Lunedì 15 dicembre sarà la data culmine di un lungo periodo di scioperi e agitazioni che scuotono il Belgio dall’estate
Il nodo attuale sono le misure decise, su pressione europea, dal governo Michel (nota 1), insediatosi dopo quattro mesi di trattative nell’ottobre 2014: 11 miliardi di € di risparmi sul bilancio in 5 anni, l’aumento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni, tagli alla sanità, tagli salariali (riduzione dell’aggancio dei salari all’inflazione con un risparmio di circa 3 miliardi di € e una perdita pro capite per ciascun lavoratore di 340 € all’anno), taglio degli assegni sociali e di disoccupazione, riduzione del diritto di sciopero.
L’argomentazione principale dei sindacati, che hanno realizzato un fronte unitario di azione, è che tutti i tagli riguardano i lavoratori, che sono fra l’altro i più tassati d’Europa, mentre le rendite finanziarie e immobiliari sono esenti
A onor del vero Michel prosegue sulla linea di austerity impostata dal precedente governo di Elio Di Rupo nel triennio 2011-14. Quello che ha fatto la differenza è che i socialisti, esclusi dal governo per la prima volta da 26 anni, hanno spinto le burocrazie sindacali, prima assai tiepide e conciliatorie, a prendere la guida della protesta operai, anche perché rischiava di sfuggire loro di mano. Le lotte infatti hanno sorpreso i burocrati sindacali per estensione e durezza (La Libre 8 novembre). Se il nuovo governo vira a destra, alle elezioni il PTB+ (una coalizione di Partito dei lavoratori del Belgio, Partito Comunista belga e Lega Comunista rivoluzionaria) ha superato lo sbarramento del 5%. Questo a ridato energia a frange sindacali indipendenti e radicali che hanno costretto i sindacati tradizionali a impostare una serie di scioperi coordinati da un fronte unitario (a cui aderiscono SCS , FGTB Federazione generale dei lavoratori belgi, FGSLB ecc). I burocrati di lungo corso stanno in realtà trattando col governo lontano dalle luci della ribalta, ma intanto hanno avallato le lotte.
A fronte dei lavoratori che vedono peggiorare le loro condizioni sta una classe dirigente di grandi ricchi (il Belgio paese di antica industrializzazione e di capitalismo maturo presenta una concentrazione della ricchezza, in particolare finanziaria notevole) e una classe politica disgregata e incapace di trovare formule di governo stabili (fra il 2010 e il 2011 il paese restò senza esecutivo per 18 mesi). Quindi un paese in continua crisi di squilibrio caratterizzato da successo economico e inefficacia della rappresentanza politica, spaccato in due dall’eredità storica (la metà olandese e la metà francese, fiamminghi contro valloni), che deve fare i conti con una immigrazione consistente dall’Africa e dai paesi arabi . Ospitando nella sua capitale le principali istituzioni europee, i lavoratori trovano facilmente modo di unire la contestazione del proprio governo alla contestazione dei burocrati europei.
E se il partito vittorioso alle ultime elezioni (33% dei voti), NVA (Nuova Alleanza Fiamminga) è parzialmente euroscettico, la maggior parte dei fiamminghi vagheggia un secessionismo più o meno radicale, con annesso taglio delle spese sociali e un indurimento delle politiche anti-immigrazione (l’NVA ha espresso l’obesa leader De Block responsabile di 13 mila immigrati arrestati nei primi sei mesi del 2013; record di richiedenti asilo respinti in patria che poi sono stati uccisi, brutalità della polizia contro gli immigrati). Insomma l’NVA è una versione belga del leghismo nostrano, ma con un peso economico ed elettorale di ben altra consistenza (i fiamminghi sono il 58% della popolazione, che si attesta sui 10,6 milioni).
Le proteste sindacali sono iniziate a partire dal 2012 nell’area vallona, il sud un tempo centro di un impero minerario siderurgico, travolto negli anni ’60 dalla ristrutturazione internazionale e quindi oggi povero e “assistenzialista”, dove cioè il taglio del welfare colpisce strati ampi di lavoratori e pensionati impoveriti. Pian piano si sono estese al nord, ricco e produttivo, dove però si comincia a scontare la chiusura di alcune fabbriche, una parziale crisi del porto di Anversa, i tagli pesanti nelle ferrovie .
Come la politica così anche le azioni sindacali sono pesantemente condizionate dalla doppia anima linguistica del paese.
