglione di un esercito.
Il metodo ed il sistema di funzionamento basato sulle “5 esse” da’ risultati proporzionalmente al grado di coinvolgimento e di identificazione dei lavoratori con l’azienda, e la sua mission profittale.
Infatti, ogni “soldato lavoratore” è chiamato a vigilare sui processi operativi e sui suoi colleghi operatori in modo sensibile al “valore” che si produce.
Centrale in questo ambiente proattivo è il ruolo giocato dai responsabili di gruppo, veri e propri “caporali di squadra”, quadri deputati al comando specifico sul campo, al controllo ed alla motivazione ulteriore della “truppa”.
Un metodo gerarchico di affiliazione organizzata che, producendo l’”effetto squadra”, chiama a raccolta in maniera sinergica tutte le forze attive consentendogli di competere in forma vincente.
Le “5 esse”
Filo conduttore del “programma delle 5 esse” è l’ordine, vera finalità esplicitamente conseguita sia nelle attività base che in quelle specifiche di ogni processo produttivo materiale ed immateriale.
1°) SEIRI
La prima fase del programma inizia semplicemente con il mettere le cose in ordine, separando il necessario dal superfluo, in modo da accorciare tutte le operazioni procedurali.
Operativamente, questa prima fase si avvale dell’attivazione dei “gruppi operativi” polifunzionali, cui assegnare una specifica competenza.
2°) SEITON
Una seconda fase dedicata alle disposizioni funzionali ad eliminare la necessità di cercare le cose.
“Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa” per mantenere l’oggettistica lavorativa
( ma anche quella personale! ) nella giusta disposizione, in modo tale da poterla individuare ed utilizzare rapidamente.
L’aumento della velocità in tutte le operazioni e la loro produttività divengono cosi’ il frutto dell’eliminazione degli sprechi di tempo nel cercare le cose.
3°) SEISO
Ossia, come tenere pulito ed ordinato il posto di lavoro.
Un principio da applicare su tre livelli, aziendale, unità produttiva, attrezzatura e posto personale.
Quindi, dopo aver eliminato gli oggetti non necessari ( SEIRI ), aver ordinato quelli necessari ( SEITON ), si attua la terza fase: pulizia sistematica degli ambienti dei posti di lavoro.
4°) SEIKETSU
E’ questa la fase della standardizzazione, cioè della definizione e del mantenimento dei risultati raggiunti nelle prime tre fasi.
La generalizzazione e la condivisione delle regole acquisite dovrebbe spingere i lavoratori ad una maggiore motivazione e ad un maggior coinvolgimento in tutto il ciclo produttivo.
5°) SHITSUKE
L’ultima fase è quella della disciplina organizzativa, individuale e di squadra.
Infatti, SHITSUKE significa proprio “sostenere con disciplina”, mettere in pratica le regole, eliminare le cattive abitudini, formare alle buone abitudini.
La diffusione all’interno dei posti di lavoro del “metodo delle 5 esse” viene supportata da apposite campagne informative e di coinvolgimento ( truccate spesso da corsi di aggiornamento ) che hanno come obiettivo la sostanziale fidelizzazione del lavoratore all’azienda, con l’auspicabile fine di ogni conflittualità. Noi sappiamo che il conflitto di classe, in quanto fenomeno storico-naturale ed oggettivamente determinato, non può essere abolito da nessuna legge, da nessun decreto, da nessun metodo. Ma può essere ritardato, ingabbiato, ammorbidito proprio dal proliferare di questi metodi di partecipazione psicologica alla logica di impresa.
La sostanziale complicità dei sindacati a queste logiche aiuta le aziende nell’impresa di trasformare i lavoratori, quando non in azionisti, in partecipanti proattivi del profitto, oggettivamente schierati in competizione con i loro fratelli di classe di tutte le altre aziende. Conoscere questi “nuovi” sistemi di comando, controllo e sfruttamento dei lavoratori, della loro mente oltre che delle loro braccia, è fondamentale per combatterli.
Non diventeremo samurai.
Non faremo harakiri!
nuclei ferrovieri internazionalisti
comunisti per l’organizzazione di classe
C O M B A T