Buenos Aires: un’assemblea internazionalista entusiasmante contro i governi della guerra e della fame – italiano / Español

Mercoledì sera, all’università di Buenos Aires, organizzata dal Partido Obrero, si è tenuta, con la partecipazione di centinaia di compagne e compagni, un’assemblea internazionalista caldissima, entusiasmante nella quale hanno preso la parola compagni e compagne della Turchia, della Grecia, dell’Italia, di Cuba, del Cile, degli Stati Uniti, del Perù.

Per la delegazione italiana sono intervenuti il compagno Fabio Santoro del SI Cobas e il compagno Pietro Basso della TIR (Tendenza internazionalista rivoluzionaria) di cui pubblichiamo il testo dell’intervento in italiano e in spagnolo.

Qui di seguito il link al report che ne ha fatto il giornale del Partido Obrero, “Prensa Obrera” – di cui sotto riportiamo la traduzione italiana.

https://prensaobrera.com/internacionales/un-gran-acto-internacionalista-contra-los-gobiernos-de-la-guerra-y-el-hambre

Care compagne, cari compagni,

abbiamo partecipato al congresso del Partito Obrero nei giorni scorsi, e alla dimostrazione di ieri davanti al Tribunale federale in solidarietà con il movimento piquetero e con il compagno Belliboni e la compagna Maria, con grande piacere ed emozione. Con lo stesso piacere, e la stessa emozione, siamo qui oggi con voi e le altre delegazioni internazionali in questa caldissima assemblea contro i governi della guerra e della fame.

Il governo Milei è senza dubbio oggi, sulla scena internazionale, uno dei più aggressivi esempi di governo della guerra e della fame. Ha schierato l’Argentina dalla parte dell’Ucraina, cioè dalla parte della Nato. Ha schierato l’Argentina dalla parte di Israele, cioè del genocidio contro i palestinesi. E nello stesso tempo è riuscito a chiarire più di qualsiasi nostro discorso contro di lui, che la guerra esterna e la guerra interna sono due facce della stessa medaglia. La Ley Omnibus, la Ley Bases, infatti, sono altrettante dichiarazioni di guerra contro gli operai, i proletari, i salariati di tutti i settori del pubblico e del privato, tutta quella larghissima parte della società argentina che vive del proprio lavoro, senza parassitare sul lavoro altrui. E voi, compagne e compagni del Partito Obrero e del Polo Obrero, avete ai nostri occhi il grande merito di esservi posti alla testa, già il 20 di dicembre scorso, della resistenza a questo attacco brutale, di avere opposto una ferma opposizione anche a tutte le manovre che, attraverso piccoli emendamenti, aiutano Milei a portare avanti il contenuto essenziale del suo attacco. Avete ai nostri occhi il grande merito di avere chiamato i settori più combattivi della classe lavoratrice a rispondere al governo senza farsi alcuna illusione sulle burocrazie sindacali, su questo o quel settore del peronismo, contando sulla sola forza che può davvero mettersi di traverso a questo avventutiero fascistoide che ha dietro di sé la borghesia argentina, gli Stati Uniti, il FMI. La vostra lotta contro il governo Milei, contro la Ley Bases, contro il protocollo Bullrich, contro tutte le forze interne e internazionali che sostengono Milei è la nostra lotta. E ancora ieri, al porto di Genova e a Napoli, abbiamo rinnovato la nostra solidarietà al movimento piquetero e al compagno Belliboni.

Per noi, l’internazionalismo non è una parola, non è uno slogan da ripetere per rendere più rotondo il nostro discorso, è il centro stesso della nostra attività. Ieri, proprio ieri, insieme al SI Cobas, ai giovani palestinesi d’Italia, al movimento di sostegno alla Palestina delle università, abbiamo paralizzato il porto di Genova, il più importante d’Italia, un porto decisivo per il traffico delle armi, in solidarietà con il popolo e la resistenza palestinese e per protestare contro il ruolo che ha l’Italia, lo stato italiano, l’industria bellica italiana, l’imperialismo italiano, nel genocidio di Gaza e nella guerra tra NATO e Russia in Ucraina.

