A Bollate in provincia di Milano, dal Giugno scorso i lavoratori della coop. Ala portano avanti una vertenza per i diritti basilari, la dignità, il rispetto del contratto nazionale, un giusto salario e per la cessazione di ruberie in busta paga, minacce e vessazioni da parte dei caporali. Questa vertenza si inserisce nel ciclo di lotte delle coop. che da anni si succedono in Lombardia e ora sono arrivate fino in Emilia.
Anche in questo caso i protagonisti sono lavoratori migranti – organizzati nel SI Cobas e sostenuti dal coordinamento delle cooperative – che nonostante l’estrema situazione di ricatto che li attanaglia hanno deciso di organizzarsi per dire basta allo sfruttamento.
Questa lotta come le altre che l’hanno preceduta nel movimento di lotta delle cooperative , delinea infatti una marcata differenza con svariate esperienze che si stanno sviluppando in Italia nelle quali gli operai davanti a situazioni di chiusura delle fabbriche o aziende dove sono impiegati seguono percorsi esclusivamente mediatici.
Nascono così, come in un paradigma deciso a tavolino, scelte autolesionistiche quali salire su torri, tetti o carri ponte o scendere negli inferi delle miniere dove fino a ieri rischiavano la salute e la vita.
Questa mentalità, figlia di anni di concertazione e di annullamento di ogni prospettiva che guardasse al superamento dello sfruttamento di classe, genera oggi proletari-sentinelle del capitale che come fossero imprenditori lanciano appelli per rilanciare l’economia nazionale o nello specifico l’azienda dove erano impiegati senza mai affrontare la situazione a livello collettivo con le altre realtà in lotta.
Così Repubblica o il Corriere della Sera dedica loro una pagina o addirittura l’apertura, che onore per loro che si ricordano così di esistere ancora…almeno finchè la CGIL o qualche altro sindacato confederale non ne decreterà la morte insieme al padrone di turno. A Bollate la situazione non è questa:
Come tutte le lotte di classe che si mettono in moto e che non sono legate alle burocrazie sindacali, o ingabbiate dalla concertazione al ribasso, esse svelano il volto reale del capitalismo e mostrano in maniera chiara ed evidente il futuro che padroni e governi prospettano per tutti i proletari.
Nel capannone della coop. Ala gli operai svolgono il confenzionamento di prodotti cosmetici per alcune multinazionali del settore, in particolare la Cotril spa, principale azienda committente.
La Cotril da in appalto l’ultima parte della produzione del prodotto a una coop. , mentre nel frattempo apre una procedura di mobilità (licenziamento) per una decina di operai abbassando così il costo del lavoro.
Questo non accade solo alla Cotril, ma è una pratica che tutte le aziende utilizzano, come il caso della ex Unilever di Gaggiano (Mi) dove circa 270 lavoratori sono stati messi in cassa integrazione e al loro posto sono subentrate cooperative gestite da padroni indiani che impiegano manodopera con stipendi da fame e senza diritti. La condizione per rientrare a lavorare è quella di accettare condizioni di lavoro al ribasso. Potremmo citare molte altre fabbriche in diversi settori che impiegano finte cooperative per attaccare diritti e salario.
Inoltre un ulteriore elemento da approfondire è che se fino a questo momento abbiamo incontrato cooperative all’interno del settore della logistica, della sanità o del cosiddetto terzo settore, oggi ci troviamo di fronte ad esempi di cooperative che sostituiscono completamente interi reparti di produzione con tutto ciò che ne deriva.
In questa maniera i proletari subiscono un duplice attacco: da una parte il licenziamento di chi era assunto nelle fabbriche e la conseguente perdita dei diritti e del salario acquisti, mentre dall’altra il peggioramento delle condizioni del lavoro, del salario e quindi della vita per chi viene assunto nelle cooperative.
Questo sistema attuato su larga scala colpisce inevitabilmente tutti i lavoratori in ogni settore, che si trovano così indeboliti dalla concorrenza al ribasso tra lavoratori che padroni e governi cercano di spingere sempre di più per incrementare i loro profitti.
A questo punto è chiaro che la tendenza del capitale italiano sarà quella di sviluppare rapporti di lavoro di questo tipo nel quale c’è dentro di tutto e si registra un imbarbarimento dei rapporti di lavoro con un ritorno a pratiche di inizio 900.
La pratica quotidiana che ci vede presenti nelle lotte delle cooperative da alcuni anni, ci ha fatto conoscere bene il meccanismo che abbiamo descritto sopra e in particolare ci ha mostrato concretamente cosa s’intende per imbarbarimento delle condizioni di lavoro e di vita. Oltretutto, poichè in questa infame filiera dello sfruttamento i padroni per fare i profitti devono servirsi di altri attori, ovviamente funzionali e complici al loro risultato, troviamo mafia, politica e forze dell’ordine a formare un fronte compatto a difesa di questo sistema. La conseguenze sono un uso sitematico di lavoro nero, caporalato, evasione fiscale, traffico di manodopera migrante, minacce e licenziamenti a chi alza la testa, manganellate e arresti per chi sciopera.
Noi non ci stupiamo di tutto questo, per noi non è una novità perchè siamo coscienti che così è il capitalismo e sappiamo come per vivere abbia bisogno di valorizzare il proprio capitale grazie alle braccia, al sudore e al sangue del proletariato. Il capitalismo fino a quando ha potuto concedere le briciole, lo ha fatto, corrompendo in questo modo larghi strati di operai e garantendosi così la pace sociale.
Oggi c’è la crisi e le briciole servono a mantenere alti i profitti dei padroni e dei banchieri, anzi, le briciole sono poche e per questo si stanno riprendendo con gli interessi quelle concesse negli anni di vacche grasse, perchè il capitalismo non concede mai niente per niente.
E’ evidente che per i lavoratori il futuro va nella direzione di un’ulteriore peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, solo degli ingenui non se ne rendono conto.
Soluzioni noi non ne abbiamo, siamo però convinti che l’unica arma per migliorare le nostre condizioni sia quella della solidarietà, dell’unità tra i lavoratori e della lotta di classe , per costruire l’organizzazione dei lavoratori necessaria a superare l’attuale sistema economico.
Oggi 16 lavoratori della coop. Ala sono stati licenziati per avere alzato la testa, ma nonostante tutto continuano con determinazione e compattezza la lotta, aprendo contraddizioni anche all’interno delle istituzioni cittadine. Siamo per questo convinti che insieme ai lavoratori e alle realtà autorganizzate che li sostengono non perderanno la lotta.
Sostenere lotte come quella dei lavoratori della coop. Ala e collegarla ad altre vertenze, vuol dire difendere gli interessi di tutti i lavoratori, rimanere indifferenti significa rafforzare il percorso di peggioramento di tutti i lavoratori.
A ognuno la propria scelta!
Collettivo la Sciloria – Rho