Recensioni: Demetrio Vallejo – Le lotte ferroviarie che commossero il Messico

Ci sono episodi della lotta di classe i cui insegnamenti per le generazioni successive rimangono intatti con gli anni.
La serie di lotte che i ferrovieri messicani condussero tra il 1958 e il 1959 rientra in questa categoria. Caratterizzate inizialmente da rivendicazioni salariali, assunsero un significato politico quando l’obiettivo principale divenne quello di poter farsi rappresentare da delegati non compromessi con le imprese e lo Stato. Ne seguì la reazione violenta dell’apparato borghese. L’esercitò attaccò i ferrovieri in sciopero, si ebbero morti, feriti e centinaia di arresti. Gli organizzatori delle agitazioni subirono pesanti condanne; i due principali, Demetrio Vallejo e Valentin Campa, rimasero in carcere per oltre dieci anni.

Nel corso della prigionia Vallejo scrisse una memoria sulle cronache della vertenza intitolata Las luchas ferrocarrileras que conmoveron a México (orígenes, hechos y verdades históricas), pubblicata nel 1967 a Città del Messico dal Movimiento de Liberación Nacional.
Oggi quello scritto è ritornato alle stampe, inedito nella nostra lingua, grazie alla serie dei quaderni di Pagine Marxiste, corredata da una presentazione e una cronologia specifica che abbraccia un periodo lungo un secolo, fino alla successiva ondata di lotte del 1971-1973 promossa dal Movimento Sindical Ferrocarrilero, sorta di “cobas” guarda caso promosso dal neo scarcerato Vallejo.
Davvero tanti gli spunti che derivano dalla lettura di questo quaderno, e non solo per i comunisti rivoluzionari che operano politicamente e sindacalmente negli ambienti di lavoro ferroviari, o agli appassionati di storia sindacale; così come tanti sono i riferimenti alla situazione attuale e gli insegnamenti per il presente.
L’autore, Demetrio Vallejo Martínez, era originario dello stato messicano di Oaxaca, nella zona dell’istmo. La madre era zapoteca, zapoteca era la lingua parlata in famiglia; studiò fino al terzo anno della scuola primaria, sviluppando contemporaneamente una profonda cultura da autodidatta; studiò la lingua spagnola, rimase ben presto attratto da “Il Capitale” di Marx e dalla teoria del plusvalore. Profondamente condizionato dall’ambiente sociale che lo circondava, caratterizzato da profonde disuguaglianze sociali, senza mai recidere il legame con le proprie origini indigene – che anzi rivendicava – rafforzò progressivamente il convincimento a lottare per l’emancipazione dei lavoratori. Assunto nelle ferrovie, a 24 anni si iscrisse alla sezione 13 (Matías Romero) del Sindicato de Trabajadores Ferrocarrileros de la República Mexicana (STFRM) ed al Partido Comunista Mexicano (PCM). Sei anni dopo il PCM espulse i due dirigenti di Partito Valentín Campa e Hernán Laborde, colpevoli di essersi opposti all’assassinio di Leone Trotzky, ed avviò in molti stati un processo di espulsioni a catena che colpì anche Vallejo. I fuoriusciti fondarono il gruppo di Acción Socialista Unificada, che nel 1951 divenne il Partido Obrero y Campesino Méxicano (POCM).

Fu proprio la sezione 13 del STFRM a dare il via alla grande lotta ferroviaria del 1958-59, di cui Vallejo fu il principale dirigente. Ben presto la lotta si estese, e le unità sindacali di base travolsero le strutture ufficiali ribaltando i dirigenti charros1 con una vasta mobilitazione. Il governo rispose reprimendo le manifestazioni, militarizzando le ferrovie, arrestando centinaia di manifestanti e licenziando centinaia di scioperanti. Eletto nel 1959 segretario generale del STFRM con 59.760 voti contro i 9 ottenuti dal candidato charro legato al partito di governo (PRI), Vallejo venne fatto arrestare dal presidente Adolfo López Mateos con l’accusa di “sovversivismo” e condannato per “dissoluzione sociale”.
Il cambio della natura della lotta non venne affatto compreso dai tre partiti, il PCM, il POCM e il Partido Popular, che pretendevano di rappresentare la classe operaia messicana. La sconfitta dei ferrovieri e la conseguente repressione provocò da un lato l’allontanamento definitivo dei ferrovieri da quei partiti, dall’altro fece sì che un numero sempre maggiore di militanti mettesse sotto accusa la condotta opportunista delle organizzazioni politiche di riferimento. Fu soprattutto nel PCM che si svilupparono le critiche più accese alla linea opportunista della direzione e alla condotta tenuta dal Partito nel corso della vertenza ferroviaria; i principali critici, Josè Revueltas, Enrique Gonzàlez Rojo, Eduardo Elizalde ed altri, per questo vennero tutti espulsi. Revueltas (1914-1976), intellettuale approdato alla seconda metà degli anni ’60 a posizioni filo-trotzkiste dopo un percorso iniziato su posizioni di riformismo di sinistra e continuato nel filone dello stalinismo, nel suo famoso testo El Proletariado Sin cabeza sostenne che le formazioni di sinistra e soprattutto il PCM non compresero il contenuto politico della lotta dei ferrovieri di scontro aperto con l’apparato borghese, lasciando in tal modo i ferrovieri disarmati teoricamente ed organizzativamente. Il punto centrale della sua elaborazione fu la denuncia della mancanza di indipendenza politica del proletariato messicano rispetto alla propria borghesia nazionale.
Nelle parole di Vallejo non si potrà non notare il prevalere dello spontaneismo che, inevitabilmente, contribuì a condizionare gli esiti della vertenza. Vallejo stesso si pone delle domande se vi fossero o meno le possibilità di evitare la feroce repressione governativa sui ferrovieri; le conclusioni cui arriva, rispetto all’ingerenza negativa dei Partiti della sinistra messicana, rappresentano la prova del suo tentativo generoso di portare la lotta su un piano di indipendenza di classe, ma con i limiti di una visione puramente sindacalista.