Negli ultimi anni ci ha avvicinati la consapevolezza comune che l’esplosione della guerra in Ucraina il 24 febbraio di due anni fa, la sua trasformazione da guerra a bassa intensità (quale era da almeno 8 anni) a guerra di enorme devastazione, a massacro di enormi proporzioni, ha segnato un punto di non ritorno verso lo scontro armato tra il blocco imperialista occidentale ed il blocco in formazione intorno a Cina, Russia e Iran. Ci siamo detti: un campo imperialista è formato da tempo (Stati Uniti, Unione Europa, Giappone e loro satelliti); un altro campo imperialista è in formazione intorno alla Cina; a noi tocca di formare, di organizzare il nostro campo, il campo degli sfruttati e degli oppressi di tutto il mondo. Può esserci, e c’è, discussione sulla attribuzione della qualifica imperialista a Cina e Russia, ma non può esserci, e non c’è, discussione sulla questione decisiva: dai regimi capitalistici di Cina e Russia non verrà nessun aiuto alla nostra causa, alla causa della liberazione di tutti gli oppressi e gli sfruttati del mondo dal capitalismo. E non ci sarà nessun tipo di aiuto da parte delle potenze anti-occidentali neppure per le cause nazionali rimaste aperte, a cominciare da quella palestinese.

Guardate cos’è successo con la resistenza palestinese in questo frangente così drammatico. Il regime di Putin, da tempo ottimo amico del governo Netanyahu e in ottimi affari con esso, ha speso sì qualche parolina di critica ad Israele, senza però ridurre neppure di un solo rublo il suo giro di affari con Israele. E lo stesso vale per la Cina, che – dopo sei mesi di massacro – ha avuto il buon gusto di riconoscere “il diritto alla resistenza” dei palestinesi. Molte grazie, che generosità. Ma per non esagerare, prima Mosca e poi Pechino hanno convocato Hamas per dire ai suoi dirigenti: dovete accordarvi con l’ANP, cioè con i traditori della causa palestinese. Che formidabile aiuto!!

Nelle grandi, durissime lotte che ci attendono contro i governi della guerra e della fame, compagne e compagni, dobbiamo, possiamo fidare solo sulle nostre forze! Chiaro: anche in Russia e in Cina abbiamo i nostri. Ma non sono quelli che stanno al governo; sono gli operai, i proletari, la gioventù che in Russia, sia pure in pochi, hanno avuto il coraggio di protestare contro la guerra in Ucraina a costo di lunghi anni di detenzione; è, in Cina, quel proletariato che nel 1957, nel corso della rivoluzione culturale, nel 1989, e nei primi anni 2000 ha dato periodicamente filo da torcere ai mandarini “rossi” e alle multinazionali occidentali, quel formidabile gigante che pare oggi addormentato, ma quando si risveglia fa sistematicamente tremare tutti i governi e i capitalisti del mondo.

Quando noi, compagne e compagni della Tendenza internazionalista rivoluzionaria affermiamo: possiamo fare affidamento solo sulle nostre forze, ci riferiamo anzitutto all’esercito oggi sterminato dei proletari di tutto il mondo, e alla forza potenziale che esso è in grado di mettere in campo.

