Debito dei governi: una nuova fase nella crisi finanziaria globale

Crisi, Stato, finanza
Wsws 100209

Debito dei governi: una nuova fase nella crisi finanziaria globale

●     Sta aprendosi una nuova fase della crisi finanziaria globale, causata dal timore di ampie lotte sociali, a seguito degli inediti tagli occupazionali, salariali e di welfare programmati dai vari governi per coprire il costo dei massicci aiuti erogati alle banche.

o   Karl Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 (I, La disfatta del giugno 1948): « Il credito pubblico riposa sulla fiducia che lo Stato si lasci sfruttare dagli strozzini della finanza.»

o   Negli ultimi 18 mesi questi lupi della finanza si sono ingozzati grazie agli aiuti erogati dai governi delle maggiori potenze – pari a circa il 30% del loro PIL combinato – che hanno salvato istituti bancari, aumentato i loro profitti e rafforzato i mercati finanziari.

o   Il governatore della Banca d’Inghilterra, Mervyn King, ha ammesso: «mai nella storia del settore finanziario un numero tanto ristretto di uomini è stato debitore di tali ingenti somme di denaro verso una massa tanto ampia di uomini».

●    Al di là dei vari e complessi schemi di aiuti e interventi statali, la sostanza è semplice:

o   1a fase: Gli Stati si sono addossati migliaia di miliardi di $ di debito di Banche e istituti finanziari;

o   2a fase: gli Stati stanno ripagando tale debito tramite tagli selvaggi alla spesa sociale e al tenore di vita della classe lavoratrice.

●    Questa fase è iniziata in Grecia, dove il governo ha annunciato che riporterà il deficit di bilancio dall’attuale 13% del PIL al 3% nei prossimi due anni.

o   In un primo momento, grazie all’avallo della UE alle misure greche, i mercati non hanno reagito;

●    poi, forti reazioni nei mercati finanziari internazionali scatenate dall’annuncio di uno sciopero generale per il prossimo mese in Grecia contro i tagli;

– governi e mondo finanziario temono che

o   a. gli sviluppi in Grecia siano solo l’inizio di una crisi del debito che toccherà tutta l’Europa ed oltre;

o   b. che stia per finire la situazione di relativa calma sociale degli ultimi 18 mesi, in cui la classe lavoratrice non si è mossa in modo significativo.

o   Per la classe dominante tutto dipende da come sarà in grado di isolare, spezzare e reprimere le lotte operaie contro i tagli;

o   per far questo essa confida sui dirigenti socialdemocratici e sindacali, perché deviino in senso nazionalista le lotte e soprattutto blocchino lo sviluppo di una coscienza socialista.

●    MA, il carattere stesso della crisi pone la necessità oggettiva di unificazione internazionale della classe:

o   le interconnessioni della finanza internazionale fanno sì che la crisi di una regione si trasmetta al sistema nel suo insieme.

o   la crisi dei sub-prime negli Usa ha dato il via alla crisi finanziaria globale; ora quella del debito nei paesi europei minaccia di aggravarla.

– La crisi greca ha subito portato all’attenzione della UE la situazione di Irlanda, Portogallo, Italia e Spagna.

o   La scorsa settimana il valore delle “assicurazioni contro il debito” portoghese è fortemente salito, una misura del rischio di fallimento dello Stato portoghese se non riuscirà ad attuare le misure di austerità programmate.

[Figaro, 5.2.2010, I deficit pubblici allarmano le borse], evoluzione del valore dei Credit Default Swap (CDS) (29.01.2010-05.02.2010), assicurazioni sul debito pubblico, misura del rischio, in punti base. Sono prodotti derivati, al contempo termometri dell’umore degli investitori e strumento di speculazione che amplifica la volatilità dei mercati.

– È bastato un articolo sul NYT, dell’economista Paul Krugman che avvertiva: «il paese più problematico non è la Grecia, ma la Spagna» per fare impennare i costi del CDS per il debito spagnolo.

– il debito estero netto sarebbe all’87% del PIL in Grecia, 91% in Spagna, e 108% in Portogallo (Barclays Capital).

– Secondo il FMI, nel 2014 il rapporto del debito con il PIL salirà nei paesi avanzati al 115%, contro il 75% nel 2007, un incremento inedito per i periodi di “pace” (con USA e GB i più colpiti).

– WSWS: se le crisi riguardassero solo la Grecia o i paesi del Mediterraneo potrebbero essere contenute.

o   Finora la UE ha deciso di non intervenire con la Grecia, temendo di creare un precedente per Irlanda, Portogallo e forse Italia), e si è opposta anche all’intervento FMI, per non perdere la faccia come sistema finanziario garante della stabilità dell’€.

L’ex capo economista FMI, Simon Johnson: Germania e Francia, i paesi più forti della UE, non stanno facendo nulla per contenere il timore che i paesi dell’euro potrebbero non essere in grado di pagare il proprio debito, nulla tranne insistere che i paesi sotto pressione taglino i propri bilanci velocemente, e in modi che probabilmente non sono politicamente attuabili. Questo tipo di austerità fiscale precipitosa fu quella che contribuì direttamente a dare il via alla Grande Depressione degli anni 1930.

