– In attesa del nuovo grande piano per l’euro di Merkel e Sarkozy, si sa solo che sarà ancora più grande di quello del 21 luglio che non è sopravvissuto più di 24 ore all’esame dei mercati.
– Dovrebbe affrontare in un sol colpo: i problemi del debito sovrano, del capitale e della capitalizzazione delle banche, il che è stato definito dal primo ministro britannico, Cameron, un enorme bazooka.
– La Troika ha annunciato che pagherà la 5a tranche del primo pacchetto di salvataggio alla Grecia,
o ma il secondo pacchetto dovrà essere rinegoziato,
– 1a sfida del Grande Piano: affinché il debito greco torni ad essere sostenibile, occorre uno sgravio del debito maggiore di quanto ora viene offerto (40%, richiesto dalla Merkel; l’ex cancelliere Schröder parla già del 50%. n.d.T);
o Molti ritengono che la maggior parte di questo ulteriore sgravio sarà sostenuto dal settore privato, costringendo i detentori dei titoli greci a accettare perdite del 60%, contro il 21% previsto dagli accordi attuali; cosa che non sembra possibile ottenere su base volontaria;
o l’imposizione forzata provocherebbe un forte aumento dei contratti assicurativi (CDS, Credit-Default-Swap) con conseguenze imprevedibili
– L’alternativa allo scatenamento di una crisi tipo Lehman: i leader della zona euro dovrebbero avere il coraggio di un accordo per condonare sostanzialmente i crediti ufficiali procrastinando ulteriormente la loro scadenza e tagliando i tassi di interesse.
– 2a sfida: la ricapitalizzazione delle banche europee contro altre perdite per il debito sovrano. C’è voluto il collasso dei capitali delle banche, la chiusura del mercato di finanziamento delle banche e la prospettiva di una crisi del credito per convincere i leader dell’euro che le banche hanno pochi capitali.
o Ma quanto pochi capitali, quale scenario potranno affrontare le banche e chi fornirà il capitale necessario e in quale forma?
– Secondo i funzionari BCE basterebbe rifare i stress test e alzare la soglia del capitale richiesto dal 5 al 7%, e questo richiederebbe capitali aggiuntivi per circa €50MD (stime Morgan Stanley)
– Ma l’FMI ritiene potrebbero occorrere €300MD.
– Se l’area euro tiene troppo bassa la richiesta di garanzie alle banche, i mercati non si convinceranno a finanziare … se troppo alta i mercati si spaventano, interpretandolo uno stress test che comprende un taglio al debito italiano come segnale che anche il debito italiano è a rischio di default,
o scenario che sarebbe catastrofico perché non basterebbe alcun realistico ammontare di nuove azioni.
o Altro rischio del livello troppo alto di capitali richiesti è che le banche accelerino il disinvestimento … per aumentare i profitti sulle azioni
– 3a sfida: convincere i mercati che Italia e Spagna non hanno un problema di solvibilità ma di liquidità, e di conseguenza
o conferire al Fondo salvastati, EFSF, una potenza sufficiente ad abbassare i costi del prestito per i due paesi.
o La Germania, escluso l’aumento del fondo EFSF oltre i €440MD, da accrescere invece tramite prestiti dalla BCE, è disposta a rendere più efficace l’utilizzo delle sue risorse in altre maniere, compreso utilizzarlo per assicurare il primo 20% delle perdite sui titoli di Stato,
o cosa che porterebbe le capacità finanziarie dell’ESFS a €1,2 trilioni, dopo i prestiti a Irlanda e Portogallo.
– Ma il problema è politico: qualsiasi nuova direttiva per l’EFSF richiede un voto del parlamento tedesco. Da questo procede la
– 4a sfida: accordo per riforme istituzionali e di governance della UE che convincano paesi come la Germania che vale la pena di sostenere il grande piano,
o in queste riforme sarebbe compreso un controllo UE più rigido sulla politica fiscale nazionale, soprattutto per i paesi che necessitano dei fondi euro, e richiederebbero modifiche del Trattato di Maastricht.