Chi ha occhi per vedere, ha già visto una parte di questo potenziale esprimersi nella solidarietà alla Palestina, che ha riempito le piazze di tutto il mondo nonostante non ci sia oggi una nostra Internazionale ad organizzarle. Ha già visto negli anni 2011-2012 e poi 2018-2020 le piazze di pressoché tutto il mondo arabo ed “islamico” riempirsi di movimenti di massa che avevano lo stesso slogan “il popolo vuole abbattere il regime”; ci sono riusciti e non ci sono riusciti, ma dalla loro forza è poi emersa la forza della resistenza palestinese del 7 ottobre, che a sua volta sta pungolando il mondo degli oppressi e degli sfruttati arabi ed islamici a sollevarsi di nuovo e con più radicalità, con più determinazione, contro i propri regimi e i loro grandi protettori. Chi ha occhi per vedere deve guardare come un sintomo di grandi avvenimenti futuri il movimento Black Lives Matter e i grandi movimenti proletari e popolari che hanno scosso nei primi anni di questo decennio diversi paesi dell’America del Sud. E lentamente queste sollevazioni si stanno facendo sentire anche nelle metropoli europee che saranno però, inevitabilmente, coinvolte dalle decisioni di tutti i loro governi di instaurare una economia di guerra, una disciplina di guerra nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nella società, per riuscire a portare il più compatta possibile la società alle guerre che comunque incombono.

Potete stare certi, compagne e compagni, che siamo stati e saremo in prima fila in Italia contro il governo Meloni e contro i poteri padronali che lo sostengono, come siamo stati in prima fila contro il precedente governo Draghi. Forze limitate le nostre, anche se strettamente consorziate con quelle del SI Cobas, ma determinate, coerenti, e convinte che non possiamo assolutamente accontentarci di essere una minoranza combattiva e cosciente. Dobbiamo puntare in modo inflessibile, pianificato ad entrare dentro la grande massa dei proletari con le nostre ragioni, le nostre parole d’ordine, il nostro programma di lotta, e con la nostra strategia di contrasto alla tendenza verso una nuova, apocalittica guerra inter-capitalistica.

E qui torniamo a punto di partenza: la necessaria tessitura di una rete internazionale di discussione, di confronto, di azione comune, di organizzazione. La stiamo costruendo insieme da almeno un paio di anni, e già il 24 febbraio scorso, su nostra proposta, siamo riusciti a prendere un’iniziativa in una ventina di paese contro le guerre del capitale sulla base delle stesse parole d’ordine. Un primo risultato, ma dobbiamo andare avanti, assolutamente, sulla base del rispetto e della reciproca fiducia.

Veniamo da tendenze differenti, ma non dobbiamo avere paura di questo. Il vecchio movimento proletario è morto. I rivoluzionari non possono, non devono mai essere dei replicanti, dei nostalgici, degli schiavi del passato. Il passato conta, per noi il passato del movimento proletario e comunista è fondamentale come un grande bagaglio di lezioni. Ma la sfida che dobbiamo accettare è quella del presente che ha caratteristiche in parte simili, in parte nuove rispetto al vecchio ciclo rivoluzionario.

Una nuova epoca di guerre e di rivoluzioni si è aperta. Sforziamoci di esserne all’altezza.

Le sole cose certe che sappiamo sull’Internazionale che tutti abbiamo nei nostri sogni è che il suo centro, e il suo centro di direzione, non saranno nell’area Europa-Russia; che essa non sarà in maggioranza bianca; che sarà invece di tanti colori e di tante “razze”, i tanti colori e le tante “razze” di cui è composto oggi il proletariato mondiale; che in essa le donne avranno un posto enormemente maggiore che in passato; e che lo stesso accadrà con le questioni ecologiche. E che sarà più che mai una Internazionale dell’azione rivoluzionaria, come Trotsky ebbe già a definire la Terza Internazionale. Il resto lo scopriremo strada facendo.

Auguriamoci un lungo cammino comune.

Abbasso il capitalismo globale!

Viva l’internazionalismo rivoluzionario!

Queridas compañeras, queridos compañeros:

Participamos en el congreso del Partido Obrero en los últimos días, y en la manifestación de ayer frente a la Corte Federal en solidaridad con el movimiento piquetero y con el compañero Belliboni

y la compañera María, con mucho gusto y emoción. Es con el mismo placer y la misma emoción que estamos hoy aquí con usted y las demás delegaciones internacionales en esta asamblea tan acalorada contra los gobiernos de la guerra y del hambre.

