MAURIZIO RICCI
Con il gas Mosca continua a aumentare il peso in Europa e
l´influenza sulle "sue" ex repubbliche
Ma il declino della
produzione di Gazprom può frenare il premier
PUTIN cerca il monopolio russo
sulle forniture energetiche sia controllando i giacimenti nell’ex-URSS sia
entrando nella UE come fornitore diretto.
L’accordo con la BIELORUSSIA permette a PUTIN di rafforzare
la politica russa energetica che si orienta in 2 direzioni:
- l’ex-URSS, dove la RUSSIA strappa accordi per monopolizzare le
riserve di idrocarburi (accordi con l’UCRAINA per il passaggio dei gasdotti
verso l’EUROPA; braccio di ferro con la GEORGIA per impedire la costruzione di
un gasdotto finanziato dagli USA che scavalcherebbe la RUSSIA); - i mercati consumatori, dove Gazprom punta ad aprirsi spazio
come venditore diretto senza passare per le aziende locali (ma senza permettere
investimenti diretti occidentali in RUSSIA).
Questo aumenterebbe il potere contrattuale russo verso
l’ASIA ma soprattutto verso l’EUROPA e metterebbe la UE in pericolosa
dipendenza dalla RUSSIA.
Ma le forniture russe verso
l’EUROPA dipendono dagli accordi col TURKMENISTAN e sono messe in forse dalla
morte del presidente NIAZOV.
La Russia ha piazzato in
Bielorussia un altro mattone, cruciale nella costruzione dell´impero
dell´energia che è ormai diventato l´asse centrale dell´intera politica estera
del Cremlino. E´ una strategia che si muove su due direttrici. La prima
riguarda quello che, una volta, era il cortile di casa: si tratta di ricreare, all´interno dell´area che
era l´Unione sovietica, vincoli di dipendenza e di coordinamento con Mosca,
centrati, questa volta, sull´energia, ovvero petrolio e, soprattutto, gas
che rappresentano nella regione (anche per la Russia, ma soprattutto per i
paesi del Caspio e dell´Asia centrale) l´unica risorsa spendibile e di cui il
Cremlino si sforza di controllare tutti gli sbocchi. La seconda è esterna e
tocca soprattutto l´Europa, che dal gas fornito dai russi dipende per un quarto
del suo fabbisogno quotidiano: si tratta di alzare il potere contrattuale di
Gazprom, il gigante del Cremlino per l´energia, che già ha il monopolio
dell´esportazione del gas russo e che Putin vuole abbia il monopolio
dell´esportazione di gas da tutta l´ex Urss, l´area più ricca di riserve del
pianeta.
Da questo punto di vista, la chiave di lettura dell´accordo con la
Bielorussia di Lukashenko non è nell´aumento dei prezzi di fornitura del gas ai
bielorussi (Gazprom non ha, in questo momento, particolare bisogno di
soldi). Ma nell´acquisizione del controllo – con una quota del 50 per
cento della proprietà – dei gasdotti che transitano attraverso la
Bielorussia. E´ la stessa concessione strappata, un anno fa, all´Ucraina e
oggetto, da qualche mese, di un duro braccio di ferro con la Georgia,
probabile prossimo bersaglio dell´offensiva di Putin e del suo impero
dell´energia. Mosca vuole controllare tutti gli sbocchi del gas del Caspio e
dell´Asia centrale verso l´Europa.
Serve a Putin per alzare il suo potere contrattuale verso i paesi fornitori
asiatici, come verso i paesi consumatori europei. Lo scontro con la Georgia
ha anche lo scopo di bloccare sul nascere il progetto di un gasdotto
(finanziato dagli americani) che collegherebbe il Caspio – via Mar Nero –
all´Europa, senza passare sul territorio russo.
L´altro braccio della strategia di Putin prevede, infatti, la penetrazione
sempre più capillare nei paesi consumatori. Negli ultimi 12 mesi, Gazprom ha
raggiunto accordi per la distribuzione diretta del suo gas con l´Italia, la
Francia, la Danimarca, la Germania, l´Austria, la Spagna, la Serbia, la
Bulgaria e l´Ungheria. E´ in trattative in Belgio, Olanda e Portogallo. Dal
punto di vista aziendale, la manovra è pienamente giustificata: Gazprom si sta
sforzando di risalire la catena del valore aggiunto (produzione, trasporto,
distribuzione, vendita al dettaglio) secondo la più classica ricetta
capitalista. Ma, su un piano più generale, significa mettere il fabbisogno
europeo sempre più nelle mani del Cremlino.
In teoria, questa apertura dei mercati europei in nome della libera
concorrenza, dovrebbe essere, infatti, bilanciata dall´apertura dei giacimenti
russi alle imprese europee. Ma è una richiesta a cui, da mesi, Putin resiste
con determinazione: intaccare il monopolio di Gazprom significa anche
intaccare il pilastro su cui si regge l´edificio dell´impero dell´energia.
Questo, tuttavia, è uno snodo decisivo non solo per l´impero, ma anche per
le prospettive di approvvigionamento europeo dei prossimi anni. La produzione
diretta di Gazprom dai giacimenti russi è in declino. Occorrerebbero i
soldi e il know how occidentali per aprire allo sfruttamento altri giacimenti,
in particolare nell´Artico. Senza questi investimenti, giudica l´Aie, l´agenzia
dei paesi industrializzati per l´energia, Gazprom non sarà in grado di far
fronte agli impegni di fornitura già assunti con gli europei.
La verità, infatti, è che Gazprom – già ora – fa fronte a questi impegni
comprando il gas dai paesi dell´Asia centrale, come il Turkmenistan. La
strategia brutale e serrata con cui si sta muovendo Putin per controllare gli
sbocchi verso l´Europa si spiega con la necessità di porre i paesi che gli
vendono il gas di fronte al fatto compiuto: solo la Russia può consentire loro
di raggiungere il consumatore occidentale. E´, però, una strategia ancora
fragile. E, nelle prossime settimane, può ricevere un colpo durissimo. Gazprom
compra attualmente 50 miliardi di metri cubi di gas (un quarto delle sue
esportazioni verso l´Europa) dal Turkmenistan, sulla base di contratti firmati
personalmente da Saparmurat Niazov, il dittatore morto nei giorni scorsi.
In teoria, il nuovo governo che uscirà dalle elezioni dell´11 febbraio in
Turkmenistan potrebbe stracciare quei contratti e vendere a qualcun altro.
Questa è la partita che Putin non può davvero permettersi di perdere.