Bombardamenti di pace e portaerei umanitarie?

Ha fatto scalpore la notizia riportata dal Guardian del 9 maggio secondo il quale un’imbarcazione partita dalla Libia e andata alla deriva non è stata soccorsa nemmeno dopo essere stata avvistata da una grande portaerei della NATO.

Il fatto che la versione on-line del Guardian corregga leggermente la versione (non più un’unità della NATO, ma semplicemente europea) non cambia affatto la questione: una nave da guerra che era sul posto "per soccorrere il popolo libico" ha lasciato morire di fame e di sete 62 delle 72 persone a bordo.

Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, l’imbarcazione era partita dalle coste libiche il 25 marzo con a bordo 47 etiopi, 7 nigeriani, 7 eritrei, 6 ghaniani e 5 sudanesi; fra loro venti donne e due bambini piccoli, in seguito tutti morti nel naufragio. Avrebbero pagato 800 dollari per la traversata; hanno pilotato essi stessi la barca, che però è presto rimasta senza carburante. Un elicottero militare li aveva avvistati, aveva gettato dei viveri ed era ripartito promettendo soccorsi che però non sono mai arrivati. Fra il 29 e il 30 marzo l’imbarcazione è passata vicino a una portaerei: i suoi aerei l’hanno sorvolata, ma nessuno è più intervenuto.
Dopo giorni alla deriva, con i passeggeri che morivano lentamente di stenti, l’imbarcazione è riuscita ad approdare sulle coste libiche ai confini con la Tunisia. Lì, i 10 superstiti sono stati arrestati dalla polizia libica e rinchiusi in carcere dove, dopo due giorni di detenzione, è morto un altro profugo. Un’altra vittima e altre sofferenze perché Gheddafi, ancorché sotto le bombe NATO e italiane, non viola, ma applica l’accordo anti-immigrati voluto dall’Italia. (Giorni dopo, grazie al pagamento di una cauzione di 900 dollari da parte di loro amici, i superstiti sono stati rilasciati e hanno raggiunto la Tunisia).

Molti alti papaveri si scandalizzano: per il ministro Maroni (da quale pulpito!) se la notizia è vera, sarebbe grave; il PD parla di "un’inaccettabile violazione dei diritti umani"; protesta Laura Boldrini dell’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati)…
Dall’altra parte comincia lo scaricabarile: la NATO nega ogni proprio coinvolgimento; molti puntano il dito contro la portaerei francese Charles De Gaulle (che in quel momento non era sotto comando NATO), ma la Francia smentisce. Anche la Guardia Costiera Italiana era al corrente del naufragio; si è limitata a mettere in allarme le autorità di Malta (già note alle cronache per aver mancato diversi soccorsi), che però negano ogni avviso.

La sostanza è che in un mare attraversato da unità da guerra intente a compiere una missione "di pace" a suon di bombardamenti, nessuno si è mosso per soccorrere 72 esseri umani che morivano di stenti.

Quello che è peggio è che la storia non ha nulla di eccezionale: secondo Melissa Fleming, portavoce dell’UNHCR, i migranti fuggiti dalla Libia e morti in mare sono almeno 1.200, a fronte di 12.000 giunti in Italia o a Malta. E anche per loro non è finita, perché ogni loro diritto è appeso a un filo. Lo testimonia la sentenza del 10 maggio con cui il tribunale di Milano ha condannato a 10 mesi di reclusione sette tunisini che avevano partecipato all’ultima rivolta nel CIE di via Corelli. Eppure erano fra quelli che avrebbero dovuto ottenere un permesso di soggiorno temporaneo!

Questi fatti criminali dimostrano, se ce ne fosse stato bisogno, che la motivazione “umanitaria” dell’intervento NATO e italiano in Libia è una menzogna, una indecente foglia di fico per realizzare con le armi la spartizione del petrolio e delle commesse libiche. Le navi NATO non soccorrono neppure i profughi che le loro bombe hanno provocato.

Spetta quindi a noi comunisti prestare un reale soccorso, battendoci sia per la fine dell’ennesima guerra fatta sulla pelle delle popolazioni che si pretende di proteggere, sia per la libertà di circolazione, contro le leggi che criminalizzano gli immigrati, e per la parità di diritti fra lavoratori italiani e stranieri, unico antidoto efficace al traffico di clandestini.

E’ una battaglia che è parte della nostra lotta per la liberazione dell’umanità dal capitalismo e quindi dalle sue guerre e diseguaglianze che producono dittatori avidi e sanguinari e spingono tanti lavoratori a intraprendere viaggi disperati e sempre più spesso senza ritorno.

L’organizzazione autonoma di classe è la nostra "coalizione dei volenterosi".

La rivoluzione sociale è il nostro "intervento umanitario".

Pagine Marxiste – Combat

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