Rivalutazione dei salari,[1] riduzione dell’orario di lavoro, e tutte le misure necessarie per accrescere l’occupazione, sono le parole d’ordine dei lavoratori francesi scesi in sciopero generale giovedì 9 aprile contro la politica di austerità del governo di centro sinistra di François Hollande. Contro il progetto di legge Macron[2] e quello sulla sanità, contro il patto di responsabilità e l’attacco generale ai diritti dei lavoratori, per la difesa del salario e delle condizioni di lavoro.
Dopo la grande mobilitazione del 5 marzo che ha raccolto 200mila manifestanti, i tre maggiori sindacati francesi uniscono ora le loro forze per manifestare contro l’accordo nazionale interprofessionale (ANI) del 2013 che garantisce alle imprese, in particolare alle PMI, maggiore libertà di licenziamento, mentre dovrebbe rafforzare gli ammortizzatori sociali (fléxisécurité). L’ANI, sottoscritto da MEDEF, la Confindustria francese, sta per essere trasformato in legge, la legge Macron. Per facilitarne l’approvazione essa sarà esaminata in procedura di urgenza in Parlamento, e poi discusso in senato.
Le manifestazioni, organizzate da quattro principali organizzazioni sindacali, CGT, FO, FSU[3] e Solidaires-SUD, hanno toccato oltre 80 città, con 300 000 partecipanti complessivi secondo la CGT. 45 000 a Marsiglia, 20 000 a Tolosa, 10 000 a Bordeaux, 7 500 a Lione, 5 000 a Clermont Ferrand e ad Avignone, 3 500 a Limoges e a Caen … A Parigi il corteo di quasi 120 000 salariati[4] ha marciato tra Place d’Italie e Places des Invalides. I primi manifestanti erano giunti agli Invalides quando la coda della manifestazione non era ancora partita. Hanno sostenuto la mobilitazione Lutte Ouvrière, NPA e Front de gauche.
C’erano lavoratori arrabbiati e determinati di diverse centinaia di imprese di tutti i settori, dal pubblico al privato, dal commercio ai metalmeccanici, dagli elettrici alla chimica, dalla sanità alla scuola, i cui stipendi sono congelati dal 2010, dai precari ai disoccupati ai pensionati.[5]
Alcuni gruppi di attivisti operai hanno partecipato alle manifestazioni della mattina nelle loro città prima di recarsi a quella di Parigi.
Nel suo appello allo sciopero il sindacato SUD ricorda che “nel 2014 i 40 maggiori gruppi francesi quotati in Borsa (i CAC 40), hanno distribuito €56 MD ai loro azionisti; e questo mentre si vuol far credere che la disoccupazione è inevitabile, che bisogna lavorare di più e guadagnare di meno, che i minimi sociali, le pensioni, lo SMIC[6] e i salari non possono essere aumentati. Il Patto di Responsabilità del governo Valls moltiplica i regali fiscali e le esenzioni dai contributi sociali per le imprese, senza alcuna contropartita per i lavoratori. Questo si traduce in continui tagli alla spesa pubblica per sanità,[7] assistenza sociale, e pubblico impiego. La politica di austerità, in Francia come nel resto d’Europa, significa salari congelati se non ridotti, attacchi ai diritti dei lavoratori, ai contratti collettivi, alle condizioni di lavoro. L’occupazione precaria è divenuta la norma; i lavoratori del sistema educativo, nel sociale, e nella cura alla persona non vengono retribuiti adeguatamente. Ne hanno tutti le scatole piene! Finalmente uno sciopero unitario di tutti coloro che non intendono più subire, che dicono BASTA all’austerità in Francia e in tutta Europa. Da soli non possiamo niente. Assieme tutto è possibile.” Questa è anche la nostra parola d’ordine: “Uniti si vince”.
La Legge Macron
Il governo di centrosinistra francese di Hollande aveva avviato già nel marzo 2014 un cambio di rotta per attuare le riforme che il capitalismo francese chiedeva. Nominò a primo ministro il socialdemocratico dell’ala destra Manuel Valls e chiamò a coprire la carica di ministro dell’Economia il liberista Macron, in sostituzione del colbertista (statalista) Montebourg.
