
Questo Primo Maggio arriva tra rumori sempre più assordanti di guerra e tintinnii di manette. E se questo non bastasse, sembrano alle porte inflazione e recessione come portato della guerra dei dazi scatenata da Washington, la super-potenza in declino che ormai si comporta apertamente come stato-canaglia, e cerca affannosamente di arginare la forza economica e politica crescente del suo “avversario strategico” sul mercato mondiale: la Cina.
Una cosa è certa: della “pacificazione” promessa da Trump non c’è neppure l’ombra: il genocidio in Palestina procede con la feroce combinazione di bombardamenti e carestia, mentre lo stato sionista si sente libero di colpire e minacciare qualunque stato dell’area medio-orientale, confinante e non; sul versante della guerra tra NATO e Russia in Ucraina, di una pace duratura non si vede la minima traccia; altre guerre non meno sanguinose (Sudan, Congo, etc.) continuano ad imperversare nel silenzio.
Lo stato italiano e l’Unione europea si sono lanciati in piani di illimitato riarmo, presentati in modo ingannevole come strumenti di difesa, e addirittura come occasioni di crescita economica e di benessere per i lavoratori. Per incentivare un clima di guerra contro il nemico esterno, l’Italia e al suo seguito l’Unione europea varano misure punitive contro gli immigrati a cui non consentono di avere il permesso di soggiorno – affinché sia chiaro che il “nostro” nemico viene da fuori, sta fuori i confini nazionali.
Insomma, quella verso una guerra globale inter-imperialistica non è più soltanto una tendenza, ma un processo che continua a maturare giorno dopo giorno. L’approvazione improvvisa e fulminea del decreto Meloni-Mattarella che in nulla di sostanziale si differenzia dal famigerato DDL 1660 è una conferma della fretta con cui la classe dominante si predispone alla pacificazione del fronte interno per avere le mani libere su quello esterno.
L’orgia di revisionismo storico intorno al 25 aprile che quest’anno impazza è un altro tassello di questa offensiva: le truppe fasciste in Russia – apprendiamo dal governatore del Piemonte – erano arrivate lì per garantire “la nostra libertà”…, questo mentre l’ANPI consegna la piazza di Roma nientemeno che alla Brigata Ebraica, un modo scoperto di legittimare l’attuale genocidio di marca sionista.
Davanti ad un’offensiva bellicista, materiale, ideologica, repressiva, di questa portata non ci salveremo raccogliendo dal fango le bandiere lasciate cadere dall’ANPI, rispolverando vecchie retoriche antifasciste totalmente separate dalla critica del capitalismo, che del fascismo storico, dell’attuale neofascismo risorgente, e dell’altra faccia della medaglia, la democrazia del capitale, è madre e padre. Si tratta, come fin dal primo momento di attività di questa Rete, di opporre alla corsa verso una nuova guerra globale un fronte di classe delle masse sfruttate e oppresse del mondo altrettanto globale.
La eroica resistenza palestinese è stata in questi due anni il baluardo più forte contro questa corsa perché ha svelato agli occhi del mondo quale è la vera sostanza della “unica democrazia del Medio Oriente” e quali sono i suoi piani coloniali e genocidari, sostenuti dall’intero campo occidentale. E perché ha saputo suscitare in tutto il mondo un moto di solidarietà che ha riconosciuto nella Palestina e nella resistenza del suo popolo “la patria degli oppressi di tutto il mondo”.
Questa forza si è riconfermata in pieno nella manifestazione del 12 aprile a Milano, il cui valore l’azione provocatoria della polizia non è stata in grado di sminuire. Da essa, e dallo sciopero del giorno 11 aprile organizzato dal SI Cobas con il blocco dell’interporto di Bologna e della Maersk di Rubiera, dei porti di Genova e Napoli, e di altre azioni di lotta di chiara matrice internazionalista, traiamo ulteriore spinta per rilanciare la nostra mobilitazione contro guerra, economia di guerra e stato di polizia.
Il prossimo Primo Maggio è, per il suo valore storico e politico classista, il momento in cui la nostra denuncia può trovare piena espressione collegandoci in particolare alle espressioni più di avanguardia della classe lavoratrice, e rivolgendosi a quella massa che è tuttora ferma e disorientata. Sono in arrivo brutali tagli alle spese sociali per sostenere il rigonfiamento di quelle militari; è in arrivo nuova disoccupazione e svalutazione dei salari (già in Italia, a livelli infimi) per effetto della guerra dei dazi; è in atto un’aggressione ultrareazionaria alle donne, agli emigranti e agli immigrati, alle minoranze. Le ragioni per reagire e protestare contro le decisioni del governo Meloni non mancano. È su di esse, e sul comune sentire contro la guerra e il riarmo, che dobbiamo fare leva anche per rilanciare la mobilitazione contro il decreto-manganello, che proprio nel prossimo mese di maggio dovrà essere convertito definitivamente in legge.
Solo in questo mondo riusciremo ad essere di reale impedimento ai piani guerrafondai e alle feroci strette repressive dell’Italia, della UE, della NATO e a stringerci agli sfruttati e alle sfruttate interessati/e – in ogni angolo del mondo – a fermare questa folle e criminale corsa alla mutua distruzione per definire quale gruppo di oligarchi capitalisti debba dominare il mondo.
Rilanciamo ovunque la denuncia del decreto “sicurezza” da stato di polizia, della sua funzione di prevenire la ripresa in grande della lotta operaia, delle lotte sociali, dei movimenti ecologisti, dell’antimilitarismo militante, prepariamoci a mobilitarci nei giorni della sua approvazione.
Scendiamo in piazza il Primo Maggio, partecipando ai seguenti appuntamenti lanciati dal Si Cobas a Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli ed a Firenze dai Giovani Palestinesi d’Italia:
Napoli, Ospedale San Gennaro, quartiere sanità, ore 10
Roma, Largo Preneste, ore 10
Firenze, via Mariti, ore 14.30
Bologna, via Matteotti, n.16 (davanti al Teatro Testoni)
Milano, Rotonda via Padova, ore 14.30
Torino, via Pietro Micca, angolo piazza Castello, ore 9