Cina, operai contro azienda italiana “Picchiati e trattati da schiavi”

I lavoratori denunciano i manager di una fabbrica di Shenzhen e scendono
in piazza. Il presidente smentisce

Tremila
persone manifestano bloccando un´autostrada: "Vogliamo giustizia"
PECHINO – La delocalizzazione non esporta solo
posti di lavoro. Per la prima volta un´azienda italiana è al centro di una dura
battaglia operaia in Cina, accusata di gravi abusi contro i diritti umani. La
DeCoro, produttrice di divani con una fabbrica nella zona industriale di
Shenzhen, è denunciata per lo sfruttamento e perfino le violenze commesse da
manager italiani sui dipendenti locali
. Il presidente dell´azienda
smentisce tutto e grida al complotto, ma la protesta finisce con grande rilievo
sulla stampa indipendente di Hong Kong. Secondo questa versione è dopo
un´aggressione contro tre leader operai, finiti all´ospedale lunedì, che
tremila dipendenti della DeCoro hanno abbandonato la fabbrica e hanno
manifestato bloccando l´autostrada di Pingshan.
Gridavano «fermate la violenza, vogliamo giustizia e protezione dei nostri
diritti». È intervenuta la polizia anti-sommossa e li ha dispersi a
manganellate. La ribellione, esplosa mercoledì mattina, si è conquistata
così l´attenzione del South China Morning Post. Il quotidiano di Hong Kong, che
non è sottoposto alla censura del governo cinese, ha una vasta rete di
informatori nella regione meridionale del Guangdong dove si trova Shenzhen. È
dal Guangdong che negli ultimi mesi filtrano notizie sempre più frequenti di
scioperi e lotte operaie
. Il boom economico che ha fatto di questa
provincia di 83 milioni di abitanti la zona più ricca della Cina, fa esplodere
le rivendicazioni salariali e la conflittualità sociale. Quando sono sotto
accusa delle imprese occidentali lo scandalo è maggiore: contestate nei propri
paesi perché trasferiscono l´occupazione all´estero, queste aziende rivelano in
Cina dei comportamenti inaccettabili (oltre che illegali) a casa loro.
Le denunce più clamorose finora hanno colpito grandi multinazionali che
appaltano la produzione a fornitori locali senza scrupolo
. La Repubblica
ha documentato nei mesi scorsi casi di sfruttamento minorile o abusi dei
diritti umani in cui sono state accusate aziende cinesi che lavorano «in conto
terzi» per Walt Disney, Timberland, Puma. Ora invece per la prima volta è
sotto accusa una piccola azienda tutta italiana, coinvolta in modo diretto e
non tramite il giro dei subappalti a produttori locali
. Il South China
Morning Post pubblica la foto di due operai, Chen Zhongcheng e Liang Tian,
ricoverati in ospedale con gli occhi tumefatti e alcune fasciature. Liang ha
raccontato che i dirigenti italiani lo hanno picchiato, insieme a due compagni,
il 31 ottobre. Secondo lui, erano andati a lamentarsi dai capi dopo che
l´azienda aveva cercato di tagliare del 20% i loro salari. Di fronte al rifiuto
degli operai la DeCoro ne avrebbe già licenziati ottanta a settembre. Il
salario medio in quella fabbrica è di 250 dollari al mese
. «Mi hanno preso
a pugni nello stomaco – ha raccontato Liang – ho perso conoscenza per qualche
secondo. Mi hanno calpestato il viso quando ero a terra. Era umiliante». Un
altro operaio, Li Fangwei, ha riferito che le violenze sono frequenti:
«Picchiano regolarmente gli operai cinesi. Sono come dei lupi. Sono razzisti e
ci trattano da schiavi». Secondo un compagno la polizia non li ha difesi
:
«Dopo il primo episodio di violenza abbiamo fatto denuncia ma la polizia non ha
fatto niente. Non ci fidiamo più delle autorità. Vogliamo proteggerci da
soli»
. Interpellato da Repubblica in Italia, ieri sera il
presidente della DeCoro, Luca Ricci, ha smentito
di aver chiesto tagli
salariali del 20%. Ha smentito anche di aver scritto una lettera di scuse ai
tre operai ricoverati in ospedale (dettaglio riportato dal South China Morning
Post). «Ci sono stati degli italiani che hanno picchiato degli operai cinesi,
ma non è vero che questo è avvenuto durante una disputa sulla riduzione dei
salari. Gli operai erano stati licenziati per motivi che riguardano il loro comportamento
sul luogo di lavoro, poi sono rientrati abusivamente in azienda. Non credo che
siano stati gli italiani a picchiare per primi, ma credo che l´abbiano fatto
per reazione». Ufficiosamente gli italiani si descrivono come vittime,
evocano manovre contro di loro, magari organizzate da concorrenti locali
. L´esperienza
indica che il governo cinese, pur essendo inflessibile nel reprimere i
conflitti sociali, qualche volta si mostra più tollerante se il bersaglio delle
proteste operaie è un´impresa straniera. In particolare se i padroni sono
giapponesi, taiwanesi, o (più raramente) americani
: in quei casi scatta un
riflesso nazionalista che legittima perfino gli scioperi, normalmente vietati.
Quando sulla stampa di Pechino affiorano notizie di proteste contro salari
bassi e sfruttamento, quasi sempre si scopre che dietro c´è una multinazionale,
non un´azienda cinese.
Questo non significa però che le rivendicazioni siano inventate dalla stampa, o
manovrate dal potere politico. In quelle aziende straniere che pagano salari
superiori alla media cinese e che offrono condizioni di lavoro umane (ci sono
anche quelle, e ne ho visitate), sarebbe difficile convincere i dipendenti a
scioperare o a manifestare. Se i dirigenti della DeCoro hanno la coscienza
in regola, per dimostrare la loro correttezza c´è una soluzione. Il presidente
Luca Ricci inviti a visitare la fabbrica di Shenzhen le sue rappresentanze
sindacali italiane, assistite da interpreti forniti dall´Ufficio internazionale
del lavoro, o dalle organizzazioni umanitarie con sede a Hong Kong
. Una
visita aperta anche ai giornalisti italiani, con ampia facoltà di intervistare
gli operai cinesi, sarebbe la prova della buona fede dell´azienda. Nell´attesa,
l´unica versione dettagliata dei fatti è quella uscita sull´autorevole e
indipendente quotidiano di Hong Kong.

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