A dicembre 2014 la Commissione UE aveva concesso alla Francia tre mesi extra prima di decidere se sanzionare la sua violazione delle regole sul deficit di bilancio. La Merkel in seguito aveva dichiarato che “quello che c’è ora sul tavolo non è ancora sufficiente”.
Così a febbraio il governo ha cercato di accelerare il varo delle riforme necessarie a rendere più competitivo il sistema economico francese e con esso quello dell’imperialismo europeo. Per evitare la bocciatura della “Legge Macron” – contro la quale si erano espressi anche diversi deputati del PS – Hollande ha fatto ricorso ad una discussa norma costituzionale che, nel 2006, quando venne usata dal governo Chirac-Villepin egli stesso aveva definito “atto di brutalità”. Si è servito in sostanza, “per il bene del paese”, di una specie di voto di fiducia, di fronte al quale i “dissidenti” hanno fatto marcia indietro. Il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung definisce questa operazione una farsa, un teatro di Stato. Traduciamo: Hollande ha fatto il gioco delle parti, lasciando che la sinistra PS ammiccasse alla protesta sociale, sapendo tuttavia che non sarebbe giunta al punto di far cadere il governo e dare forza al populista Front National, o meglio ancora all’UMP dell’avversario Sarkozy, e perdere il proprio mandato. Sembra di assistere allo stesso spettacolo che viene rappresentato nel teatro della politica italiana.
Il quotidiano tedesco, che valuta poco rilevanti le riforme francesi in preparazione, rimarca sarcasticamente che l’unione nazionale e la spinta al compromesso prodotta dall’attacco terroristico contro Charlie Hebdo non hanno portato frutti sufficienti. Hollande e Valls non hanno saputo mobilitare una “große Koalition” contro disoccupazione, e … dissenso sociale.
Con una crescita ferma allo 0,4% negli ultimi tre anni e la disoccupazione sull’11%, la Francia è in ritardo anche rispetto alla timida ripresa economica dell’eurozona”, dice il Wall Street Journal (18.02’15). Per accrescere la propria competitività le ricette della borghesia francese non si discostano molto da quelle sintetizzate nel Jobs Act varato dal governo di centrosinistra italiano in soccorso della borghesia nostrana: spremere i salariati, per diminuire il costo del lavoro. Il pacchetto di riforme del mercato del lavoro sarà inoltre accompagnato da tagli alla spesa pubblica di €50MD fino al 2017, anno in cui il governo prevede di tornare a rispettare il limite di deficit stabilito dai trattati UE, pari al 3% del PIL.
La legge Macron, ben accolta da Medef come “vero passo avanti nella giusta direzione”, contiene misure di liberalizzazione del mercato del lavoro, di facilitazione dei licenziamenti, di privatizzazione di numerose aziende pubbliche per un valore tra i €5 e €10MD. Per il padronato sono previsti facilitazioni fiscali e sgravi contributivi per un totale di €40 miliardi, una riduzione del costo del lavoro che riguarda soprattutto il settore dei bassi salari. Inoltre essa riduce il potere dell’ispettorato del lavoro e le competenze della medicina del lavoro, attacca i giudici dei consigli di arbitraggio (Conseils des proud’hommes) e i difensori dei lavoratori con un nuovo arsenale disciplinare anti-sindacale.
Tutte misure che rientrano nel cosiddetto Patto di Responsabilità annunciato da Hollande ad inizio 2014.
Vengono abolite le pene detentive per i padroni che non rispettano le norme che disciplinano i negoziati con i loro dipendenti.
La legge prevede anche una maggiore apertura domenicale e notturna dei negozi,[8] con conseguente flessibilità oraria dei salariati del commercio, senza alcuna contropartita.
Sono inoltre previste forme di liberalizzazione delle “libere professioni”, contro le quali sono subito insorti i loro rappresentanti, notai, avvocati, tassisti, farmacisti, etc. che hanno già ottenuto alcune concessioni. I farmacisti, ad esempio, sono riusciti a mantenere il monopolio anche sulla vendita di farmaci che non necessitano prescrizioni mediche.
