Enrico Marro
Il premier: reazioni nel
conto, ma i cittadini ci seguiranno. Il pranzo a casa Montezemolo e il ruolo di
Catricalà
Le liberalizzazioni preparate dal
governo con Antitrust e Confindustria in segretezza con un decreto-legge per
anticipare le proteste delle categorie.
Necessarie
anche per presentare alla UE delle riforme che controbilancino la cattiva
situazione dei conti pubblici.
ROMA – «Sorpresa»,
rivendica Romano Prodi. E in effetti è stata una sorpresa per tutti, compresi
alcuni ministri. Ma questo non significa che l’operazione «Cittadino
consumatore», come l’ha abilmente battezzata il suo artefice Pierluigi Bersani,
non sia stata costruita lentamente, passo dopo passo, fino alla cena dell’altra
sera a Palazzo Chigi tra gli stessi Prodi e Bersani e i ministri più
importanti. Operazione coperta, per impedire che fosse impallinata da fughe di
notizie. E così, ieri pomeriggio, quando il ministro dello Sviluppo comincia a
spiegare in sala stampa le 12 liberalizzazioni e il suo telefonino trilla un
giornalista azzarda: «Sono le assicurazioni». Risata generale. Bersani spegne e
riprende, ma un altro suo cellulare squilla. Il ministro attacca di nuovo e
consegna tutto a un suo collaboratore, che, guardando il numero, mormora:
«Questi sono i tassisti».
Cominciano le proteste delle categorie colpite dal
decreto. «Le abbiamo messe nel conto – aveva detto la sera prima a cena Prodi,
ma alla fine la maggioranza dei cittadini apprezzerà». L’operazione «Cittadino
consumatore» comincia subito dopo la costituzione del governo. Bersani incontra
Antonio Catricalà. I due si conoscono da tempo e sono in ottimi rapporti. Il
ministro chiede al presidente dell’Antitrust quali sono le più importanti
segnalazioni che l’autorità ha fatto al Parlamento e che sono rimaste
inascoltate. Gli uffici consegnano a Bersani un corposo dossier con le censure
sulla concorrenza inviate negli ultimi 5 anni.
Vi aggiungono il Libro Bianco
sulle professioni già mandato a Bruxelles. Nella documentazione sono
elencati tutti gli ostacoli che frenano la concorrenza in settori chiave, dal
commercio alle assicurazioni, dalle banche ai farmaci.
Bersani si mette al lavoro. L’ipotesi iniziale è quella di un disegno di legge.
Il dossier arriva a Palazzo Chigi, dove trova la massima attenzione nei
sottosegretari Enrico Letta e Fabio Gobbo, ex commissario dell’Antitrust sotto
la presidenza di Giuliano Amato. La questione arriva sul tavolo di Prodi
insieme con la manovra bis. Il premier si rende conto che alla diagnosi
preoccupata del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa («la
situazione è peggiore del ’92») non potrà corrispondere una manovra robusta
perché il governo non vuole lo scontro coi sindacati. Si profila una manovrina
modesta, di sola lotta all’evasione, senza tagli alla spesa. Prodi teme le
reazioni negative dei mercati e della commissione Ue. Decide allora di
bilanciare il tutto spingendo sull’«agenda Giavazzi». Una mossa liberale per
bilanciare la concertazione, con riforme che fanno anche molta immagine. E qui
arriva la vera sorpresa. Le misure saranno prese per decreto, immediatamente
operative, se necessario con la fiducia.
C’è da costruire il consenso necessario. Ma sempre evitando le fughe di
notizie. Bersani rivela il piano al presidente della Confindustria in una
colazione a casa di Luca di Montezemolo e ottiene un convinto via libera.
Giovedì sera la cena a Palazzo Chigi tra Prodi e i ministri, molti dei quali non
sanno nulla del pacchetto liberalizzazioni. Clemente Mastella e Livia Turco
fanno osservare che i notai e i farmacisti daranno battaglia. Prodi spiega che
si interverrà per decreto: «Questa è una cosa alla quale tengo moltissimo. Così
daremo la scossa, dobbiamo far vedere che vogliamo governare davvero». Ieri, in
consiglio dei ministri, di nuovo qualche protesta da parte di chi era ancora
all’oscuro di tutto. Poi il decreto passa. «Me l’aspettavo – commenta
Catricalà con i suoi collaboratori – ma non speravo in un decreto legge. Bene
così: esistono tutti i requisiti di necessità e urgenza». Il cerchio si chiude.