Un anno fa (il 5 marzo) moriva il presidente del Venezuela Chavez. Per molti militanti Chavez resta una figura mitica, il forgiatore di un nuovo modello sociale, chiamato socialismo del XXI secolo. Come sempre i miti sono smentiti dalla realtà quotidiana che non si accorda con le edulcorate narrazioni di fans e supporters. Il regime “socialista” bolivariano, guidato prima da Chavez e oggi da Maduro, ha basato la sua politica “socialista” sull’utilizzo degli introiti petroliferi (il Venezuela è il quinto produttore mondiale di petrolio) per finanziare vari programmi di assistenza sociale per poveri. Tali programmi hanno certamente diminuito l’analfabetismo e hanno accresciuto l’assistenza sanitaria, migliorando le condizioni abitative e di reddito dei poveri. La struttura capitalistica del paese non è stata però in alcun modo messa in discussione e le leve fondamentali dell’economia sono rimaste nelle mani dei capitalisti. Una politica di questo genere non ha impedito alla borghesia venezuelana di ingrassare con ogni mezzo, legale o illegale, a spese del popolo lavoratore, a dispetto di qualsiasi fraseologia rivoluzionaria. Il capitalismo ha delle leggi di funzionamento che non lasciano scampo: o le si asseconda, piegandosi ad esse, o le si distrugge. Una via di mezzo non esiste e per questo tutti i riformismi, a qualsiasi latitudine, alla fine falliscono, le regole di funzionamento del capitalismo si impongono rovinando ogni tentativo di modifica riformista basati su meccanismi di programmazione economica e di redistribuzione del reddito dei parametri capitalistici di funzionamento della produzione e della distribuzione. Il Venezuela non fa eccezione alla regola: la situazione economica è veramente disastrosa, inflazione al 56% su base annua, penuria di generi di tutti i tipi e file chilometriche per poterseli accaparrare, mercato nero e speculazione dilaganti. Gli interventi, tardivi e inefficaci, del governo non sono riusciti nell’intento di riportare la situazione sotto controllo. Da un lato la borghesia vede con sempre maggiore insofferenza i freni che il governo cerca di imporre alla sua brama di arricchimento, dall’altro si verifica uno scollamento tra settori sempre più ampi della classe lavoratrice esasperata da una situazione economica devastante e il regime bolivariano.
In questo contesto esplosivo, la destra reazionaria, legata direttamente agli Stati Uniti, ha approfittato delle difficoltà del governo bolivariano per cercare di dare il colpo di mano finale al regime e cacciare Maduro. I caporioni di questo settore della borghesia venezuelana sono Leopoldo Lopez (capo del partito di destra Volontà Popolare) e Maria Corina Machado (seguace di Margareth Thacher, deputata dell’opposizione e conosciuta per i suoi legami con gli USA). Il fronte della destra reazionaria sta conducendo da un mese una vasta campagna che attraverso manifestazioni, anche violente, sta cercando di realizzare l’obbiettivo di cacciare dal potere i bolivariani. La manifestazione del 12 febbraio è stata la loro prima prova di forza. Essa è stata autorizzata ma si è conclusa con l’assalto all’edificio del procuratore generale. Nei giorni successivi le manifestazioni si sono succedute a un ritmo incalzante. Il Procuratore generale ha quindi spiccato mandato di cattura nei confronti di Lopez per avere aizzato la folla il 12 febbraio. Anche il mandato di cattura è stato utilizzato da Lopez nella sua lunga marcia alla conquista della leadership del fronte di destra: si è infatti consegnato alle autorità, accompagnato in corteo dai suoi sostenitori. Spera così, giocando il ruolo di “martire”, di scalzare l’attuale leader dell’opposizione di destra al regime bolivariano, Capriles Radonsky, avversario sconfitto da Maduro alle presidenziali con uno scarto veramente minimo. Capriles ha preso le distanze da Lopez giudicando la sua azione politica avventuristica e avente come conseguenza il rafforzamento del regime di Maduro. In ogni caso, dato che le manifestazioni proseguivano il governo ha dichiarato ai quattro venti che si stava tentando un golpe con l’appoggio degli USA e ha chiamato alla mobilitazione la base dei sostenitori. Il 18 febbraio c’è stata una grande manifestazione in appoggio al governo dei lavoratori petroliferi e il 19 febbraio Maduro ha lanciato un appello alla classe lavoratrice a unirsi, mobilitarsi e rafforzare le milizie popolari.
Sembra pertanto di assistere a due classiche rappresentazioni: dal lato della destra alla rappresentazione dal titolo “Combattenti per la libertà contro il regime comunista dittatoriale”, dal versante dei bolivariani alla rappresentazione intitolata “golpisti contro regime popolare”. Peccato che, come a teatro la rappresentazione non è mai la realtà ma solo uno specchio parziale, più spesso totalmente deformato, della realtà. Se è innegabile che Lopez e compari abbiano intenzione di rovesciare il governo è altrettanto innegabile che la borghesia in questo mese non è scesa direttamente in campo dando appoggio a Lopez preferendo cucinare a fuoco lento il regime bolivariano, attendendo il suo collasso politico, conseguenza inevitabile della situazione economica. Dall’altro lato il governo il governo “socialista” reagisce cercando la mediazione con settori ”responsabili” dell’opposizione per adottare provvedimenti che avrebbero come unica conseguenza quella di aggravare la già pesantissima situazione delle masse.
Al momento in cui scriviamo queste note la situazione sembra ancora sotto controllo per il governo: nonostante le quasi quotidiane manifestazioni, anche con scontri e morti, l’esercito è per ora unito a fianco del governo, la campagna delle destre fascistoidi non ha avuto l’appoggio popolare sperato (in molti casi il nerbo delle mobilitazioni è costituito dai borghesissimi studenti delle università private). Tuttavia la situazione è fluida e aperta a ogni possibilità anche se, al momento, tuttavia, quella che sembra avere più probabilità di realizzarsi è che il regime per il momento non crollerà. In ogni caso, però, il governo bolivariano, incapace di imboccare, con i fatti e non con le chiacchiere, una strada realmente socialista, non sarà in grado di risolvere la situazione disastrosa che si trova davanti e, pertanto, alla fine rischia lo stesso di essere travolto a causa delle contraddizioni non sapute e volute risolvere, al più tardi alle prossime elezioni presidenziali.
Noi, dal canto nostro, ci auguriamo una soluzione diversa: ci auguriamo che le masse proletarie del Venezuela, stufe delle titubanze e delle incoerenze del governo bolivariano e ugualmente avverse al fronte opposto (che, una volta al governo, condurrebbe una politica economica molto più feroce nei loro confronti di quella condotta del governo attuale) scendano direttamente in campo senza intermediari. E non semplicemente per sconfiggere i piani reazionari di Lopez e padrini nordamericani ma per imporre la soluzione proletaria al disastro economico attuale: dittatura della classe lavoratrice e delle masse povere contro speculatori, accaparratori e parassiti borghesi. Non è una speranza fantastica: la classe lavoratrice del Venezuela ha dimostrato in molte occasioni la capacità di agire senza timori e riguardi per il sacro ordine borghese. Ancora una spallata virulenta e questo marcio edificio potrebbe da essa essere buttato giù, accendendo un fascio di luce che illuminerebbe la classe operaia di tutto il mondo.
Combat – Comunisti per l’Organizzazione di Classe