E se i militari scoprissero che la guerra non è più l’«extrema ratio»?

Lidia Menapace
Israele propone che sia l’Italia a guidare la
spedizione, anche il Libano sembra non sia contrario. Questo può
lusingarci, ma credo che l’Europa attraverso i suoi ministri degli
Esteri debba stabilire i modi le forme le procedure e gli obiettivi, e
non possa lasciarsi dettare l’agenda dai contendenti, sarebbe come se
le squadre dettassero il regolamento degli arbitri. Penso che satrebbe
bene stabilire che le truppe delle N. U. custodiscano la tregua, perché
venga trasformata in armistizio e che si debbano insediare subito dopo
commissioni miste militari e diplomatiche per il trattamento di tutto
il contenzioso che via via verrà fuori. Il Libano deve rispondere della
costituzionalizzazione degli Hetzbollah, ma questa non è a mio parere
la questione di partenza.Adesso dico una cosa sul trattamento degli Hetzbollah. Essi non
sono paragonabili ad Al Qaeda, cioè non sono una formazione politica
che consiste essenzialmentre nell’uso della violenza; sono bensì una
formazione politica variegata e composita che usa "anche" la lotta
armata, anche in forme estreme, di tipo terroristico. Sono – in questo
– alquanto simili ad Hamas e anche ai Baschi e agli Irlandesi.
Formazioni simili c’erano anche nella Resistenza, rappresentate
soprattutto dal contrasto tra le due linee interne al Pci, quella
militarista di Longo e quella più politica di Togliatti.
Dopo la
Liberazione molti partigiani si rifiutarono di consegnare le armi, e se
le riservarono per l’"insurrezione" o per riprendere la lotta armata
nel caso avesse vinto la monarchia ecc. ecc. Sono casi tutti molto
diversi tra loro per finalità progetto cultura contesto, ma simili
nella sfida che pongono: come si tratta con formazioni politiche anche
armate. Si è abbondantemente visto che il trattamento militare
(disarmare, sconfiggere, carcerare, mettere in campo di concentramento
e simili) non serve, anzi accresce la popolarità e il seguito e acuisce
i contrasti; sembra finora che giovi un trattamento politico spesso
lungo: studiare il processo di costituzionalizzazione delle parti
insurrezionaliste o terroristiche della Resistenza, dei Baschi, degli
IrIandesi può essre utile, forse decisivo per stabilire procedure tempi
modi di intervento. Finora si è visto che gli esiti possono essere
governati dallo stato e dal governo di insediamento. Perciò la cosa
migliore da fare è assistere lo stato e il governo libanese e aiutare
il processo politico di costituzionalizzazione degli Hezbollah. Un
intervento di tipo militare sarebbe solo un disastro. Almeno, a mio
parere.

Nel dibattito avvenuto nelle commissioni parlamentari
congiunte la cosa a mio parere più sorprendente è la renitenza dei
militari. Se Casini ha giocato di furbizia per non essere tagliato
fuori dal gioco, e altrettanto hanno fatto Forza Italia e forze minori,
Fini è apparso singolarmente opaco: di solito è un politico vivace e
intelligente, invece è apparso impacciato e poco credibile quando per
frenare l’intervento ha addirittura detto che ci si deve impegnare solo
nelle operazioni che si sanno già possibili da vincere, espressione che
appare troppo opportunistica e piattamente interessata per essere
davvero tutto ciò che pensa. Almeno dovrebbe chiedere un grande
rafforzamento per rendere probabile la "vittoria". Mi sono chiesta se
anche la riluttanza francese non venga dai militari. E’ probabile che
Fini e Chirac rispecchino umori e timori dei comandi. Sarebbe una cosa
di grande portata, perchè vorrebbe dire che i militari si stanno
accorgendo che la guerra non è più -se mai lo è stata- uno strumento
risolutivo, la famosa "extrema ratio" e che non è affatto una ratio e
non risolve nulla.

E’ un fatto che, dopo la seconda guerra mondiale nessun esercito regolare ha più vinto una guerra, non gli USA in Corea, non i francesi in Vietnam, nè dopo di loro gli statunitensi, nè poi di nuovo la Francia in Algeria, nè i sovietici in Afganisfan, nè Bush padre nella prima guerra del Golfo, nè Bush figlio nonostante le dichiarazioni esse pure unilaterali di vittoria ha vinto in Iraq o in Afganistan; e -caso più clamoroso di tutti- Israele che ha uno dei più agguerriti, motivati, addestrati e politicamente coperti eserciti del mondo è riuscito a venire a capo dei palestinesi, un popolo senza terra.

C’è qualcosa da analizzare certamente. I militari chiedono regole d’ingaggio più precise, vuol dire più
aggressive e mani libere nel prendere decisioni sul campo, cioè pensano di affinare e rendere più simili alla velocità delle guerriglie i loro interventi: sarebbe una carneficina. Però una risposta bisogna dargliela
, concordare con loro (non solo con i comandi: quanto sarebbe utile che avessero rappresentanze sindacali di truppa!): ad esempio si potrebbe convenire che bisogna distinguere nettamente l’operazione di gestire
l’esecuzione della tregua per trasformarla in armistizio, e da lì in poi nulla deve essere solo militare: per ogni controversia vengano messe in funzione piccole unità miste politicomilitari.


Si potrebbero studiare le procedure usate in Sudafrica e anche a Cipro.

Insomma bisogna inventare qualcosa di mai visto, siamo infatti alla soglia di grandi possibili mutamenti. Non si possono lasciare i militari soli ed esposti e nemmeno però lasciare loro la responsabilità della decisione politica.
Mettere in studio e alla prova pubblica forme miste di gestione a me sembrerebbe utile anche perchè penso che davvero una possibile linea di soluzione a lungo termine sia quella di prevedere un unico ministero delle relazioni internazionali in cui confluiscano Esteri e Difesa e commissioni parlamentari congiunte (come aveva da tempo proposto Giancarla Codrignani inascoltata) in modo che sia chiara la direzione politica e concordate le forme dell’esecutività. I militari da quando sono professionali hanno una reattività più veloce e sono molto differenti tra loro, sarà il caso di accorgersene.

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