El gobierno de Milei es, sin duda, uno de los ejemplos más agresivos de gobernanza de la guerra y el hambre en la escena internacional actual. Ha puesto la Argentina del lado de la OTAN; ha puesto la Argentina del lado de Israel, es decir, del genocidio contra los palestinos. Y, al mismo tiempo, ha conseguido dejar más claro que cualquiera de nuestros argumentos contra él que la guerra exterior y la guerra interna son dos caras de la misma moneda. La Ley Ómnibus, la Ley Bases, en fin, son otras tantas declaraciones de guerra contra los trabajadores, los proletarios, los asalariados de todos los sectores del sector público y privado, toda esa amplísima parte de la sociedad argentina que vive de su propio trabajo, sin parasitar el trabajo ajeno. Y vosotros, compañeras y compañeros del Partido Obrero y del Polo Obrero, tenéis a nuestros ojos el gran mérito de haberos colocado, ya el 20 de diciembre, a la cabeza de la resistencia a este brutal ataque, de haber opuesto firmemente incluso a todas las maniobras que, mediante pequeñas enmiendas, ayudan a Milei a llevar a cabo el contenido esencial de su ataque. Ustedes tienen ante nuestros ojos el gran mérito de haber convocado a los sectores más combativos de la clase obrera a responder ante el gobierno sin hacerse ilusiones sobre las burocracias sindicales, sobre tal o cual sector del peronismo, contando con la única fuerza que realmente puede interponerse en el camino de este aventurero fascistoide que tiene a burguesía argentina detrás de él, los Estados Unidos, el sionismo internacional, el FMI. Su lucha contra el gobierno de Milei, contra la Ley Bases, contra el Protocolo Bullrich, contra todas las fuerzas nacionales e internacionales que apoyan a Milei, es nuestra lucha. Y también ayer, en el puerto de Génova y en Nápoles, renovamos nuestra solidaridad con el movimiento piquetero y con el companero Belliboni.

Para nosotros, el internacionalismo no es una palabra, no es una consigna que hay que repetir para hacer más redondo nuestro discurso, es el centro mismo de nuestra actividad. Ayer, ayer mismo, junto con SI Cobas, la juventud palestina de Italia, el movimiento universitario en apoyo a Palestina, paralizamos el puerto de Génova, el más importante de Italia, un puerto decisivo para el tráfico de armas, en solidaridad con el pueblo palestino y la resistencia y para protestar contra el papel desempeñado por Italia, el Estado italiano, la industria armamentística italiana, el imperialismo italiano, en el genocidio de Gaza y en la guerra entre la OTAN y Rusia en Ucrania.

En los últimos años, nos ha acercado la conciencia común de que el estallido de la guerra en Ucrania el 24 de febrero de hace dos años, su transformación de una guerra de baja intensidad a una guerra de enorme devastación, a una masacre de enormes proporciones, marcó un punto de no retorno hacia la confrontación armada entre el bloque imperialista occidental y el bloque que se forma en torno a China, Rusia e Irán. Nos dijimos: desde hace mucho tiempo se ha formado un campo imperialista (Estados Unidos, la Unión Europea, Japón y sus satélites), se está formando otro campo imperialista alrededor de China, depende de nosotros formar, organizar nuestro campo, el campo de los explotados y oprimidos de todo el mundo. Puede haber, y hay, una discusión sobre la atribución del título imperialista a China y Rusia, pero no puede haber, y no hay, una discusión sobre la cuestión decisiva: los regímenes capitalistas de China y Rusia no ayudarán a nuestra causa, la causa de la liberación del capitalismo de todos los oprimidos y explotados del mundo.Y no habrá ayuda de las potencias antioccidentales ni siquiera para las causas nacionales que siguen abiertas, empezando por la Palestina.

