Dopo la Libia il copione si ripete

Dopo la Libia il copione si ripete, riprendiamo l’iniziativa contro la nuova guerra imperialista!

Mentre si susseguono le notizie sulle “stragi di civili”, sui “bombardamenti indiscriminati” su Homs, eletta già dai media a “città-martire” della Siria, l’imperialismo della triade Usa-Ue-Israele si scopre ancora una volta “rivoluzionario” e prepara l’ennesima aggressione contro un paese che rappresenta un tassello centrale per l’accerchiamento ai danni dell’Iran da un lato, e per la definitiva “pacificazione” del Libano con l’eliminazione dello scomodo Hezbollah. Ancora una volta assistiamo alla propaganda dell’Occidente “democratico” che rispolvera il vecchio copione dell’intervento umanitario “a beneficio delle popolazioni”, sentiamo parlare di un “Consiglio Nazionale Siriano” che già viene riconosciuto come il rappresentante del “popolo siriano in rivolta contro il tiranno”. Come ormai anche la nostra “stampa liberale” (vedi il Corriere della Sera) non può più nascondere, l’aggressione contro la Siria, che è di fatto già iniziata, si è tradotta (per il momento) all’infiltrazione di truppe armate dalla frontiera turca e da quella irachena, rendendo quanto più manifesta la collaborazione tra i mercenari delle potenze imperialiste e militanti jihadisti al soldo delle petro-monarchie del golfo, sempre pronti ad addestrare e assistere quelli che dopo l’UCK in Kosovo, “l’Alleanza del Nord” in Afghanistan e i più recenti “Ribelli di Bengasi”, sono i nuovi “eroi leggendari” della cosiddetta primavera siriana, ovvero il fantomatico Esercito Libero Siriano (ELS). Non si vuole qui negare che la Siria specialmente negli ultimi due anni sia stata attraversata da episodi di mobilitazione e di rivolta. Nostro compito però è denunciare l’ennesima strumentalizzazione della sacrosanta rabbia di proletari, e non solo, nei confronti di un regime sedicente “socialista” come quello degli Assad padre e figlio, che soltanto la politica di aggressione permanente di Israele ha mantenuto al potere per quarant’anni, e che non ha fatto altro che lucrare e gestire in modo patrimoniale gli introiti delle attività economiche e le rendite petrolifere – consistenti anche se non paragonabili a quelle dei paesi confinanti – in collaborazione con la borghesia locale cooptata al potere. Tutto ciò infatti non può farci non vedere il “salto di qualità” in senso militare delle proteste, diretta conseguenza dell’infiltrazione delle milizie armate, né farci tacere sui piani di guerra del nemico “di casa nostra” alla ricerca di una via d’uscita dalla crisi. Purtroppo siamo nuovamente testimoni dell’abilità del capitale imperialista nell’inserirsi e nel controllare le rivolte in un’area di primaria importanza per la lotta contro le potenze capitaliste emergenti, in primo luogo Russia e Cina.
Ancora una volta vediamo come i tifosi dell’esportazione armata dei diritti umani siano in buona compagnia con parte dei sinistri del Manifesto “quotidiano comunista” (?) che, come hanno già fatto per la Libia, ci avvertono come in Siria si stia assistendo a una “rivoluzione” che va difesa con ogni mezzo comprese le bombe della Nato. Ai tifosi della “rivoluzione a tutti costi” (ma attenzione soltanto negli altri paesi!), e ai compagni che in buona fede restano confusi e incerti sul che fare di fronte ad una situazione particolarmente complessa poniamo due domande: siamo proprio sicuri che tra gli oppositori al regime ci sia una volontà generalizzata di cercare la protezione della NATO? E soprattutto ci siamo interrogati su che cosa siano questo Consiglio Nazionale Siriano e questo Esercito Libero Siriano che Usa e Ue si sono affrettati a riconoscere come unici interlocutori? Il CNS con sede ad Istanbul è composto per la maggior parte da Fratelli Musulmani insieme (guarda caso) ad ex esponenti del regime in esilio in Turchia e in Francia, tagliati fuori dalla gestione del potere politico e delle risorse economiche da parte di Assad. Il clamoroso voltafaccia del suo presidente, Burhan Ghalioum, che dopo avere escluso le ipotesi di intervento straniero già a gennaio reclamava una no-fly-zone e armamenti da parte dell’Occidente e