[Roma] Sabato 27 ottobre – Comunisti per L’Organizzazione di Classe

Non c’e’ reale opposizione al governo Monti senza schierarsi anzitutto CONTRO gli interessi imperialisti della BORGHESIA ITALIANA!

Mentre la crisi capitalistica diventa ogni giorno più profonda, il governo Monti-Napolitano prosegue sistematicamente la sua azione contro i lavoratori. In poco più di un anno, sono decine le leggi, i decreti e le manovre con le quali ogni aspetto delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari è stato attaccato a fondo: dalle pensioni all’articolo 18, dagli ammortizzatori sociali ai tagli della sanità, dall’IMU all’aumento dell’IVA, dalla “spending review” al blocco dei contratti pubblici, dai licenziamenti “silenziosi” di migliaia di precari alla predisposizione degli strumenti normativi per licenziamenti di massa fra i lavoratori “stabili” nel pubblico impiego, attraverso l’attivazione delle procedure di mobilità coatta previste dalla legge Brunetta. Parallelamente, nello spazio di un mattino, è stata approvata la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e sono stati ratificati il fiscal compact e l’adesione al cosiddetto fondo salva-stati.

Questo governo è espressione coerente degli interessi generali della borghesia, in primis di quella nazionale, e di tutti i suoi settori, non solo quello finanziario ma anche quello industriale (entrambi, talmente interconnessi che solo l’apologetica può contrapporre il capitale produttivo “buono” alla speculazione “cattiva”). Conseguentemente, il suo obbiettivo è quello di azzerare le risorse del bilancio che tuttora sono destinate alla spesa sociale, rendendo sempre più la macchina statale un meccanismo perfetto di spoliazione delle masse e di sostegno agli interessi del grande capitale sia speculativo sia industriale. Tanto più che E questo perché le radici più profonde della crisi sono nel sistema produttivo e non nella finanza. E’ quindi urgente costruire un fronte di classe all’altezza dell’attacco che Monti, la Confindustria e l’intero padronato conducono contro i lavoratori. Ma se questo è il livello dello scontro, il primo passo per la costruzione di tale fronte è abbandonare ogni illusione che sia possibile, attraverso una “opposizione democratica”, difendersi e contrastare lo strapotere delle classi dominanti. L’attuale crisi non è frutto di “politiche sbagliate”, perché improntate al liberismo e prive di regole per il settore finanziario. Siamo invece in presenza di una crisi generale e profonda del sistema capitalistico che, partita dagli USA, ha investito tutte le metropoli e dalla quale la borghesia dalla quale la borghesia tenta di uscire con misure di carattere straordinario che pongono all’ordine del giorno l’alternativa fra una barbarie sempre più intollerabile e il superamento rivoluzionario di questo sistema sociale.

Dobbiamo renderci conto che non esistono soluzioni capaci di ripristinare condizioni di vita dignitose per i lavoratori e, contemporaneamente, permettere al grande capitale di rilanciare la sua economia. Finché il potere sarà saldamente nelle mani della borghesia non vi potrà essere nessun preteso superamento della crisi, né alcuna soluzione del problema del debito, che non rappresenti, al tempo stesso, l’inasprimento dell’attacco al proletariato, l’aumento dello sfruttamento, lo smantellamento di ogni residua garanzia sociale e la marcia a tappe forzate verso l’irreggimentazione nazionalistica dei lavoratori dietro le bandiere degli interessi finanziari e industriali del capitalismo nostrano nella lotta che lo oppone alle altre “grandi potenze” sul mercato mondiale e negli organismi sovrannazionali di cui è parte.

Restando nel quadro del potere borghese, anche un eventuale decisione di uscita dall’euro e di “riconquista della sovranità monetaria”, come pretesa alternativa alle draconiane misure per rimanere nella moneta unica, sarebbe pagata, con un default più o meno controllato, dalle masse proletarie, così come avviene già oggi sotto la “dittatura dello spread”, né sarebbe garanzia del venir meno dei sacrifici, che continuerebbero “per difenderci dall’azione dei paesi a valuta forte”, ecc. ecc. Va detto quindi forte e chiaro che, fintantoché al potere non ci sarà il proletariato, la parola d’ordine del non pagamento del debito acquista un senso solocome dichiarazione di guerra contro la borghesia e pertanto presuppone una lotta senza quartiere per rovesciarla: ogni altra impostazione, dalla moratoria all’audit sul debito, per distinguerlo in legittimo e illegittimo, è un inganno, che consolida, anziché indebolire, la sottomissione dei lavoratori alle classi dominanti. Noi non abbiamo da proporre “nuovi modelli di sviluppo”, fondati sulle energie rinnovabili, i beni comuni, l’ambiente.

L’unico “modello” per cui ci battiamo è lo sviluppo più ampio e radicale della lotta di classe, il collegamento e l’unificazione, in un generale movimento anticapitalistico, di tutti i fronti di resistenza operaia e proletaria a partire dalle esperienze più avanzate, come quelle che da qualche anno si vanno sviluppando nel nord Italia nel settore della logistica, esperienze che devono essere messe a frutto per dare impulso alla resistenza di classe e all’organizzazione proletaria.

E’ una prospettiva che necessita, da subito, di una lotta senza esitazioni contro il veleno rinascente del nazionalismo, che spinge i lavoratori ad individuare il nemico oltre frontiera, “dimenticando” che l’Italia è un paese imperialista che, mentre sfrutta i proletari di casa propria, organizza spedizioni neo-coloniali in Libia, Afghanistan, Iraq, eventualmente in Siria, ecc, per proteggere i propri interessi di rapina in giro per il mondo e, lungi dall’essere sottoposta ad una pretesa limitazione della sua “sovranità nazionale”, partecipa a pieno titolo alla governance del capitalismo europeo.

Dietro la facciata dell’Europa delle Banche c’è l’Europa del Capitale, di cui la borghesia imperialistica italiana, che difende i suoi interessi sul sangue e sul sudore dei proletari italiani e dei paesi oppressi dal capitale delle metropoli, è un attore di primo piano.

Non vi sono alternative: Per liberarsi dal debito occorre liberarsi dalla borghesia! Per sfilarsi dal collo il cappio degli usurai, che siedono a Roma non meno che a Francoforte, l’unico modo è eliminare gli usurai! Per farlo bisogna organizzare un fronte unico dei lavoratori contro l’attacco in corso.

Il “diritto al lavoro” e’ sempre più uno slogan vuoto usato da padroni, sindacati confederali e “sinistre” parlamentari come leva di ricatto per imporre forme brutali di precarieta’ e sfruttamento in nome dei profitti e della produttività. Per questo motivo, i proletari devono contrapporre a questa ipocrita retorica padronale la lotta per la difesa e l’aumento del salario degli occupati, per un salario garantito ai disoccupati e a chiunque subisce i processi di riconversione delle fabbriche insalubri, per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Solo in quest’ottica la “lotta per il lavoro” può assumere davvero un senso in termini di difesa reale degli interessi dei proletari. Una lotta da condurre con scioperi generali e non di facciata; in una prospettiva anticapitalista, e non continuando ad illudere i lavoratori che nel capitalismo sia possibile un diverso “modello di sviluppo”.

Comunisti per l’Organizzazzione di Classe

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