Miren lo que ha sucedido con la resistencia palestina en esta dramática coyuntura. El régimen de Putin, que ha sido durante mucho tiempo un buen amigo del gobierno de Netanyahu y ha tenido excelentes negocios con él, ha dedicado unas pocas palabras a criticar a Israel sin reducir sus negocios con Israel en un solo rublo. Y lo mismo ocurre con China, que -después de seis meses de matanza- ha tenido el buen gusto de reconocer el “derecho a la resistencia” de los palestinos. Muchas gracias, qué generosidad. Pero, para no exagerar, primero Moscú y luego Pekín convocaron a Hamás para decir a sus dirigentes: hay que llegar a un acuerdo con la Autoridad Palestina, es decir, con los traidores a la causa palestina. ¡Qué ayuda tan formidable!

En las grandes, durísimas luchas que nos esperan contra los gobiernos de la guerra y del hambre, compañeras y compañeros, ¡debemos, solo podemos confiar en nuestras propias fuerzas! Por supuesto, en Rusia y China también tenemos nuestros compañeros. Pero no son ellos los que están en el gobierno; son los obreros, los proletarios, los jóvenes que en Rusia, aunque pocos, han tenido el coraje de protestar contra la guerra en Ucrania a costa de largos años de detención; es, en China, ese proletariado que en 1957, durante la Revolución Cultural, en 1989, y a principios de los 2000 periódicamente hizo pasar un mal rato a los mandarines “rojos” y a las multinacionales occidentales, ese formidable gigante que hoy parece dormido, pero que cuando despierta hace temblar sistemáticamente todos los gobiernos y los capitalistas del mundo.

Cuando nosotros, los compañeras y compañeros de la Tendencia Revolucionaria Internacionalista, decimos: no podemos confiar más que en nuestras propias fuerzas, nos referimos, en primer lugar, al inmenso ejército de proletarios en todo el mundo, y a la fuerza potencial que es capaz de desplegar. Los que tienen ojos para ver, ya han visto una parte de este potencial expresado en solidaridad con Palestina, que ha llenado las plazas de todo el mundo a pesar de que hoy no hay una Internacional nuestra que las organice; Ya ha visto en los años 2011-2012 y luego 2018-2020 las plazas de casi todo el mundo árabe e “islámico” llenas de movimientos de masas que tenían la misma consigna “el pueblo quiere derrocar al régimen”; Tuvieron éxito y no lo lograron, pero de su fuerza surgió la fuerza de la resistencia palestina del 7 de octubre, que a su vez está incitando al mundo de los árabes y musulmanes oprimidos y explotados a levantarse de nuevo y con más radicalidad, con más determinación, contra sus regímenes y sus grandes protectores. Aquellos que tienen ojos para ver deben mirar al movimiento Black Lives Matter y a los grandes movimientos proletarios y populares que sacudieron a varios países de América del Sur en los primeros años de esta década como un síntoma de grandes acontecimientos futuros. Y lentamente estos levantamientos también se están haciendo sentir en las metrópolis europeas, que, sin embargo, inevitablemente se verán implicados en las decisiones de todos sus gobiernos para establecer una economía de guerra, una disciplina de guerra en el lugar de trabajo, en las escuelas, en la sociedad, para poder llevar a la sociedad lo más compacta posible a las guerras que se avecinan en cualquier caso.

Pueden estar seguros, compañeras y compañeros, que hemos estado y estaremos en primera línea en Italia contra el gobierno de Meloni y contra los poderes patronales que lo apoyan, así como estuvimos en primera línea contra el anterior gobierno de Draghi. Las nuestras son fuerzas limitadas, aunque estrechamente asociadas a las de el SI Cobas, pero decididas, coherentes y convencidas de que no podemos conformarnos en absoluto con ser una minoría combativa y consciente. Debemos aspirar de manera inflexible y planificada a entrar en la gran masa de proletarios con nuestras razones, con nuestras consignas, con nuestro programa de lucha y con nuestra estrategia de contrarrestar la tendencia a una nueva guerra intercapitalista apocalíptica.