Il movimento operaio messicano e le sue avanguardie si muovevano su un terreno impregnato del cosiddetto “nacionalismo rivoluzionario”, che li portava a riconoscere un carattere progressista a settori della borghesia nazionale, in virtù anche del mancato completamento della rivoluzione democratico borghese del 1910. Un aspetto, quello dell’influenza dell’elemento “nazionale”, da tenere costantemente presente, ovvero anche nelle lotte più aspre, passate ed attuali, comparivano e compaiono riferimenti costanti ai danni creati all’economia del Paese dall’imperialismo statunitense.
Anche il panorama sindacale odierno del Messico vede alcune organizzazioni di categoria attuare forme di protesta molto decise. Si distinguono in tal senso gli insegnanti del Sindacato Nacional Trabajadores de l’Educacion (SNTE), la cui sezione XXII di Oaxaca vanta gloriose tradizioni di lotta, con blocchi stradali, cortei, scioperi ed agitazioni a singhiozzo, manifestazioni ed iniziative a sostegno dei prigionieri politici, raccolte alternative di viveri e medicinali da inviare negli Stati vicini colpiti da calamità naturali. E’ delle scorse settimane la notizia della grande marcia di 200mila insegnanti dopo un mese di lotta e le cariche contro migliaia di insegnanti che occupavano strade e piazze dello Stato rivendicando le libertà sindacali. E nella zona dell’istmo, dove è originario Vallejo, è tutt’ora attiva la confederazione COCEI, che organizza operai, contadini e studenti, anche se la sua azione si è molto stemperata nel Partido de la Revolucion Democratica (PRD).
Negli ultimi quindici anni le ferrovie messicane hanno subito un forte processo di liberalizzazione, che ha comportato lo smembramento dei 16 mila km di rete in tre grandi regioni, assegnati alle varie compagnie private, la fine delle vecchie Ferrovie Nazionali, la chiusura di linee considerate improduttive, il crollo del traffico passeggeri e la forte diminuzione del personale. Il tutto è avvenuto con il consenso della direzione del Sindacato di categoria STFRM; l’opposizione alla linea sindacale di capitolazione è stata organizzata da vecchi ferrovieri già militanti del MSF.
Ma anche oggi, come nelle lotte ferroviarie descritte nel quaderno, manca l’“insostituibile” partito rivoluzionario che esprima una linea indipendente di classe, necessaria per impedire gli sbandamenti dopo le sconfitte; in tutti questi anni, e tutti i tentativi emersi nelle varie categorie di lavoratori di sganciarsi dal controllo statale esercitato attraverso i charros sono rimasti nell’ambito sindacale; le soluzioni cercate nel formare nuove organizzazioni sindacali indipendenti hanno mostrato il limite o di non poter reggere la forte repressione, o di essere a loro volta ridotte a un tradeunionismo assorbibile nel sistema
A noi rimane la straordinaria lezione di quelle lotte, più che mai attuale, rispetto alla denuncia del ruolo della dirigenza del sindacato “ufficiale” e dell’opera disgregatrice e corruttrice degli agenti della borghesia fra i lavoratori.
La grande lotta dei ferrovieri del 1958-59 è rimasta praticamente semi-sconosciuta al di fuori dei confini della repubblica messicana. Ne abbiamo avuto conferma nelle difficoltà che abbiamo incontrato anche solo reperire una copia originale dello scritto di Vallejo; scritto che, dopo infiniti tentativi andati a vuoto, abbiamo rintracciato in una libreria che si trova negli USA specializzata sull’America Latina. Tutti gli appelli che abbiamo diramato in tal senso a “mezzo Messico” sono rimasti senza risposta.
Vallejo, come tanti altri protagonisti messicani della lotta di classe, come il suo conterraneo Ricardo Flores Magón, ha subito in questi anni la campagna di “iconizzazione”; a lui sono state dedicate commemorazioni ufficiali e scuole; Vallejo è l’ispiratore del protagonista dell’ultimo romanzo della scrittrice messicana di origine polacca Elena Poniatowska, che visitò il dirigente sindacale in prigione.“ 2

Pubblicare queste memorie significa non solo far rivivere episodi fondamentali della lotta di classe, ma far tesoro degli insegnamenti che quegli episodi portano con sé.

Dopo mezzo secolo, quegli insegnamenti li facciamo nostri, nella battaglia quotidiana che portiamo avanti per smascherare i charros di casa nostra ed i loro finti oppositori, nella battaglia quotidiana che conduciamo per la costruzione del partito comunista rivoluzionario.
Fuori dall’oblio, dunque, la lotta dei ferrovieri messicani.

Nuclei Ferrovieri Internazionalisti (2005)

 

Note:
1. Il termine charro sta ad indicare i sindacalisti “ufficiali”, legati alla politica dei governi e da questi ultimi imposti ai lavoratori, spesso con metodi tipici dei gangster; tale fenomeno, sviluppatosi a partire dal 1948 sotto la presidenza di Miguel Alemán, viene denominato charrismo. I termini charro, charrismo, charrista, charrazo (quest’ultimo indica il colpo di mano dei sindacalisti corrotti per impossessarsi della direzione) compaiono nel quaderno come dicitura originale.

2. Elena Poniatowska, El Tren pasa primero, Alfaguara, 2005

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.