Fabio
Cavalera
In nome della lotta alla corruzione è in corso una
durissima battaglia per il potere
A cadere sono gli alleati dell’ex leader
Jiang Zemin, considerati avversari da Hu Jintao
Lotta nel PCC fra l’ex-presidente JIANG ZEMIN e il
successore HU JINTAO: le epurazioni
contro la corruzione (guidate dal vicepresidente ZENG OINGHONG) farebbero fuori
gli uomini di JIANG in vista del Congresso del PCC che si terrà tra un anno.
PECHINO — In Cina è in corso una profonda epurazione,
la più importante degli ultimi anni, da quando dopo la strage di Piazza
Tienanmen nel 1989, sconfitti i riformisti, Jiang Zemin assunse il potere per
poi mantenerlo fino al 2003. La lotta alla corruzione e gli arresti che ne
sono seguiti offrono il pretesto. Nella realtà in gioco vi sono sia le poltrone
di prestigio sia i programmi di sviluppo economico che sono ormai usciti dalla
rotta indicata dal governo a causa del perverso condizionamento esercitato
dalle lobby e dai centri di potere locale più propensi a difendere le loro
isole di miracolo e i loro conti in banca che non a condividere le ricchezze
con le aree del Paese rimaste arretrate. Un passaggio delicato nella storia
della modernizzazione post maoista e i suoi protagonisti suggeriscono che gli
eventi non appartengono alla categoria dei normali avvicendamenti.
QUARTIER GENERALE — È sempre molto difficile decifrare ciò che accade
nelle segretissime residenze della «nuova Città Proibita», il quartiere
generale del Partito comunista sul lato ovest della vera Città Proibita (a
Zhongnanhai, protetta da alte mura, risiede la nomenklatura cinese), però le
linee di fondo degli avvenimenti segnalano che, dietro all’esplosione degli
scandali, si è aperta una crepa nelle relazioni fra i dirigenti che a Pechino
reggono le sorti generali del partito e dello Stato e i dirigenti delle
Province e delle Municipalità che rivendicano una autonomia al limite della
indipendenza. Il caso di Shanghai, scoppiato settimana scorsa con la
destituzione del segretario e del vicesegretario del partito per la gestione
illecita dei fondi pensione, è il sintomo di una battaglia che alla fine
modificherà la geografia del potere in Cina perché lo sta attraversando sia in
orizzontale nei piani alti sia in verticale, a cascata nelle unità più lontane
dalle capitale. In discussione è l’impianto delle alleanze che uniscono le
correnti di pensiero e di affari, dal cuore alla periferia, della Cina.
L’OMBRA DI JIANG — Sullo sfondo vi è, in primo luogo, la definizione
degli equilibri fra l’ex presidente, ex segretario generale ed ex capo delle
forze armate Jiang Zemin che nonostante il ritiro continua a condizionare
la politica interna cinese, il suo successore Hu Jintao numero uno in carica
e il capo del governo Wen Jiabao che ha speso la sua parola per mettere sotto
controllo l’economia surriscaldata da gravi fenomeni di speculazione
immobiliare-finanziaria e di malcostume politico.
LA STELLA DI ZENG — In un ruolo che va sempre più affermandosi come
perno degli assetti definitivi, c’è il vicepresidente della Repubblica, Zeng
Qinghong, l’uomo che ha in mano le chiavi della organizzazione comunista e che
gestisce i dossier e le carriere dei leader centrali e locali. Portato
ai vertici del Pcc proprio da Jiang Zemin, del quale come vicesegretario a
Shanghai era stato il principale collaboratore-consigliere, oggi Zeng Qinghong,
figlio di uno dei veterani della Rivoluzione e dell’Armata Rossa nonché ex
ministro dell’Interno, avrebbe assunto una posizione meno allineata, se non
addirittura conflittuale, con il suo vecchio protettore. Un capovolgimento
di fronte. Zeng Qinghong ha spinto per scoperchiare il pentolone delle
corruzioni che vedeva coinvolti numerosi «colonnelli» vicini a Jiang Zemin e
sta ora governando il repulisti dentro al partito, un’opera drastica di
ridimensionamento e di allontanamento degli uomini ancora una volta più vicini
a Jiang Zemin.
Il ribaltone è serio ed esteso, coinvolge i «mandarini» del Partito comunista
nelle maggiori città e province ma potrebbe persino allargarsi, secondo le voci
che provengono dallo stesso Pcc, ad alcuni dei nove membri dell’ufficio
politico permanente, il livello più alto di autorità nel Paese, i veri
«padroni» dello Stato.
I PERDENTI — Gli alleati di Jiang Zemin. Risulterebbero indebolite le
posizioni di Jia Qinglin e Huang Ju, ex sindaci di Pechino e di Shanghai,
il primo attuale presidente della Assemblea Consultiva, l’istituzione che
affianca l’organo legislativo, l’Assemblea Nazionale. Fra un anno si
svolgerà il diciassettesimo congresso del Pcc ma le epurazioni in corso dicono
che di fatto quel congresso è già cominciato. Dall’esito di questo scontro,
che incrina i silenzi della «Nuova Città Proibita», dipende la tenuta di un
partito-Stato in grave difficoltà di immagine e credibilità e per di più
incapace di mediare i conflitti sociali. Dipende anche il futuro delle riforme
economiche e in prospettiva una timida apertura sul fronte politico.
EPURAZIONI
DENG XIAOPING Deng, qui sopra con Mao, fu estromesso
dal potere nel 1966, all’inizio della Rivoluzione culturale, come «reazionario»
LIN PIAO Lin Piao, erede del Grande Timoniere, morì in un misterioso
incidente aereo nel ’71: Mao aveva ordinato il suo arresto
JIANG QING Jiang Qing, vedova di Mao, e leader della Banda dei quattro:
fu arrestata nel 1976. Morì suicida nel 1991
ZHAO ZIYANG Leader del Partito al tempo di Tienanmen (4 giugno 1989), fu
destituito da Deng perché si opponeva all’uso della forza