Y aquí volvemos al punto de partida: el necesario tejido de una red internacional de discusión, de confrontación, de acción común, de organización. Lo venimos construyendo juntos desde hace al menos un par de años, y ya el 24 de febrero, a propuesta nuestra, logramos tomar una iniciativa en una veintena de países contra las guerras del capital sobre la base de las mismas consignas. Un primer resultado, pero debemos avanzar, absolutamente, sobre la base del respeto y la confianza mutua. En los últimos días, hemos estado discutiendo cómo avanzar, estableciendo un verdadero plan de acción común internacional e internacionalista contra los gobiernos de la guerra y el hambre. Lo conseguiremos en muy poco tiempo, porque esto nos impone la responsabilidad que sentimos frente a nuestra clase.

Venimos de diferentes tendencias, pero – compañeras y compañeros – no debemos haber miedo. El viejo movimiento proletario está muerto. Los revolucionarios no pueden, nunca deben ser replicantes, nostálgicos, esclavos del pasado. El pasado cuenta, para nosotros el pasado del movimiento proletario y comunista es tan fundamental como un gran bagaje de lecciones. Pero el desafío que debemos aceptar es el del presente, que tiene características en parte similares, en parte nuevas en comparación con el viejo ciclo revolucionario. Ha comenzado una nueva época de guerras y revoluciones. Esforcémonos por estar a la altura.

Lo único cierto que ya sabemos sobre la próxima Internacional y que todos sognamos es que ya no tendrá su centro y su centro de dirección en el área Europa-Rusia; que ya no será mayoritariamente blanca; que será en cambio de muchos colores y razas, los muchos colores, las muchas “razas” de las que se compone hoy el proletariado mundial; que las mujeres tendrán un lugar enormemente mayor que en el pasado; y que las cuestiones ecológicas tendrán un lugar igualmente importante. Y que será más que nunca una Internacional de acción revolucionaria, como Trotsky definió la Tercera Internacional. Todo lo demás lo veremos juntos, en el camino.

¡Deseamos juntos un largo viaje!

¡Abajo el capitalismo global!

¡Viva el internacionalismo revolucionario!

Una grande iniziativa internazionalista contro i governi della guerra e della fame

Con relatori provenienti da otto paesi.

Prensa Obrera, 27/06/24

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A corollario dell’incontro internazionale con le delegazioni di dieci paesi svoltosi il 24 e 25 giugno a Buenos Aires, giovedì 26 si è svolto un grande evento nell’auditorium della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires (UBA). Hanno parlato rappresentanti del Partito dei Lavoratori (Argentina), della Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria (TIR) ​​e del SI Cobas d’Italia, della Nuova Corrente di Sinistra per la Liberazione Comunista (NAR) della Grecia, del Partito Socialista Operaio (SEP) della Turchia, dei Comunisti di Cuba, la Forza 18 ottobre del Cile, il Comitato del Fronte Unito per un Partito Laburista (UFCLP) degli Stati Uniti e il Gruppo Vilcapaza del Perù.

Nel suo discorso, Panogiotis Xoplidis (della NAR della Grecia) ha affermato che la guerra in Ucraina e il genocidio in Palestina segnano un salto nella barbarie a cui ci porta il capitalismo. Ha descritto la guerra nell’Europa dell’Est come una guerra interimperialista e ha affermato che non stiamo assistendo, come sostiene la propaganda mediatica, ad uno scontro tra democrazia e totalitarismo nel mondo, ma piuttosto ad uno scontro di interessi tra le potenze occidentali e un blocco formato da Russia e Cina. E che non si tratta di scegliere tra l’uno o l’altro di questi “blocchi imperialisti”, come ha fatto buona parte della sinistra mondiale, ma di forgiare uno schieramento proprio degli stessi lavoratori. Per quanto riguarda la situazione in Medio Oriente, ha sostenuto che una vittoria del popolo palestinese incoraggerebbe gli oppressi nel mondo, in particolare le masse di migranti europei. Infine, ha elogiato l’incontro di Buenos Aires come “l’inizio di una risposta internazionalista alla guerra”.

