CRISI-RIPRESA-RIVOLUZIONE:UNA DINAMICA POSSIBILE?
Il proletariato paga ogni crisi capitalista.
Con la guerra, o con i sacrifici.
Con i morti, o con l’aumento dello sfruttamento.
Questo vale in assoluto, in tutte le epoche, fino all’ultima attuale crisi internazionale.
Questo vale in tutto il mondo, come vale in Europa, dove ad un’Europa che cerca di approfittare della crisi per rilanciare ed accelerare il proprio processo di compattamento continentale, non corrisponde un’adeguata risposta di resistenza e ritirata ordinata operaia.
A fronte di questa inadeguatezza di classe, scontiamo tutti i tentativi di “superare l’ostacolo” della passività nell’affermarsi di “teorie” ed atteggiamenti oscillanti tra i tifosi di un rinnovato capitalismo di stato ( magari a rimorchio della gauche Hollandiana ), ai movimentismi-nazionalisti che non “vogliono pagare il debito”, fino alle strabiche novità del “benecomunismo”.
Tutte queste “risposte” hanno in comune il tentativo di “ridurre il danno”, nell’illusione di ritardare, o frenare, gli effetti della crisi ed il fatto che questa venga scaricata per intero sul proletariato.
Da qui, anche grazie all’appoggio interessato di gruppi e lobby localistiche e regionali, si sviluppano le ideologie della “fuoriuscita dall’Euro” o, addirittura, di contrapposizione tra aree mediterranee e direttorio Franco-Italo-Tedesco.
Noi pensiamo che, seppure tra frenate ed accelerazioni, stop and go, contrasti e “cooperazioni rafforzate”, il processo verso gli Stati Uniti D’Europa sia un processo dettato dalla necessità di una adeguata competizione continentale con gli altri giganti economici in campo già prima, ma soprattutto dopo la crisi.
A questa realtà ogni giorno piu’ verificabile non possiamo piu’ opporre una inutile marcia indietro, ma, al contrario, cercare di comprendere e sfruttare quegli elementi strategicamente convenienti al proletariato che, dialetticamente, anche in questa situazione si producono.
Insomma, la storia va avanti, e dentro questa dobbiamo cogliere il “movimento reale che supera lo stato di cose presenti”.
E oggi, qual è il movimento reale che supera lo stato di cose presenti?
Noi pensiamo che questo movimento stia dentro il processo di planetizzazione capitalista, cioè dell’estensione del modo di produzione capitalistico a tutto il pianeta terra.
E’ certo un processo che sta provocando drammi e tragedie, guerre locali ed erosione economica, ma anche la nascita e l’allenamento alla lotta ed allo sciopero di nuovi, giganteschi, comparti di classe ai 4 poli del mondo.
Lotte certo frammentate ed orfane di una organizzazione internazionale ed internazionalista, ma lotte reali, che esistono, e che sono destinate alla generalizzazione.
Ma, al di la delle spesso eroiche resistenze sindacali, il processo della mondializzazione capitalista contiene 3 elementi universalmente validi a noi strategicamente favorevoli.
1°) La diffusione internazionale della condizione proletaria ( 300 milioni di salariati nel 1950, 1 miliardo nel 1990, 1 miliardo e mezzo nel 2005, circa 2 miliardi oggi ).
2°) La concentrazione proletaria nella città-metropoli ( 700 milioni di cittadini nel 1950, 2,8 miliardi nel 2000, 3,5 miliardi oggi ).
3° ) La contaminazione migratoria del proletariato, che unisce ed allena le attuali generazioni operaie alla comunanza materiale, lavorativa, di lotta e di organizzazione.
Certo, questi sono “solo” dati oggettivi che, da soli, senza cioè la comprensione degli stessi e l’intervento sulle inevitabili contraddizioni che produrranno, possono finire nella barbarie della guerra imperialista, a produrre la vecchia dicotomia distruzione-ricostruzione-riavvio del ciclo capitalista.
Ma sono dei dati concreti, che se dipingono una realtà “conveniente” a livello mondiale, possono essere tradotti, in Europa, in un’altra dialettica situazione favorevole.
Se è vero, come è vero, che il proletariato europeo non ha risposto in maniera adeguata alla crisi, potrebbe essere possibile che, di fronte ad un’accelerazione nella centralizzazione europea, ci sia una maturazione, in un numero consistente di avanguardie operaie, della necessità di una organizzazione di classe che agisca nella contraddizione con un proprio scopo, autonomo ed internazionale.
Uno scopo palese quanto storicamente determinato e temporalmente individuabile nella possibilità, da parte dei padroni europei, una volta superata “pacificamente” la crisi, di individuare e competere, con altri mezzi, anche con le armi!, con gli stessi nemici di oggi, e di arruolare il proletariato europeo in questa nuova conquista armata di merci e mercati.
Arrivare prima!
Arrivare pronti, attrezzati, coscienti ed organizzati a questo appuntamento della storia è la vera risposta adeguata alla crisi, ed agli annunci di un suo prossimo superamento.
Un superamento che non annuncia nulla di buono ad una visione superficiale, ma che lascia spazi di analisi ed intervento per chi sa andare oltre la crosta di un’apparenza troppo spesso di facciata.
Combat/Comunisti per l’Organizzazione di Classe