Altri operai morti alla Toyota di Bologna. Unica risposta efficace: la lotta di classe organizzata

Niente di più vomitevole della recita di stato intorno ai morti sul lavoro. Non sai se spaccare la tv alla vista dell’affarista inanellata che fa la ministra del lavoro (!) o della gelida eloquenza robotica da deep state del presidente della repubblica. Una repubblica fondata, oggi come ieri, sul più impudente sfruttamento del lavoro autoctono e immigrato, e che ha voce in capitolo nell’economia e nella politica internazionale, solo ed esclusivamente per effetto di questo sfruttamento, che dal suolo nazionale si estende a quasi ogni angolo del mondo.

Una recita rivoltante rinnovata ieri per la morte di altri due operai, Lorenzo Cubello e Fabio Tosi, alla Toyota di Bologna per lo scoppio di un compressore – in una fabbrica “modello” nella quale più volte gli operai avevano denunciato invano la mancanza delle necessarie condizioni di sicurezza. Altra volta l’abbiamo chiamato l’olocausto dimenticato – dal momento che, a scala nazionale, dalla fondazione della repubblica sono stati intorno ai 150.000 (ma forse di più ancora) i morti per “incidenti” sul lavoro, mentre alla scala mondiale ogni anno muoiono circa 2 milioni di lavoratori e lavoratrici per “incidenti” sul lavoro o malattie professionali (dati ILO).

Su questo bollettino di guerra, la guerra del capitale contro il lavoro salariato, impera la menzogna di stato. Il curatore dell’Osservatorio di Bologna sui morti sul lavoro, Carlo Soricelli, 7 giorni fa, ha pubblicato il seguente post:

L’Italia come Mandrake… Quello strano fenomeno dei morti sul lavoro che spariscono a centinaia nel nulla, e che poi, quando vanno in Europa, si dimezzano ulteriormente. Analizziamo come Osservatorio di Bologna morti sul lavoro la relazione INAIL sul 2023

Morti secondo l’INAIL nel 2023: 882 in occasione di lavoro 265 in itinere. Totali 1147

Ma l’Osservatorio ne ha monitorati 1467

Nell relazione dell’INAIL, di questi il 18,1% è avvenuto fuori dall’azienda, ovvero “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto” o “in itinere”. 

Ma poi, dopo 10 mesi, i casi mortali riconosciuti diventano 550. E sono questi i dati sui morti che vengono mandati in Europa, facendo apparire l’Italia un Paese virtuoso. La giustificazione dell’INAIL è: siamo un’assicurazione e registriamo solo i “nostri” morti. Ma a questa già terribile conta, mancano, tanto per fare un esempio, i 167 agricoltori morti schiacciati dal trattore, e tutti gli altri che continuano a lavorare la terra in diversi modi: sarebbe un deserto il nostro Paese, se non ci fossero gli anziani che continuano a lavorarla. L’INAIL scrive che i morti nel comparto agricolo sono il 4,5%, mentre in realtà se si contano tutti, sono oltre il 30% tutti gli anni. Poi non dimentichiamoci che ci sono diverse categorie anche molto numerose che hanno un’assicurazione diversa. E non dimentichiamoci neppure dei morti in nero: gli ultra sessantenni che muoiono lavorando sono oltre il 30%, tantissimi in nero, soprattutto in edilizia. E così arriviamo allo stratosferico numero di 1467 morti complessivi nel 2023. E quest’anno non è certo migliore. La lobby potentissima e miliardaria sulla Sicurezza fa chiudere occhi e orecchie a tanti.”

http://cadutisullavoro.blogspot.it

Per queste denunce molto circostanziate, “Italia oggi”, un giornale padronale che si autodefinisce “noto per la sua attenzione verso temi normativi e giuridici”, ha dato a Soricelli dello sciacallo. Ecco qui la sua replica:

“Sì, “Italia Oggi”, sono uno sciacallo, anzi lo sciacallo numero 1, quello che denuncia da 17 anni il costante aumento dei morti sul lavoro che da quella data sono più che raddoppiati. Che denuncia che con questo governo che si dice vicino ai lavoratori, nel 2023 i morti sul lavoro sono stati 1467, e quest’anno sarà probabilmente ancora peggio visto che il 20 ottobre del 2023 i morti sui luoghi di lavoro erano 802 (senza considerare i morti in itinere), mentre quest’anno sono a questa mattina sono 841 (senza considerare i morti in itinerecon un aumento del 4,7%. Ma, cari avvoltoi, il bello viene adesso: all’Inail sono pervenute nel 2023 1041 denunce di infortuni mortali, ma non scrive mai esplicitamente che sono solo i “suoi” morti che non rappresentano tutto il panorama lavorativo italiano, ma solo una parte dei lavoratori, poi ci sono i morti in nero, quelli che dispongono di un’assicurazione diversa, i morti in agricoltura: tra questi 167 agricoltori schiacciati dal trattore nel 2023. Ma il gioco delle tre carte non finisce qui: leggiamo che l’Inail ha inviato in Europa per le statistiche Eurostat il dato di 550 morti, e le altre denunce? Sono per caso resuscitati gli altri 541 morti ?L’Italia in Europa nasconde due terzi dei suoi morti sul lavoro. Certo, tanto chi controlla? Sulle televisioni nazionali, e tanti giornali, ci fanno vivere nel paradiso sulla terra, dove i morti sul lavoro resuscitano. Ma indirettamente date dello sciacallo ai tantissimi italiani che sono scandalizzati dell’aumento terribile dei morti sul lavoro, ai quali non si può continuare a raccontare frottole. Gli italiani si informano da fonti indipendenti come quella dell’Osservatorio. Lo sciacallo Carlo Soricelli, curatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro.”

Non torneremo ad insistere sull’assoluta carenza di controlli da parte degli Ispettorati del lavoro – il governo Meloni ha provveduto, con apposita disposizione, a proteggere ulteriormente le imprese da qualche ispettore che voglia davvero fare il mestiere per cui è pagato ponendo l’obbligo, per una ispezione, di dieci giorni di preavviso (!); né ripeteremo che ci sono vuoti paurosi nei già striminziti organici degli Ispettorati. E’ noto, arcinoto, e a ricordarlo bastano con le loro ipocrite cantilene i bonzi di CGIL-CISL-UIL conniventi con governo e Confindustria nell’accettare da decenni l’indefinito peggioramento delle condizioni di lavoro. Diciamo solo che l’unico, vero rimedio non sta nelle istituzioni statali formalmente preposte, sta nella ripresa dell’iniziativa, dell’auto-organizzazione, della lotta operaia organizzata su linee di classe. E, come insiste da un po’ di tempo la Rete nazionale lavoro sicuro, la cui attività abbiano sostenuto fin dal suo avvio, sta anche nella costituzione di assemblee di gruppi operai omogenei con propri RLS (responsabili dei lavoratori per la sicurezza) realmente in grado di controllare i processi produttivi, e resistere alla assatanata spinta a velocizzarli e, nello stesso tempo, prolungarli al massimo che viene da parte padronale.

Qui di seguito la presa di posizione del SI Cobas che ha indetto ieri, nella provincia di Bologna, due ore di sciopero in solidarietà con gli operai della Toyota, contro il padronato responsabile di queste morti, e quella della Rete nazionale lavoro sicuro, con denunce e proposte sempre puntuali.

Sciopero di solidarietà alla Fedex di Bologna

STRAGE SUL LAVORO ALLA TOYOTA. LE NOSTRE VITE VALGONO PIU’ DEI LORO PROFITTI

Ancora una strage operaia, avvenuta nel tardo pomeriggio di ieri, questa volta a Bologna nel quartiere di Borgo Panigale alla Toyota Material Handling.

Le dinamiche sono al vaglio degli inquirenti ma sembra essere certo che l’incidente sia avvenuto a causa dello scoppio di un compressore, la cui deflagrazione avrebbe provocato il crollo di un muro all’interno della fabbrica. Due i morti accertati, due vite spezzate quelle dei due operai di 37 e 34 anni, Lorenzo Cubello e Fabio Tosi a cui si aggiungono per ora 11 feriti di cui alcuni molto gravi. Smettiamo di chiamarli “incidenti, errori o tragiche fatalità” , non si tratta di casi isolati, piuttosto della conferma oramai quotidiana di un bollettino di guerra, quello degli infortuni sul lavoro in cui la vita degli operai è l’essenziale ma sacrificabile ingranaggio di un sistema capitalistico, che senza sosta insegue un aumento delle produttività ad ogni costo, anche a quello della vita umana.

Nel turno pomeridiano di ieri erano presenti 300 operai al momento dello scoppio in una fabbrica in crescita che impiega complessivamente 850 operai e operaie. Una fabbrica all’avanguardia la Toyota, produttrice di nuovi carrelli elevatori ad idrogeno; un’azienda recentemente osannata dalle stesse istituzioni locali per il suo piano di investimenti milionari sul territorio, a cui erano seguiti importanti accordi con le parti sindacali… eppure per il giorno dopo il grave incidente erano già state programmate due ore di sciopero per la mancanza di sicurezza già in passato denunciata dai lavoratori.

