Un articolo di Limes relativo al 2011 stimava che le fonti di energia dell’Ucraina si ripartivano in 38% di gas, 32% carbone, 18% nucleare, 10% petrolio, 2% altro (solare, etc.).
Da almeno un ventennio i governi ucraini hanno messo a punto progetti di diversificazione delle fonti e di riduzione dei consumi, e quindi di riduzione dalle forniture russe (40 miliardi di metri cubi l’anno nel 2011). I consumi sono calati per gli effetti della crisi economica, ma le imprese ucraine sono ancora “energivore” (si è calcolato che gli impianti consumano il doppio di quelli tedeschi).
Una alternativa sarebbe diversificare (dal 2012 la Germania propone progetti per la produzione di biocombistibili solidi (pellet) in Ucraina, ma sono ancora in fase sperimentale.
Lo sfruttamento dei giacimenti di gas nei Carpazi, nel Donbass e nel Mar Nero potrebbero fornire oltre 20 miliardi di metri cubi all’anno, Eni, EDF e Ruhrgas hanno mostrato interesse alla cosa, ma attendono che la situazione politica si stabilizzi.
Fino al 2006 per l’Ucraina transitava l’80% di tutto il gas russo esportato verso l’Unione Europea. Ma preoccupata per l’inaffidabilità ucraina, la Russia di Putin ha puntato sulla diversificazione, trovando ampia collaborazione nei due paesi europei che più dipendono dalle forniture russe: la Germania che fino al 2012 dipendeva per il 40% di tutto il suo fabbisogno dalla Russia e l’Italia che importa dalla Russia il 25% del suo consumo di gas. Gia dal 2007 sono partiti i progetti di pipeline che aggirassero l’Ucraina da nord e da sud (cfr cartina di Limes). North Stream, in funzione dalla fine del 2012, trasporta 55 miliardi di mc di gas all’anno direttamente in Germania ed è stato costruito grazie alla collaborazione di Gazprom con il capitale tedesco (Basf e E.on), francese (Gaz de France-Suez) e la tecnologia italiana (Saipem e Snamprogetti). South Stream che entrerà in funzione nel 2015, trasporterà 63 mila miliardi di mc l’anno verso Italia, Austria, Slovenia; è un progetto congiunto Gazprom, Eni, EDF e Wintershall (Basf AG), quindi itali-russo-franco-tedesco.
Insieme i due oleodotti nel 2015 trasporteranno più dei due terzi dell’export di gas russo verso l’Europa (nel 2013 l’export totale è stato di 161,5 miliardi di mc) . Questo significa per qualsiasi governo ucraino un indebolimento nel braccio di ferro con la Russia. Ma significa anche un grosso intreccio di interessi fra paesi europei (almeno alcuni) e il governo russo, che controbilanciano l’ interesse a fomentare uno scontro con Putin per l’assorbimento dell’Ucraina.
Una partita, quella dell’energia, che non interessa gli Usa (cui preme fondamentalmente l’estensione della Nato). Questo spiega le diverse posizioni assunte ad es. da Merkel e Obama, ma anche dal governo italiano. Putin ha offerto ai gruppi energetici tedeschi, e anche italiani, importanti compartecipazioni nell’estrazione del petrolio russo.
Di contro un numero significativo di imprese italiane e tedesche investono in Ucraina e spingono per una maggiore integrazione.
La guerra del gas e del petrolio fra Russia e Ucraina ha alla base l’ambizione russa di riprendere la gestione degli oleodotti ucraini, anche tramite una fusione di Neftogaz , l’impresa di stato ucraina con Gazprom, progetto osteggiato da buona parte degli oligarchi ucraini. Sempre Mosca ha contrattato di volta in volta sconti sul prezzo di gas e petrolio o moratorie sul debito accumulato dagli ucraini con concessioni militari, principalmente in Crimea. La minaccia di chiusura dei rubinetti del gas è sempre stata l’arma vincente della “diplomazia” russa.