dalla Turchia, è un altro elemento che denota il grado di autonomia di questa formazione. Quanto al “braccio militare”, ovvero l’ELS formato, oltre che dalle milizie prezzolate straniere e da militanti jihadisti, da disertori dell’esercito siriano, una volta purgato dagli ufficiali desiderosi di mantenere un certo grado di autonomia, è ormai un burattino nelle mani dei servizi segreti turchi. Per avere un’idea del carattere “nuovo” e “democratico” di questa formazione basti ricordare che raccoglie tra i suoi leader Riyad al-Asad (zio di Bashar), esecutore materiale delle ordinarie repressioni e di alcuni dei massacri più efferati della storia della Siria come quello di Hama nell’82.
Nel polpettone mediatico che ci viene servito, guarda caso si tace sull’altra principale forza di opposizione che ha animato le mobilitazioni contro il regime di Assad negli ultimi due anni, ovvero il Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico Siriano (CNCDS), radicato prevalentemente in Siria, che riunisce un insieme variegato di organizzazioni politiche, da quelle della sinistra siriana, passando per i partiti curdi sino ad alcuni soggetti di ispirazione islamica. Reo di continuare a rifiutare sino ad ora qualsiasi ipotesi di intervento e aiuto militare straniero, il CNCDS è stato immediatamente battezzato dai media “amanti della libertà” occidentali come “opposizione addomesticata”, semplicemente per avere compreso come qualsiasi ipotetico governo instaurato con la benedizione della NATO chiuda definitivamente la strada a qualsiasi prospettiva di trasformazione sostanziale della realtà sociale del paese.
Le notizie confuse e falsate da al-Jazeera e dai media occidentali, come si è detto, fanno vittime tra i cosiddetti pacifisti, ma anche tra coloro che si richiamano alla sinistra di classe, perpetuando un copione al quale pare ci si debba abituare, tra dissociazioni preventive, silenzi e giudizi che considerano “inopportuna” qualsiasi ipotesi di mobilitazione contro la nuova guerra imperialista. Ciò però è ben lontano dallo scoraggiarci e anzi ci convince ancora di più della necessità avviare un lavoro di controinformazione e di confronto con tutti i soggetti interessati a riprendere in mano l’iniziativa politica su questo punto. Pensiamo che l’assoluta ignoranza (nel migliore dei casi) e la volontà di distogliere lo sguardo dagli scenari politici che non fanno altro che aprire le contraddizioni insite nelle proprie categorie d’analisi, che purtroppo vediamo farsi strada nel campo della sinistra di classe, siano il vero ostacolo alla costruzione di un collegamento e di una solidarietà reale con il proletariato mediorientale, a nostro giudizio l’unica opzione in grado nel medio e lungo periodo di indirizzare la rabbia generalizzata degli sfruttati in una prospettiva quantomeno anticapitalista.
Questo disinteresse risulta ancora più colpevole se si tiene presente la specifica situazione del “fronte interno” italiano, dove il governo Monti, dopo avere tagliato in modo indiscriminato il salario diretto e indiretto in nome dell’austerità, della “sobrietà” e del risparmio, continua, in perfetta sintonia con i governi di centro-destra e centro-sinistra, a rapinare la stragrande maggioranza dei lavoratori, dei precari e dei disoccupati senza però far mai mancare l’ossigeno alle “missioni di pace” (Afghanistan e Libano in primis), alle spese militari e ai progetti di militarizzazione dei territori tra cui l’installazione dei nuovi sistemi radar in Sicilia rappresentano soltanto gli ultimi esempi più evidenti.
Siamo coscienti che il lavoro che ci aspetta nell’ottica di costruire una opposizione determinata e senza ambiguità alle guerre imperialiste è pieno di difficoltà, ma siamo convinti che sia nostro compito rompere il silenzio e aprire un dibattito per porre le basi di una mobilitazione contro la guerra, che nell’era dell’imperialismo non è un argomento marginale da tirare fuori in base all’alternanza dei governi borghesi, ma è invece uno dei fattori centrali nella prospettiva di contrastare l’egemonia del sistema capitalista mondiale.

Laboratorio Politico Iskra

 

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