I lavoratori immigrati possono essere una risorsa per il movimento operaio, la loro lotta e il loro coraggio un esempio anche per i lavoratori italiani. Lo dimostrano le lotte in corso nelle campagne del Sud Italia. Pubblichiamo la lettera di denuncia delle condizioni di vita e di lavoro contro le quali stanno combattendo.
Ieri 30 giugno le strade di Bari e di San Ferdinando si sono riempite ancora una volta di lavoratori e lavoratrici delle campagne, sostenuti da altri lavoratori e solidali, per chiedere a gran voce documenti, contratti, case, trasporti.
É stata una lunga è importante giornata di mobilitazione, che ha visto i due cortei contemporanei sfilare nelle rispettive città fino ai palazzi del potere, per pretendere risposte concrete a questioni che non possono più essere rimandate.
A Bari la manifestazione è partita nonostante gravi difficoltà che hanno minato la presenza dei lavoratori in piazza: pochi giorni prima del corteo, tutte le agenzie di pullman a noleggio della provincia di Foggia si sono rifiutate di trasportare i lavoratori dai ghetti dove vivono fino a Bari, molti di loro dichiarando apertamente che non volevano trasportare “neri immigrati” a una manifestazione.
Non ci siamo dati per vinti, nonostante il fiato sul collo e l’attenzionamento continuo della digos e della polizia (come se i lavoratori fossero pericolosi criminali da controllare) siamo arrivati in treno a Bari raggiungendo il concentramento. È stata una piazza che ha unito lavoratori precari, disoccupati e occupanti di case italiani e stranieri, ospiti del Cara di Bari, solidali da tutta la Puglia, il sindacato SI COBAS, in supporto alle rivendicazioni dei lavoratori delle campagne, perché queste lotte devono procedere insieme. Il corteo è arrivato in tarda mattinata davanti agli uffici della Regione Puglia, dove i lavoratori in presidio hanno preteso una risposta alle reiterate richieste di incontro con il dirigente regionale con delega all’immigrazione e gli Assessori preposti, a seguito delle promesse ricevute al tavolo del 3 marzo e la forte mobilitazione del 9 maggio. Ancora una volta la Regione Puglia ha dimostrato totale chiusura e non volontà di incontrare e confrontarsi con i diretti interessati, con chi tiene in piedi quotidianamente il settore agro industriale in questa regione. Un enorme e sproporzionato dispiegamento delle forze dell’ordine ha dimostrato che questi lavoratori, la loro forza e la loro determinazione fanno paura, fanno vacillare gli equilibri di una giunta che crede di poter decidere sulla loro pelle. Evidentemente per la Regione Puglia è più facile e meno rischioso sedersi al tavolo con la CGIL, sindacato padronale che in questi anni ha fatto disastri nelle campagne, che continua a escludere i lavoratori dalle decisioni e a screditare i percorsi di autorganizzazione. Con determinazione e coraggio, dopo ore di presidio permanente davanti agli uffici, i lavoratori hanno ottenuto l’impegno scritto per un incontro con il funzionario Fumarulo per il 15 luglio, quando ancora una volta torneranno in piazza e pretenderanno risposte.
Sul fronte calabrese i lavoratori delle campagne insieme all’associazione di piccoli produttori “Sole di Calabria” si sono mobilitati sulle stesse parole d’ordine usate a Bari, per ottenere risposte dalle istituzioni locali. Il corteo ha sfilato dalla tendopoli di San Ferdinando fino al Comune, vedendo una larga partecipazione di lavoratori provenienti dai vari ghetti della Piana di Gioia Tauro, sostenuti anche dai produttori. Anche qui sono stati stanziati dalla regione ingenti fondi (750000 euro) per la costruzione dell’ennesima tendopoli, che aumenterebbe sfruttamento e marginalità anziché andare verso una soluzione definitiva: i lavoratori ne sono ben consapevoli e hanno manifestato per ribadire con forza il loro no a tendopoli e campi container. Oltre a questo è stata chiesta una soluzione per la delicata questione delle residenze, che qui come in molte parti d’Italia costituisce un vincolo alla regolarizzazione.
È stata ricevuta una delegazione che ha ottenuto l’impegno da parte dell’istituzione locale per l’apertura di un tavolo congiunto con Prefettura e Regione Calabria: lavoratori e produttori vogliono ribadire alle istituzioni che il lavoro e le condizioni alloggiative dei lavoratori non sono un’emergenza e necessitano di soluzioni strutturali, case, trasporto pubblico, regolarità di contratti. È stata chiesta infine chiarezza e giustizia per la morte di Sekinè Traorè, ennesima vittima del razzismo di Stato e di un sistema di sfruttamento che vogliamo abbattere.
In Calabria come in Puglia, dalle istituzioni non arriva nessuna promessa relativa all’utilizzo di risorse regionali per predisporre trasporti pubblici sui luoghi di lavoro e alloggi; la proposta del campo container – tendopoli come soluzione a una situazione di estremo disagio strutturale continua ad essere l’unica alternativa ad oggi presente. Ma i lavoratori non si accontentano e non si fanno prendere in giro; ieri hanno urlato chiaramente che nessuno può decidere della loro vita e del loro lavoro senza coinvolgerli, e che il campo di lavoro non può essere una soluzione.
A partire dalla lotta dei braccianti si stanno sviluppando iniziative in molte altre città italiane sul problema dei permessi di soggiorno, connesso a doppio filo con quello della casa e del lavoro: a livello nazionale cresce sempre più la consapevolezza che la conquista dei diritti passa necessariamente per la messa in discussione complessiva della leggi e delle normative nazionali, in primis della Bossi-Fini.
E’ per questo lavoreremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi allo sviluppo di una mobilitazione nazionale che chiami in causa e metta di fronte alle sue responsabilità il governo centrale.
Ancora una volta WE NEED YES!
Comitato Lavoratori delle Campagne
Rete Campagne in Lotta
Solidaria (Bari)
Si Cobas
Diritti a Sud (Nardò)
MFPR Slai Cobas (Taranto)
Meticcia (Lecce)
CSOA Sparrow ( Cosenza)
Sole di Calabria