Lo scontro fra i due paesi è strettamente connesso con i contrasti regionali e fra clan economici all’interno dell’Ucraina, e ha pesantemente influenzato le vicende politiche ucraine.
Fra il ’92 e il ’94 l’Ucraina ormai indipendente tratta con la Russia di Yeltsin una serie di accordi con cui, in cambio della moratoria del debito accumulato nei confronti di Gazprom , che minaccia l’interruzione delle forniture, l’Ucraina cede alla Russia il porto di Sebastopoli per 20 anni e buona parte della flotta del Mar Nero. Per forzare la mano agli ucraini la Russia fomenta il separatismo della Crimea, che ha in Meshkov il suo leader (1994), ma anche delle aree di Odessa e Dnepropetrovski. Ma il governo ucraino vara comunque nel 1995 una legge che impedisce a Gazprom di partecipare all’acquisto delle aziende ucraine privatizzate. Gazprom è costretta a pagare per il transito del suo gas attraverso l’Ucraina.
Per meglio trattare con la Russia, Kuchma concentra la distribuzione del gas sul mercato ucraino in Neftogaz ed elimina con accuse di corruzione la UES di Julia Timoschenkho che negli anni ’90 se ne era accaparrata un terzo, grazie ai buoni rapporti con Gazprom. Alle elezioni scende direttamente in campo il partito degli industriali del Donbass (distretti di Donetsk e Luhansk), legati alla siderurgia, guidati dai magnati Akhmetov e Taruta, che volevano un calo del costo dell’energia. Tuttavia il deficit statale che si accumula costringe il presidente Kuchma a chiamare al governo il liberista Yushchenko fra il 2000-2001 (con ministro dell’energia la Timoschenkho!). Akhmetov e&C. si coalizzano per ottenere le dimissioni dei due e lanciare un nuovo oleodotto che trasporti in Europa su territorio ucraino il petrolio kazako e azero (da Odessa a Brody sul confine polacco). Nel consorzio di costruzione entrano la tedesca Ruhrgas e l’americana Kellogg Brown (gruppo Halliburton).
Yushchenko viene sostituito nella carica di premier da Yanukovic, ex governatore del distretto di Donetsk, che si dichiara favorevole all’entrata nella UE, ma contrario a una eventuale adesione alla Nato; Yanukovic nel 2004 viene eletto presidente; accusato di brogli elettorali, viene travolto dalla “rivoluzione arancione”, appoggiata dall’occidente che sponsorizza in alternativa Yushchenko eletto a sua volta presidente nel 2005, grazie anche ai finanziamenti del magnate russo dissidente Berezovsky, Nel 2005 Yanukovic è indagato per aver collocato numerosi parenti in posti chiave di Neftogaz. Sia lui che la Tymoscenko (costretta alle dimissioni) sono accusati aver coperto il ruolo del boss mafioso Semion Mogilevich nella gestione della russo-svizzera RosUkrEnergo che fino ad allora gestiva la rete ucraina di pipelines che trasportano il il gas russo e turkmeno in l’Europa; RosUkrEnergo viene così esautorata a vantaggio di Naftogaz. Yuschenko quindi estromette i russi dalla gestione della rete di oleodotti.
.Mosca, chiede subito a Naftogaz il pagamento del debito accumulato, accusandola contemporaneamente di prelevare illegalmente per uso interno parte del gas destinato all’esportazione verso i paesi europei. Nel gennaio 2006 per tre giorni Mosca sospende le forniture di gas all’Ucraina. Nello stesso mese Yanukovic vince le elezioni politiche e ridiventa premier, dopo un accordo di spartizione con Yuscenkho. Yanucovic apre negoziati con Mosca, tratta una joint ventur fra Naftogaz e Gazprom, ma il parlamento ucraino la boccia, Di conseguenza nell’aprile 2007 si forma un governo Tymoscenkho (che dura fino al gennaio 2010). Nell’ottobre 2007 Gazprom riprende la tattica della riduzione delle forniture di gas a fasi alterne, fino agli inizi del 2009, paralizzando di quando in quando l’apparato industriale ucraino. Sempre nel 2007 parte il progetto South Stream e il progetto North Stream viene potenziato e accelerato.