– Ottenere l’accordo politico per trasferire ancora più poteri a Bruxelles non appare facile, date le difficoltà esistenti per un accordo di ampliamento dell’EFSF.
– L’ex cancelliere tedesco SPD, Schröder, chiede uno scudo ancora maggiore, la rinuncia da parte dei creditori a circa il 50% del loro credito. (in un’intervista a Financial Times Deutschland)
– Questa parziale cancellazione del debito dovrebbe essere fatta in modo tale per cui le banche non vengano danneggiate in modo permanente e che non avvii una reazione a catena in altri paesi europei. Nel gruppo dell’euro si starebbe già pensando ad una cancellazione fino al 60% del debito, che secondo gli economisti equivarrebbe ad un’insolvenza della Grecia, con conseguenti problemi per le banche europee.
– Nel caso di cancellazione del debito in Germania oltre le banche sarebbero colpiti anche i contribuenti, perché nel quadro degli aiuti internazionali alla Grecia, lo Stato tedesco ha assicurato crediti di urgenza per vari miliardi tramite la banca KfW.
– L’approvazione del Bundestag alla revisione dell’EFSF è solo una piccola tappa, deve essere ampliato anche l’EFSF.
Occorrono anche altre misure, ad es. l’introduzione degli eurobond.
– Rinuncia dei creditori a tutto o parte del loro credito; BCE perdite sui titoli di Stato che detiene;
– Altrettanto per banche d’affari e assicurazioni che hanno investito nei titoli greci;
o le grandi banche si sono in parte liberate di questi titoli.
– Sulla Grecia: alcuni economisti lo ritengono la migliore opzione, perché ridurrebbe il peso del debito e del servizio sul debito.
o Non risolverebbe però la crisi del debito, perché la Grecia dovrebbe in ogni caso adeguare le spese alle sue entrate.
o Inoltre il suo sistema bancario potrebbe collassare, dato che le banche dipendono dai crediti.
– Difficili da prevedere le conseguenze concrete. Secondo alcuni esperto gli effetti sarebbero catastrofici per la Grecia e per altri paesi dell’area.
– Per la Grecia potrebbe significare il crollo economico, dovrebbe reintrodurre la dracma, con conseguente forte svalutazione.
– Aumenterebbe la sua competitività internazionale per i prodotti a basso costo, ma aumenterebbero fortemente i vecchi debiti denominati in euro, a meno che prima non Atene non dichiari default.
– Anche per l’area dell’euro sono prevedibili gravi conseguenze:
o altri paesi finanziariamente deboli finirebbero sotto la pressione dei mercati finanziari, potrebbe instaurarsi un effetto domino.
o Infine potrebbe essere a rischio tutta l’area della moneta unica.
Is It a Euro Bazooka Or a Damp Squib?
– As the world awaits the details of the grand plan hatched by Angela Merkel and Nicolas Sarkozy over the weekend, one can’t help but be reminded of the South Sea Bubble. Like the German and French leaders, a famous 1720 stock offering promised investors "an undertaking of great advantage, but nobody to know what it is."
– All that we know about the new euro grand plan will be even grander than the July 21 grand plan that didn’t survive 24 hours of market scrutiny. It will aim to address at one stroke the inter-related problems of sovereign debt, bank capital and bank funding—what U.K. Prime Minister David Cameron has dubbed the big bazooka. What could possibly go wrong?
Despite the market’s initial enthusiastic response to news that this secret deal has been reached, plenty of pitfalls lie ahead.
– The first task is to secure a comprehensive solution to Greece’s problems. Although the Troika—as Greece’s lenders from the European Commission, European Central Bank and International Monetary Fund are known—said on Tuesday that it would pay out the fifth instalment of Greece’s first rescue package, it seems clear Greece’s second bailout package, agreed in July, will need to be renegotiated. To put Greece’s debt back on a sustainable footing, necessary to retain IMF support, it is likely that much more debt relief will be needed than is currently on offer.
