Secondo il candidato BARGHOUTI (al quale gli scrutini danno il 19,6% dei voti) il voto è stato viziato da brogli e dalla pressione israeliana.
Contrario ad “accordi parziali”, BARGHOUTI vuole una conferenza che arrivi ad accordi definitivi con ISRAELE.
RAMALLAH – Mustafa Barghouti, il principale sfidante di Abu Mazen, ha appena finito un incontro con John Kerry, il senatore democratico sconfitto da George Bush alle presidenziali americane. Lo si potrebbe definire “il meeting degli sconfitti”. «Ma quali sconfitti – dice sorridendo Barghouti – il nostro è stato un incontro tra due futuri presidenti».
Medico, esponente di una delle più influenti famiglie palestinesi, figura di spicco della società civile e del movimento per i diritti umani, Barghouti ha costruito la sua base politica proprio partendo dalla sua organizzazione umanitaria “Al Mubadara” raggiungendo un accordo elettorale con il Fronte popolare. Ora si definisce leader della «prima forza democratica in Palestina». I risultati annunciati ieri gli assegnano il 19,6 per cento dei voti, il secondo posto subito dopo Abu Mazen. Barghouti annuncia che il suo programma nel futuro non cambierà. «Dobbiamo lottare contro la corruzione, rifondare l´economia e dare prima di tutto lavoro alla nostra gente».
Dottor Barghouti riconosce la vittoria di Abu Mazen a queste elezioni o si sente defraudato?
«Non ho problemi ad ammettere che ha vinto lui, anche se i dati sui risultati del voto che abbiamo noi sono diversi da quelli finora diffusi. Abu Mazen ha ottenuto il 55 per cento e non il 62,3, noi abbiamo avuto il 29 e non il 19 per cento dei voti».
Lei ha denunciato diverse irregolarità durante le votazioni. Può essere più esplicito?
«Prima di tutto gli ostacoli e le difficoltà poste dagli israeliani che hanno fatto diminuire il numero dei votanti. Io stesso sono stato fermato ben otto volte. Non è successo a nessun altro candidato. Credo poi che ad un certo punto della giornata elettorale il gruppo politico di Abu Mazen abbia avuto timore dei risultati che avremmo potuto raggiungere e ha fatto modificare il regolamento elettorale mentre lo scrutinio era ancora in corso, posticipando di due ore l´orario di chiusura dei seggi. Questo ha permesso a diversa gente di votare due volte senza nessuna possibilità di verifica. L´inchiostro indelebile usato per impedire il doppio voto, in realtà si poteva facilmente lavare via».
Lei ha appena annunciato che costituirà un “governo ombra” e che si sta preparando per le prossime elezioni amministrative e per quelle legislative di luglio. Ha deciso di trasformare il suo movimento in un partito politico?
«Certo, avremo un “governo ombra” come c´è in tutti Paesi democratici. Il partito di fatto esiste già. C´è la nostra organizzazione “al Mubadara”, c´è l´accordo con il Fronte popolare, e poi l´appoggio dei Comitati dei lavoratori indipendenti e di molte altre personalità nazionaliste palestinesi. Con queste elezioni “al Mubadara” ha almeno raggiunto una forza dieci volte superiore di quanto non fosse prima».
Non la imbarazza aver ricevuto dei voti dagli integralisti di Hamas che ufficialmente aveva annunciato il boicottaggio?
«Questa è una assoluta falsità. Io non ho avuto neanche un voto da Hamas. Al contrario, io ed il mio movimento abbiamo raggiunto un grande risultato: abbiamo decretato la fine del governo del partito unico, al Fatah, e bloccato la crescita di Hamas. Gli elettori che sono sempre stati stritolati tra gli integralisti da un lato e al Fatah dall´altro, hanno trovato una terza via. C´è finalmente una terza forza politica democratica in grado di rappresentarli».
Abu Mazen è stato eletto presidente anche per la promessa di riavviare subito il negoziato con il governo israeliano. Lei come leader del “governo ombra” collaborerà a questa prospettiva o è per lo scontro?
«Noi chiediamo una Conferenza internazionale di pace come quella di Madrid nel 1992. Non dobbiamo perdere ancora del tempo con una trattativa o con accordi parziali che non portano da nessuna parte. Dobbiamo arrivare presto a una “Madrid 2”, ridiscutere l´intero percorso del processo di pace e raggiungere una soluzione definitiva. Abbiamo già perso 11 anni, abbiamo avuto 4.500 morti e circa 60 mila feriti. È troppo».
L´accusano di aver ricevuto dei finanziamenti, soprattutto americani, per la sua campagna elettorale. Come risponde?
«Non ho ricevuto un solo centesimo dall´estero. Queste sono bugie vergognose. Mi è capitato di rifiutare persino i soldi dall´agenzia americana Usaid per la mia Ong umanitaria. La mia campagna elettorale è stata basata esclusivamente sul volontariato e su donazioni private dei palestinesi».
Di cosa ha discusso con John Kerry?
«Abbiamo parlato di politica, ho illustrato al senatore le mie posizioni. È stato un incontro veramente molto positivo».