Dall’1 al 13 gennaio 2009 la Russia taglia completamente l’afflusso di gas, mettendo in crisi molti paesi europei, ma obbligando alla chiusura molti stabilimenti ucraini. Dopo lunghe trattative in settembre Putin e Tymoscenkho firmano un accordo della durata di 10 anni, il prezzo del gas per il consumo interno viene allineato ai prezzi di mercato europei (si passa quindi dai 179,5 $ per mille mc a 450 $). Alle elezioni 2010 Yanucovic diventa presidente, liquida la Tymoscenkho.
Dopo un arbitrato internazionale che condanna Neftogaz per furto di gas ai danni della Russia e per aver diminuito l’import rispetto agli accordi del 2009, nell’aprile 2010 fra Mosca e Kiev è firmato l’accordo di Kharkov, Kiev ottiene uno sconto del 30% sul prezzo del gas, ma lo paga comunque più di 400 $ per 1000 mc; la Russia accetta di spalmare su 10 anni il debito ucraino. La Russia offre ulteriori sconti in cambio di una adesione dell’Ucraina all’unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan e alla cessione del controllo sulla rete di distribuzione, ma Yuscenkho non si impegna. Viene comunque impostata una collaborazione nel nucleare civile (inevitabile perché l’Ucraina dipende dalla Russia per l’arricchimento dell’uranio e per lo smaltimento delle scorie), con una joint venture fra Rosatom Energoatom.
L’opposizione accusa Yanukovic e gli alti papaveri del governo di intascarsi una quota consistente del presso del gas (il prezzo ufficiale sarebbe più alto di quanto pagato realmente alla Russia).
In risposta alla campagna dell’opposizione nel 2011 la Tymoscenko è arrestata per aver favorito la Gazprom nell’accordo siglato nel 2009 nell’intento di favorire una fusione fra Gazprom e Neftogaz. E’ probabile che entrambi i leader si siano finanziati con proventi illeciti da Naftogaz, ma entrambi per sostenere il settore industriale ed evitare il tracollo delle famiglie hanno in vario modo fornito energia a prezzi più bassi di quelli del mercato aggravando il debito dello stato, una situazione sempre più insostenibile. Nell’aprile 2013 Putin e Yanukovich firmano l’ennesimo accordo in cui si scambia petrolio con basi militari: la Russia ottiene basi militari e navali in territorio ucraino sino al 2042 in cambio di una riduzione del prezzo del gas per 10 anni (da 400 a 265 $ ogni mille mc di gas). Lo sconto è condizionato anche dalla rinuncia alla firma dell’accordo commerciale con l’Europa. La fornitura prevista era di 50 miliardi di mc annui. Con la fuga di Yanucovich l’accordo ovviamente è saltato,
La breve cronistoria dimostra in primo luogo come al governo dell’Ucraina si alterni un gruppo estremamente ristretto di leaders, ognuno dei quali gestisce la Neftogaz come una mucca da mingere a vantaggio del proprio clan; tutti tendono a barcamenarsi nei confronti della Russia, anche Yanukhovic; si posizionano condizionati dal debito energetico; la capacità di pressione russa è solo parzialmente influenzata dai cambi di governo, ma trova comunque ostacolo negli interessi indipendenti dei gruppi di potere ucraini, che nel ventennio scorso hanno mostrato una forte tendenza al compromesso. Senza una forte iniezione di capitali occidentali e una garanzia di assistenza militare difficile che anche il nuovo governo, ad di là delle dichiarazioni altisonanti, possa reggere un braccio di ferro con la Russia.
Combat – Comunisti per l’Organizzazione di Classe