– Many argue that most of any further debt relief should come from the private sector, by forcing the bulk of Greek government bondholders to take losses of up to 60%, compared with 21% under the existing deal. But it is hard to see how this can be done on a voluntary basis. A coercive deal would trigger credit-default-swap contracts with unknowable consequences.
– The alternative to unleashing a "Lehman moment" on global markets would be for euro-zone leaders to agree substantial forgiveness of official loans via further maturity extensions and interest rate cuts. This would have the added virtue of lifting some of the cloud over sovereign bond markets and easing the pressure on banks. But this solution would require political courage so far lacking from euro-zone leaders.
– That points to the second challenge: To recapitalize Europe’s banks to withstand further losses on government debt. It has taken the collapse of bank stocks, the closure of the bank funding market and a looming credit crunch to convince euro-zone leaders that the banking system is short of capital. But how short? What scenario should the bloc’s banks be able to withstand? Who should supply the capital and what form should it take?
– These aren’t easy questions. Top ECB officials believe it may be sufficient to re-run this summer’s doomed stress tests allowing for any increased haircut on Greek government bonds and setting a higher pass-mark of 7% core Tier 1 capital ratio rather than 5%, according to someone familiar with their thinking. That would indicate about €50 billion ($68 billion) of new capital would be needed, Morgan Stanley estimates. Yet the IMF says up to €300 billion could be needed, while 50% of investors recently surveyed by Morgan Stanley said at least this much is required.
– If the euro zone sets the bar too low, the markets will not be convinced, funding markets will remain closed and banks will continue to speed up their deleveraging plans. But setting the bar too high risks spooking the markets: investors may interpret a stress test that included a haircut on Italian debt as a signal that Italian debt was also at risk of default—a potentially catastrophic scenario for which no realistic amount of new equity would be sufficient.
– Another risk is that if capital levels are set too high, banks will further accelerate deleveraging to boost returns on equity.
– The third challenge is therefore to convince markets the challenge facing Italy and Spain is one of liquidity, not solvency. That in turn means arming the European Financial Stability Facility with sufficient firepower to reduce both countries’ borrowing costs.
o Germany has ruled out increasing the size of the EFSF beyond €440 billion and leveraging it with loans from the ECB,
o but it is open to other ways to make more effective use of its resources, including using it to insure the first 20% loss on government bonds—a move that could increase its firepower to €1.2 trillion after allowing for existing loans to Ireland and Portugal. But a worry is that any new EFSF guidelines would still require a separate vote in the Bundestag.
– That leads to the final vital element of the Grand Plan: Agreement on EU institutional and governance reforms necessary to convince countries such as Germany that the rest of the plan is worth supporting.
o These reforms would be sure to include much tougher EU oversight for national fiscal policies, particularly countries that draw on euro-zone funds, and would almost certainly require treaty changes. Given the difficulty the euro zone is facing securing support for the expansion of the EFSF, securing political agreement for the transfer of yet more powers to Brussels could be difficult.
Ms. Merkel and Mr. Sarkozy have promised to reveal the full details of their great undertaking in four weeks. If they pull it off, it will certainly be an achievement of great advantage. It will also be little short of a miracle.
09. Oktober 2011, 17:37 Uhr
Euro-Krise – Altkanzler Schröder fordert Schuldenschnitt für Griechenland
– Ein noch größerer Rettungsschirm, ein Verzicht der Gläubiger auf rund 50 Prozent ihrer Ansprüche: Altkanzler Schröder meldet sich in der Griechenland-Krise zu Wort und fordert ein forscheres Vorgehen. Tatsächlich verdichten sich die Hinweise, dass es zu einer harten Umschuldung kommen könnte.
– Hamburg – Der frühere Bundeskanzler Gerhard Schröder (SPD) hat einen Schuldenschnitt für Griechenland gefordert. Für das Land müsse es einen "intelligenten Schuldenschnitt um etwa 50 Prozent" geben, schreibt Schröder in einem Gastbeitrag für die "Financial Times Deutschland". "Dieser Teilschuldenerlass muss so gestaltet sein, dass weder der Bankensektor nachhaltig geschädigt wird, noch dass es zu einer Kettenreaktion in anderen europäischen Staaten kommt."