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Published by the International Committee of the Fourth International (ICFI)

Government debt: a new stage in the global financial crisis

9 February 2010

–   The tremors that have passed through financial markets over the past week signal a new stage in the global financial crisis brought on by fears in ruling circles of the onset of vast social struggles as governments attempt to pay for the cost of massive bank bailouts through unprecedented cuts in jobs, wages and social services.

–   In his book The Class Struggles in France, Karl Marx noted that “public credit rests on the confidence that the state will allow itself to be exploited by the wolves of finance”.

o    Over the past 18 months, the wolves gorged themselves as bailouts by the governments of the major capitalist nations, amounting to some 30 percent of their combined gross domestic product, rescued the banks, increased their profits and boosted financial markets.

o    As the governor of the Bank of England, Mervyn King, admitted in a speech last year, “never in the field of financial endeavour has so much money been owed by so few to so many”.

–   While the various bailout schemes and interventions have involved apparently complex operations, in essence they have been very simple: trillions of dollars of debt have simply been taken from the books of the banks and finance houses and transferred to the state.

–   Now comes the next phase—the repayment of this debt through savage cuts in social spending and a drastic reduction in the living standards of the working class. This process has begun in Greece with the government’s announcement that it would seek to cut the budget deficit from its present level of 13 percent of GDP to 3 percent over the next two years.

–   Following the European Union’s endorsement of this decision, markets remained undisturbed. But that soon changed. In the words of one financial commentator, “the warm glow from the Brussels decision vanished” as soon as it was announced that a general strike to protest against the cuts would be held in Greece next month.

–   The shock waves that then passed through global financial markets reflect two interconnected fears in government and financial circles.

o    The first concern is that the Greek developments are only the initial expression of a debt crisis that extends across Europe and more broadly.

o    The second is that the situation prevailing over the past 18 months, in which governments around the world have implemented the demands of the banks and financial markets without any significant intervention by the working class, is about to end.

–   As soon as the Greek crisis came into view, attention turned to other members of the EU—Ireland, Portugal, Italy and Spain. Last week credit default swaps on Portuguese debt, measuring the risk of default, surged on fears that its government could not carry out planned austerity measures. One minister raised fears that the country was becoming ungovernable and that “what is at stake is the credibility of the Portuguese state”.

–   Default insurance costs for Spanish debt also jumped after New York Times economics columnist Paul Krugman warned that “the biggest trouble spot isn’t Greece, it’s Spain”. According to Barclays Capital, net external liabilities are equivalent to 87 percent of GDP for Greece, 91 percent for Spain and 108 percent for Portugal.

–   If the crisis were confined to Greece or even to the so-called Mediterranean countries it might be able to be contained. But the mounting budget deficits are a universal phenomenon.

–   The International Monetary Fund (IMF) has forecast that the ratio of debt to GDP in the advanced economies will increase to 115 percent by 2014 compared to 75 percent in 2007—a surge unprecedented during peacetime—with the United States and Britain, two of the worst affected.

–   So far the EU has decided not to provide assistance to Greece—fearing that it would set a precedent for bailing out Ireland, Portugal and even Italy. At the same time, the EU has opposed intervention by the IMF because international bailouts of individual countries within the EU would call into question the European financial system and the stability of the euro. Reflecting EU pressure, a meeting of G7 finance ministers at the weekend made clear that the European authorities would “manage” the Greek crisis.

–   But the EU attitude has sparked criticism that it is creating even greater problems. In a comment headlined “Europe Risks Another Global Depression,” former IMF chief economist Simon Johnson wrote: “What are the stronger European economies, specifically Germany and France, doing to contain the self-fulfilling fear that weaker eurozone countries may not be able to pay their debt—this panic that pushed up interest rates and makes it harder for beleaguered governments to actually pay? The Europeans with deep-pockets are doing nothing—except to insist that all countries under pressure cut their budgets quickly and in ways that are probably politically infeasible. This kind of precipitate fiscal austerity contributed directly to the onset of the Great Depression in the 1930s.”

–   The onset of this new stage in the global financial crisis raises decisive political issues before working people. For the ruling elites everything depends on the extent to which they can isolate, break-up and suppress the struggles of the working class. For that they are relying directly upon the social democratic and trade union[e] leaderships to defuse popular opposition to the cuts, channel it in nationalist directions and above all block the development of a socialist perspective.

–   However, the very character of the crisis itself poses the objective necessity for the unification of the international working class on the basis of a socialist program. The complex interconnections of global finance mean that a crisis in one region is almost immediately transmitted through the system as a whole.

–   The sub-prime crisis in the US initially set off the global financial crisis, now debt defaults in Europe threaten to deepen it.

–   In every country, therefore, a political struggle must be launched to resolve this crisis in the interests of working people and society as a whole by demanding the expropriation of the entire banking and financial system and the placing of its resources under public and international democratic control. Only then can the grip of the financial oligarchy be broken and society reconstructed to meet human need and not the profits of the banks.

Nick Beams

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