Si è consumato a Parigi, nella redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo” e nel quartiere attiguo, l’ennesimo sanguinoso episodio di una guerra senza esclusione di colpi che ha come epicentro il Medio Oriente e che si irradia in mille modi anche nelle cittadelle dell’imperialismo. Quello stesso imperialismo che, non dimentichiamolo, utilizza cinicamente ogni strumento (a partire dal terrorismo di Stato fino ai gruppi terroristici più disparati) per condurre la sua guerra di spartizione e di conquista in tutto il pianeta.
Ed ecco la nuova strage, portata direttamente a Parigi, nel cuore di una delle maggiori metropoli imperialiste dell’Europa e uno dei protagonisti della spartizione in Medio Oriente. Questo fatto non attenua la nostra chiara e forte denuncia del barbaro terrorismo contro civili, oggi soprattutto di ideologia islamica, siano le vittime i redattori di Charlie Hebdo o i bambini di una scuola pakistana, o i fedeli dell’opposta fazione in Irak – ma anche gli abitanti di Gaza. Un terrorismo utilizzato da borghesie ingrassate dai petrodollari, spesso in combutta con metropoli imperialiste.
Il fatto viene subito preso a pretesto dagli organi di governo occidentali e dai mass media per scatenare una campagna virulenta contro l’Islam “in quanto tale” (“Corriere della Sera” dell’8 gennaio), CONTRO STORIA-CULTURA E CIVILTA’ ISLAMICHE, CONTRO L’IMMIGRAZIONE “SELVAGGIA”, per la “DIFESA DELLA NOSTRA LIBERTA'”. Gli accenti più “politici” spaziano da un “undici settembre europeo”, ad un “attacco all’Europa”, tanto per fare una levata di scudi generale verso il “riarmo”, in ogni senso.
Indipendentemente dalle motivazioni soggettive degli esecutori, è evidente l’utilizzo dell’attentato da parte delle nostre classi dominanti, per le quali giunge per certi versi come il cacio sui maccheroni:
– per “stornare” l’attenzione dai gravi problemi dell’impoverimento e della disoccupazione di massa (proprio ieri le agenzie di stampa segnalavano al 43,9% la disoccupazione giovanile in Italia, nuovo record);
– per legittimare e riprendere con più vigore l’aggressività in politica estera di ogni imperialismo;
– per “motivare” nuove spese militari e sponsorizzare nuove risorse verso nuove “missioni di pace”;
– per creare un terreno più favorevole verso un nuovo “giro di vite” contro i migranti, in cui la xenofobia ed il populismo reazionario la fanno da padroni.
Non solo: il clima di “caccia al terrorista” che sta prendendo piede anche nelle nostre città diventa un ottimo brodo di coltura per scatenare gli apparati repressivi dello Stato contro chiunque non sia “allineato”, contro chiunque crei “turbative” verso l’ordine e la proprietà borghese.
Dal punto di vista storico contrapporre la “cultura” dell’Occidente “cristiano” alla “barbarie” dell’Islam è opera indegna, propria di un imperialismo che ha costruito le sue fortune ed i suoi fasti con guerre di rapina e spoliazioni, giustificate tra le masse proprio in nome di quel “dio occidentale” ( il denaro?) che avrebbe strizzato da queste parti il suo occhio benevolo o per una sicurezza della patria, salvo poi lasciare i proletari al massacro delle metropoli. La conta dei morti ammazzati in nome di Dio e di Gesù Cristo (tra le Crociate, le “Guerra Sante” e “di religione”, l’Inquisizione, le cacce alle “streghe”, il “Sacro Macello”, la “Reconquista”…) non sarebbe certo da meno di quelli ammazzati in nome di Allah e di Maometto. Un imperialismo diviso al suo interno nella spartizione dei mercati e dei profitti, in rapporti ora di alleanza, ora di concorrenza, ora di oppressione con le borghesie locali dagli appetiti non meno sanguinari, ma unito -insieme ad esse- nella repressione di ogni istanza proletaria che rivendichi gli interessi delle masse sfruttate. Lo abbiamo visto in Nord Africa, in Siria, in Ucraina, e nelle stesse zone contese dai tagliagole dell’ISIS, bande di mercenari al soldo di imperialismi e borghesie locali, in nulla diversi dai loro compari degli altri schieramenti.
Sappiamo bene che dietro tale lugubre contabilità ci sono sempre stati gli interessi delle classi dominanti, vecchie o nuove che fossero, pronte ad usare l’oscurantismo religioso e gli apparati ecclesiastici per strumentalizzare le masse .
Anche se non vi aderiamo, rispettiamo ogni credo, ma aborriamo e denunciamo l’idea che ancora nel XXI° secolo, da qualsiasi parte, possano essere giustificati conflitti in nome di questa o quella divinità. Preferiamo partire dal fatto inconfutabile che gli uomini sono divisi in classi in lotta tra loro: tra chi possiede i mezzi di produzione e di sfruttamento, e chi non possiede null’altro che la propria forza lavoro. È in questa lotta che si decidono i destini dell’umanità e la sopravvivenza della specie.
O con gli sfruttati o con gli sfruttatori. Questo è il terreno della lotta, che potrà trovare soluzione solo con l’abbattimento del capitalismo e con l’instaurazione di una società di liberi e uguali.
Liberi e uguali: questa è la nostra civiltà!
Comunisti per l’Organizzazione di Classe