– Der Bundestagsbeschluss zum Rettungsschirm EFSF sei "nur eine kleine Etappe" gewesen. "Auch dieser Rettungsschirm wird ausgeweitet werden müssen", heißt es in dem Beitrag. Damit geht er auf Konfrontationskurs zu Bundeskanzlerin Angela Merkel, die eine Aufstockung des Fonds ablehnt. Weitere Entscheidungen, etwa über die Einführung von Euro-Bonds, stünden bevor, schreibt Schröder.
– Unterdessen wird es immer wahrscheinlicher, dass es tatsächlich zu einer solchen Maßnahme kommt. Wie die Deutsche Presse-Agentur aus Finanz- und Verhandlungskreisen erfuhr, werden aktuell in der Euro-Gruppe Szenarien für einen Schuldenschnitt von bis zu 60 Prozent durchgespielt.
– Gläubiger Griechenlands müssten dann auf diesen Anteil ihrer Forderungen verzichten.
– Bei einem Schuldenschnitt wären in Deutschland nicht nur Banken, sondern auch die Steuerzahler betroffen, weil der Staat im Rahmen der internationalen Hilfen Griechenland Notkredite in Milliardenhöhe über die Förderbank KfW gewährt hat.
– Ein Schuldenschnitt von 60 Prozent käme aus Sicht von Ökonomen einer Insolvenz Griechenlands gleich. Als problematisch gilt die Auswirkung eines solchen Schritts auf die europäischen Banken.
Für die Euro-Zone wären die Folgen weitreichend: Die Gläubiger müssten ganz oder teilweise auf ihr Geld verzichten.
Die Europäische Zentralbank etwa müsste Verluste auf die Staatsanleihen hinnehmen.
Gleiches gilt für Geschäftsbanken oder Versicherer, die in griechische Staatsanleihen investiert haben. Das würde ihr Eigenkapital belasten. Allerdings haben die großen Banken im Ausland ihre Papiere schon zum Teil abgeschrieben.
Als finale Lösung für die Schuldenkrise gilt eine Pleite aber keineswegs, denn die Griechen müssten ihre laufenden Ausgaben trotzdem ihren Einnahmen anpassen. Sonst häufen sie weiter Schulden an. Der sogenannte Teufelskreis wäre nicht durchbrochen. Außerdem blieben griechische Banken bei einer Pleite auf Forderungen sitzen. Das Bankensystem im Land könnte kollabieren
Die konkreten ökonomischen Folgen eines Austritts Griechenlands aus der Euro-Zone sind schwer vorhersehbar. Viele Experten sind sich aber sicher, dass die Auswirkungen für das Schuldenland und andere Staaten des Währungsraums verheerend wären.
– Für Griechenland könnte es der wirtschaftliche Zusammenbruch sein. Ohne Euro müsste das Land wieder seine alte Währung Drachme einführen, die vermutlich eine drastische Abwertung erfahren würde.
– Über billigere Produkte würde dies zwar der internationalen Wettbewerbsfähigkeit Athens zugutekommen. Viel schwerwiegender wäre aber, dass zugleich die in Euro aufgenommenen Altschulden drastisch steigen würden. Das wäre allerdings nicht der Fall, wenn es vorher zu einer Pleite gekommen wäre.
– Hinzu kommt, dass das Land seine Staatsausgaben mangels Kreditfähigkeit nur aus seinen Einnahmen finanzieren könnte. Die Folge wäre ein vermutlich noch viel stärkerer Abschwung als bisher.
Auch für die Euro-Zone hätte ein Austritt mit sehr hoher Wahrscheinlichkeit verheerende Folgen. An den Finanzmärkten würden wohl schnell andere finanzschwache Länder unter Druck geraten, der sogenannte Domino-Effekt könnte eintreten. Die Risikoaufschläge für Staatsanleihen entsprechender Länder würden drastisch steigen, und die jeweiligen Länder ähnlich wie Griechenland an den Rand der Zahlungsunfähigkeit führen. Letztlich könnte so der gesamte Währungsraum ins Wanken geraten.