Frank García Hernández, dei Comunisti di Cuba, ha denunciato il processo di restaurazione capitalista portato avanti dal governo dell’isola, che si caratterizza per un crescente sviluppo del settore privato (ci sono già più di 11 mila imprese di questo tipo, ha notato) e l’abbandono del monopolio statale sul commercio estero. A sua volta, ha sottolineato che a ciò si aggiungono la crescente repressione e persecuzione, che ha la sua principale espressione nell’arresto di circa 300 persone dopo le proteste del 2021 (contro il rapido deterioramento delle condizioni di vita) e nelle condanne comminate a molti lavoratori tra i 10 e i 20 anni di carcere per presunta “sedizione”. Ha affermato che la rivoluzione non deve essere confusa con il governo cubano e che l’isola deve essere difesa dall’aggressione imperialista e lottare, allo stesso tempo, per una rivoluzione politica antiburocratica.

Steve Zelter, del Comitato del Fronte Unito per un Partito Laburista (UFCLP) negli Stati Uniti, ha sottolineato il movimento di solidarietà di massa con la Palestina nel Nord America e l’aumento dell’organizzazione sindacale. Ha messo in guardia sulle proposte di Trump, che ha descritto come un pericolo per gli Stati Uniti e per il mondo intero, e ha sollevato la necessità di un fronte unito contro il fascismo. Ha concluso il suo discorso difendendo la prospettiva di un partito dei lavoratori americani che si opponga sia a Biden che a Trump.

“Nel Cile di Boric dobbiamo continuare a pagare per accedere ai diritti fondamentali”, ha detto Olga Aguirre, di Fuerza 18 de Octubre, per spiegare che l’esperienza del governo di centrosinistra nel paese transandino è al servizio degli interessi del grande capitale. Ha avvertito che i fronti popolari e la collaborazione di classe con la borghesia sono “un vicolo cieco” per la classe operaia. Una posizione indipendente, ha detto, è l’unico modo per affrontare con successo la destra.

Fabio Santoro, del SI Cobas italiano (un’importante centrale sindacale combattiva nel settore della logistica), ha evidenziato le precedenti coincidenze tra le organizzazioni che hanno partecipato all’incontro di Buenos Aires: la difesa dei metodi storici di azione della classe operaia, come il picchetto, e azioni comuni come gli eventi e le manifestazioni del febbraio di quest’anno, quando la guerra in Ucraina segnava due anni. Ha indicato che questa settimana di deliberazioni è un passo verso un’unità ancora più importante tra le forze presenti.

César Zelada, del Gruppo Vilcapaza e del consiglio di amministrazione del Movimento dei Senzatetto del Perù (MST-P), ha fatto riferimento al processo di golpe contro Pedro Castillo (destituito e incarcerato), e allo stesso tempo ai limiti politici del suo governo. E ha detto che, 30 anni dopo le fallite proposte di Fukuyama sulla fine della storia e delle ideologie, la fame, le repressioni e le guerre confermano le previsioni catastrofiche del partido Obrero.

Il rappresentante della SEP della Turchia, Ember Baser, ha iniziato il suo intervento sottolineando che la condizione di senzatetto – cosa comune a Buenos Aires come a Istanbul – è una sintesi della situazione attuale in cui viviamo sotto il capitalismo. Ha denunciato le innumerevoli guerre, massacri e genocidi, la repressione contro il popolo curdo e ha invitato a unire gli sfruttati del mondo nella lotta per la rivoluzione sociale.