La legge rappresenta inoltre un ulteriore passo verso la privatizzazione delle ferrovie statali, SNCF; prevede la soppressione di linee ferroviarie e l’aumento delle tariffe a profitto del trasporto su gomma; le linee di autobus potranno operare su percorsi in competizione con le ferrovie statali.
Otre alla summenzionata legge, il ministro dell’Economia intende espandere il ricorso agli “Accordi di mantenimento dell’occupazione”, siglati lo scorso anno, che consentono alle imprese di negoziare/imporre ai lavoratori maggiore flessibilità di orario e di retribuzione. Finora solo poche imprese ne hanno fatto uso, perché rimane il lacciuolo della legge sulle 35 ore settimanali, che un padrone può aggirare se dimostra che la situazione economica della sua impresa è grave.
Una rappresentante della sinistra del partito socialista, Marie-Noëlle Lienemann, ha ammesso che le misure previste dalla Macron sono quelle che “Sarkozy non è riuscito a far passare”. Anche in questo il teatro politico francese rassomiglia in modo sorprendente a quello italiano.
Per i padroni tutto è buono nella Macron: licenziamenti, limitazioni all’indipendenza dei proud’hommes,[9] lavoro notturno, lavoro domenicale, restrizioni a medicina del lavoro, ispezioni del lavoro
[1] SUD rivendica un immediato aumento generale dei salari di €300 e lo SMIC a €1700, e il riassorbimento del lavoro precario.
[2] Dal nome del ministro dell’Economia Industria e tecnologia dell’Informazione, ex banchiere d’investimenti Emmanuel Macron, che ha lavorato quattro anni presso Rothschild. Prima di divenire ministro Macron è stato consigliere economico di Hollande durante la campagna elettorale e poi alla presidenza.
[3] CGT, Confédération Générale du Travail, maggiore sindacato con il 34% dei consensi nelle ultime elezioni dei Conseil de prud’hommes del 2008, paragonabile alla nostra CGIL, affiliata alla confederazione Sindacale Europea (CES); FO, Force Ouvrière (Forza Operaia), con il 18% terzo sindacato nella Funzione Pubblica dopo CGT e CFDT, affiliata CES; FSU, Fédération Syndicale Unitaire, primo sindacato tra gli insegnanti e secondo nella Funzione Pubblica, dopo FO; SUD (Solidaires, Unitaires, Démocratiques), 3,82% alle elezioni Proud’homales del 2008, fa parte della Rete europea dei sindacati alternativi e di base.
[4] Secondo i dati CGT, 32 000 secondo la polizia.
[5] Hanno aderito alla mobilitazione circa il 24% degli insegnanti delle materne ed elementari, tasso che sale al 50% nei dipartimenti di Parigi e Seine-Saint Denis, e che ha superato il 40% in diversi altri dipartimenti (Creuse, 48 %, Cantal, 44 %, Puy-de-Dôme, 41%, le Var, Côte-d’Or, Pyrénées-Orientales e Val-de-Marne); attorno al 35% dei docenti di superiori e università; complessivamente nel settore educazione la partecipazione sarebbe stata inferiore al 10% secondo il ministero.
[6] SMIC, Salaire Minimum Interprofessionnel de Croissance, è il salario minimo orario vigente in Francia, vale a dire il livello retributivo orario al di sotto del quale non può scendere alcun salario. Si applica ai lavoratori con almeno 18 anni di età, appartenenti al settore privato o con contratto di diritto privato nel settore pubblico. Il valore dello SMIC al 1° gennaio 2015, rivalutato rispetto al 2014 dello 0,8%, è di €9,61 lordi/h, cioè a 1457,52 € lordi mensili, con un orario settimanale legale di 35 ore.
[7] Per gli ospedali sono previsti tagli alle spese di €3MD tra il 2015 e 2017, 22 000 tagli occupazionali; la riforma territoriale smantella il settore sanitario, sociale e medico-sociale.
[8] Le domeniche di apertura vengono portate da 5 a 12 l’anno.
[9] Commissioni arbitrali composte da rappresentanti dei lavoratori e del padronato