Sono stati i ferrovieri per primi a rompere lo schema, su iniziativa della CGSP, e a impostare scioperi in tutto il territorio nazionale paralizzando il paese fra giugno e luglio, forti di una tradizione organizzativa e rivendicativa di tutto rispetto. Ma anche nel loro caso mentre in Vallonia e a Bruxelles non ha viaggiato alcun treno, nelle Fiandre era operativo un treno su tre; tuttavia il danno inflitto agli Eurostar e al gestore internazionale Thalys è stato notevole. La protesta riguarda la “riforma” ferroviaria cioè la netta separazione del gestore dell’infrastruttura (pubblico) dall’operatore (privatizzato) con creazione di rami indipendenti (logistica, trasporto merci, passeggeri, controllo informatico), che ha comportato tagli del personale, espansione dei contratti a termine o stipulati tramite cooperative, l’apparto di certi servizi. Peccato che la loro lotta non sia stata collegata a quella dei ferrovieri tedeschi, francesi e svedesi che sono state quasi contemporanee.
L’atmosfera si è scaldata in ottobre con una serie di scioperi regionali fra il 16 e il 24 ottobre: i manifestanti avevano bloccato l’attività del porto di Anversa, chiuse scuole, uffici, supermercati.
Il 6 novembre concentrazione di operai a Bruxelles (circa 150 mila), la più importante dagli scioperi del 1960-61, con presenza di delegazioni dal settore chimico farmaceutico, trasporti, porti, acciaio, aerospaziale (con massa d’urto rappresentata da portuali e siderurgici). Importante il superamento degli steccati linguistici. Presenza anche di studenti e centri sociali. La manifestazione è punteggiata da scontri di piazza, vengono caricati dalla polizia i portuali di Anversa (molti feriti, trenta arresti). Gruppi neo nazisti attaccano fisicamente il Partito Socialista, francofono, che ha messo il cappello politico alla manifestazione
I giornalisti notano nei cortei la presenza di n numerosi giovani, arrabbiatissimi, provenienti da Liegi, dove molte fabbriche fra cui la Mittal hanno chiuso e pronti allo scontro fisico c0n la polizia; sono loro che hanno occupato la sede di Confindustria a Bruxelles e bloccato la circonvallazione esterna della capitale.
Il 24 novembre sciopero “regionale” a Anversa, Hainault, Limburgo e Lussemurgo che riesce perfettamente corredato da picchetti, riguardanti circa 400 luoghi di lavoro con più di 100 dipendenti, blocchi stradali, cortei. Viene bloccata tutta la produzione delle industrie hi-tech. Bloccato l’aeroporto di Charleroi,. Fermi tutti gli autobus e i treni, i centri commerciali, banche , scuole, ospedali. Scioperano anche i netturbini e i giudici.
L’8 dicembre in coincidenza della riunione dell’Eurogruppo, Bruxelles è paralizzata. Incide soprattutto lo sciopero dei trasporti (autobus, treni e metropolitane e l’aeroporto di Zaventem). I ferrovieri bloccano l’intero paese e anche i collegamenti delle principali città (Anversa, Namur, Liegi) con il resto d’Europa. Picchetti sbarrano l’entrata di più di 300 imprese nel Brabante, sia fiammingo che vallone (nota 1). Bloccati i corrieri privati; blocchi stradali sulle arterie di collegamento extraurbano. Bloccate le lezioni in tutti gli ordini di scuola. Picchetti anche davanti ai supermercati (Le Soir 9 dicembre). Ai cortei partecipano gli universitari, gli attori dei teatri, ma anche le piccole officine. Sono stati diffusi 1, 2 milioni di volantini
Questa breve rassegna degli avvenimenti ci permette di verificare le somiglianze con la situazione italiana (là la polizia picchia i portuali, qui i metalmeccanici, simile la ristrutturazione delle ferrovie, simili gli obiettivi iugulatori hesie). La grossa differenza è che tutto quello che i lavoratori belgi stanno per perdere (welfare, contingenza, contratti a tempo indeterminato ecc), gli italiani l’hanno perso molti anni fa (salvo forse l’età pensionabile)
In conclusione c’è un’aria di famiglia nei comportamenti delle borghesie europee, ma certamente i lavoratori belgi hanno combattuto meglio le loro battaglie di difesa e hanno, per loro fortuna, ancora molto da perdere e stanno ancora combattendo con grande vigore, così come hanno fatto i lavoratori greci prima di loro. E con le loro lotte mandano un forte segnale ai lavoratori italiani.
1) Il governo di Michel, un liberalista francofono che guida il MR (Movimento di Riforma) comprende i principali partiti fiamminghi di destra fra cui NVA (Nuova Alleanza fiamminga), che grazie al 33% dei voti ha ottenuto i ministeri più importanti (le finanze, gli interni, la difesa e la funzione pubblica), CD&V (Partito cristiano democratico fiammingo) e Open VLD (Partito dei Liberali Democratici Fiamminghi Aperti).