Pietro Basso, della TIR d’Italia, ha iniziato il suo intervento affermando che Milei è uno degli esempi più aggressivi di governo della fame e della guerra, poiché ha allineato l’Argentina con la NATO, nel conflitto in Ucraina, e con Israele. E ha indicato che la guerra estera e quella interna “sono due facce della stessa medaglia”, perché la Legge Base – ha detto – è una dichiarazione di guerra contro i lavoratori. Ha riferito sulle azioni di solidarietà in Italia con il movimento piquetero e con Eduardo “Chiquito” Belliboni (leader del Polo Obrero perseguitato dal governo Milei), sia a Napoli che a Genova, e ha concluso che “l’internazionalismo non è un semplice slogan, ma il vero centro della nostra attività”.

Secondo lui nel mondo è in corso uno scontro tra il blocco imperialista degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e del Giappone, e un altro blocco che si sta formando attorno a Cina, Russia e Iran. Ha affermato che i regimi capitalisti di Russia e Cina non aiuteranno la causa del proletariato o cause come quella del popolo palestinese, e che si tratta di costruire un altro campo, quello degli sfruttati.

Al termine dell’attività, Gabriel Solano (leader nazionale del Partido Obrero) ha esordito celebrando la reazione degli operai boliviani, che in quel momento stavano espellendo dalla Plaza Murillo di La Paz, in Bolivia, i soldati che avevano tentato di effettuare un nuovo colpo di stato. Ha criticato il fatto che Milei e il Ministro della Sicurezza Patricia Bullrich non si siano espressi al riguardo, mentre, d’altro canto, attribuiscono tentativi di golpe inesistenti ai lavoratori che si mobilitano contro l’aggiustamento in Argentina.

Ha sostenuto che la guerra in Ucraina si scontra con l’imperialismo, che vuole portare a termine il processo di restaurazione capitalista negli ex stati operai, con il governo di Putin e gli oligarchi russi che cercano di condurre lo stesso processo alle loro condizioni. E ha aggiunto che l’obbiettivo, in questa situazione, è la lotta per il rovesciamento dei governi di guerra. Dopo l’inizio della conflagrazione nell’Europa dell’Est – ha ricordato – il PO ha lanciato un appello con una posizione indipendente e lo ha diffuso. E che, fortunatamente, abbiamo concordato una visione simile della guerra con correnti politiche di altri paesi che provengono da altre tradizioni politiche. Le coincidenze si estendono alla Palestina, dove non esiste solo una comune denuncia del genocidio, ma anche una difesa della resistenza del popolo palestinese e del suo diritto al ritorno.

Ha sottolineato che le forze presenti all’evento sono tutte forze attive nella lotta di classe dei loro paesi. Ha enfatizzato il compito di costruire partiti combattenti che lottino per il governo dei lavoratori e un’internazionale rivoluzionaria, che per il PO è la Quarta Internazionale.

Ritornando al tema della guerra, Solano sostiene che essa è l’espressione che la bancarotta capitalista ha raggiunto un livello in cui non può più essere elaborata solo in termini economici (fallimenti, tariffe, ecc.), politici e diplomatici, e che per questo aumenta la spesa in armi nel mondo.

Ha spiegato che i rivoluzionari saranno sempre in prima linea nella lotta contro il fascismo e personaggi come Trump, ma che nell’attuale situazione mondiale sono i governi di Biden, Sunak, Macron o Scholz (che sarebbe l’imperialismo “democratico”) quelli che incoraggiano la guerra e l’aggiustamento. La questione principale, quindi, è la lotta contro il capitalismo e l’imperialismo, e non il dilemma “democrazia vs. fascismo”. I fronti della collaborazione di classe – ha aggiunto – cancellano l’autonomia della classe operaia e finiscono per favorire la reazione politica e il fascismo, che trovano nella decomposizione capitalista il loro terreno fertile.

L’evento prevedeva un tavolo composto da relatori delle organizzazioni presenti e dai leader del PO Pablo Heller e Guillermo Kane. Si è conclusa, ovviamente, con il forte canto dell’Internazionale e “lottare, vincere, operai al potere” (“luchar, vencer, obreros al poder”).

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