E a Istanbul si reagisce boicottando i prodotti francesi

Antonio
Ferrari

IL PREMIER ERDOGAN «La
Francia pensi a quello che ha fatto in Algeria»


ISTANBUL — È un’alluvione silenziosa e invisibile, ma più
penetrante ed efficace dei cortei e dei sit-in di protesta. Decine di migliaia
di sms paralizzano da giorni le reti dei telefoni cellulari. I messaggi si
incrociano, si moltiplicano, si arricchiscono, e raggiungono tutte le città
della Turchia, annunciando un invito-divieto che accende l’orgoglio popolare: «Aiuta
il tuo Paese. Non comprare prodotti francesi»
.
Lo spicciolo boicottaggio è cominciato in anticipo sul voto dell’Assemblea
Nazionale francese, che oggi dovrà approvare o respingere la discussa proposta
di legge che punisce, con il carcere, chi nega il genocidio degli armeni,
compiuto dagli ottomani tra il 1915 e il 1923. «Con buona pace della libertà di
pensiero», dicono gli intellettuali turchi. Lo dice anche chi ha rischiato la
prigione per aver sollevato il sipario su una delle pagine più inquietanti della
storia del Paese
.

Tuttavia, riconoscere che è avvenuto lo sterminio è una
cosa, proporre una punizione esemplare per chi lo mette in dubbio è ben altro. In
caso venisse approvata, «la legge distruggerà le relazioni economiche tra i
nostri due Paesi», tuona il ministro Ali Babacan, che conduce i negoziati
sull’ingresso nell’Unione europea. Facendo tremare i dirigenti delle 277
aziende francesi presenti nel Paese
, che rischiano pesantissime conseguenze
e che stanno facendo pressioni per annullare o congelare il voto di stamane, e
quindi scongiurare il disastro annunciato. I giornali compilano tabelle da
brividi, con le previsioni dei danni. L’interscambio tra Parigi e Ankara
sfiora i 9 miliardi di dollari.
Il premier Recep Tayyip Erdogan si abbandona ad un’ironia rabbiosa: «Da che
pulpito! La Francia pensi a quello che ha fatto nel Senegal, in Tunisia, in
Guinea, a Gibuti, in Algeria»
. Sull’Algeria, con evidente volontà di
ritorsione, la Commissione giustizia del Parlamento sta discutendo se proporre
una legge che punisca chi non riconosce il genocidio compiuto dai francesi. Persino
l’opposizione, che non lesina aspre critiche al governo islamico moderato della
Giustizia e dello Sviluppo, ha deciso di far quadrato, inviando all’Assemblea
Nazionale di Parigi quattro inviati-osservatori
.
Sembra di rivivere (stavolta da spettatori) i giorni difficili del caso
Ocalan, quando il guerrigliero curdo del Pkk, che i turchi consideravano il
terrorista numero uno, ottenne un tribolato asilo a Roma, provocando una
reazione popolare e una catena di boicottaggi che costarono cari alle nostre
aziende. Sei anni dopo, il risentimento per l’Italia è dimenticato
, quasi
si fosse trattato di uno spiacevole incidente lungo il percorso di una
consolidata amicizia. Ora tocca alla Francia, in una situazione assai più
delicata: perché sono anni che i turchi ritengono d’essere penalizzati da
Parigi, fredda (se non ostile) all’allargamento; e perché, essendo Ankara non
più una candidata ma un Paese che sta negoziando l’adesione all’Ue
, si trova
in una posizione più difficile rispetto ai tempi della vicenda di Ocalan.
Cavalcare il risentimento popolare farebbe crescere il numero di ostacoli lungo
il tormentato cammino verso il club di Bruxelles. Perciò, gli editorialisti
cercano di raffreddare gli animi, invitando lettori e telespettatori a non
abbandonare la ragione, magari concedendosi il lusso di sostenere che la
Turchia sta impartendo una lezione di europeismo e di tolleranza proprio ad uno
dei padri fondatori dell’Europa unita.
Però, far combaciare il realismo con l’emozione e il risentimento è assai
arduo. Nel 1999, quando l’Italia da queste parti era impopolare, la
concorrenza commerciale e industriale d’Oltralpe non aveva certo manifestato
una seppur fredda solidarietà europea. Adesso, visto che la competizione in un
Paese che offre mille opportunità è assai vivace, non è illogico prevedere un
ribaltamento delle posizioni
.

La storia

IL GENOCIDIO Gli armeni, in maggioranza cristiani orientali o
cattolici, furono massacrati e deportati ai tempi dell’impero ottomano sotto il
sultano Abdulhamid II (1894-96) e soprattutto dal governo dei Giovani turchi
negli anni 1915-16. In totale il numero stimato di morti è tra 600.000 e
1.500.000
PRIMO MASSACRO Nel 1894, l’impero ottomano represse le proteste degli
armeni contro le tasse e le richieste di autonomia territoriale. Nel 1896, dopo
che ribelli armeni presidiarono la banca ottomana di Istanbul, 50.000 furono
uccisi negli scontri
SECONDO MASSACRO La Russia reclutò gli armeni contro gli ottomani nella
prima guerra mondiale. La reazione del governo dei Giovani turchi fu di
deportare oltre un milione e mezzo di armeni in Siria e in Mesopotamia. Almeno
600.000 armeni furono uccisi o morirono di fame

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