“Aumentare la produzione, aumentare i ritmi di lavoro, perfezionare sempre più l’automazione e correre senza sosta per essere sempre più competitivi per diventare leader del settore, della filiera, del territorio, del sistema paese, del…”. Questi non sono solo mantra delle multinazionali e nemmeno delle sole associazioni padronali, sono parte di un’irrimediabilmente malata cultura del lavoro, che non può più essere scusata o corretta in caso di “incidenti mortali” . E’ una cultura non del lavoro, è una cultura del profitto da combattere senza compromessi. La sicurezza in questa cultura è sempre più un discorso marginale, di cordoglio dopo la morte degli operai, ma una seccatura mentre gli operai sono ancora in vita che provoca fastidiosi rallentamenti alla produzione.

Non chiamiamole tragiche fatalità, chiamiamo le cose con il loro nome. Si tratta di Omicidi sul lavoro in nome del profitto, di un sistema che al primo posto non è vero che mette il benessere del territorio, né quello degli operai, ma il profitto di pochi a scapito di molti.

Mancanza di sicurezza, basilari regole ignorate sistematicamente per aumentare i ritmi di lavoro, mancata manutenzione o manomissione dei macchinari per aumentare la produttività, come nel caso della morte della giovane Luana D’Orazio morta per garantire ad un padrone un maggiore guadagno. Sono queste le verità che emergono non solo al termine delle requisitorie degli inquirenti ma giornalmente dalla voce degli operai e delle operai che le fabbriche , i magazzini , i luoghi di lavoro li abitano. Le condanne di questi mandanti nella storia del nostro paese sono sempre state tenui e dopo il clamore della tragedia siamo oramai abituati a vedere processi assolutori della classe padronale a cui seguono nuovi finanziamenti per nuovi investimenti, questo è il ciclo produttivo e riproduttivo del capitale, dei suoi omicidi, delle sue assoluzioni. Nel mentre le leggi sulla sicurezza aumentano solo per aumentare e reprimere il dissenso, come sta avvenendo oggi con il DDL 1660 che vorrebbe condannare operai che domani magari avrebbero voluto picchettare la loro fabbrica per chiedere maggiore sicurezza per il loro lavoro, o altri che magari vorrebbero protestare in nome della tutela dell’ambiente contro speculazioni e consumo scellerato del territorio causa tra le altre di una natura che si ribella anch’essa come sta avvenendo non solo a Bologna, non solo sui nostri territori prossimi.

Fondamentale che l’organizzazione della classe dei lavoratori rifiuti e blocchi questo modo di lavorare, ogni volta che può, ogni volta che alla sicurezza dei lavoratori viene richiesto di aspettare, va bloccata la produzione a cui deve essere imposto di aspettare. Fondamentale l’elezione e la “formazione reale“ degli RLS (Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza) in tutti i posti di lavoro.

In questo senso, come S. I. Cobas, abbiamo da tempo iniziato un percorso di elezione e formazione di RLS affiancati dalla Rete Nazionale Lavoro Sicuro (Francesco 338 226 1763), di cui facciamo parte, per avere sui posti di lavoro più lavoratrici e lavoratori coscienti e preparati a difendere la loro salute e quella dei loro colleghi ed abbiamo fatto pagare alle aziende piani assicurativi oltre quelli previsti per contatto per tutelare i lavoratori anche dal lato economico garantendogli un salario in caso di gravi infortuni che gli precludano la possibilità di lavorare. Oltre ciò, promuoviamo da sempre, tramite l’autorganizzazione dei lavoratori, il controllo in prima battuta dei ritmi lavorativi dosando la velocità e il ritmo di lavoro proporzionato al materiale che si sta muovendo ed al rispetto delle pause, favorendo al contempo la creazione di nuovi posti di lavoro.

Esprimiamo il nostro cordoglio agli operai della Toyota e alle loro famiglie, esprimiamo la nostra rabbia verso i mandanti di questi omicidi in nome del profitto.

Proclamiamo per oggi 24/10/2024 uno sciopero che sarà articolato alla fine di ogni turno per due ore per tutti i lavoratori e lavoratrici impiegati nel settore privato su tutta la provincia di Bologna.

LE NOSTRE VITE VALGONO PIÙ DEI LORO PROFITTI.

SI COBAS NAZIONALE

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Toyota Bologna : ennesima strage operaia Cordoglio e lutto per le vittime

Che il comune indica un giorno di lutto per domani 25 ottobre 2024

Il governo ritiri il decreto 103/2024 che indebolisce le attività di vigilanza

La strada maestra della prevenzione è la ASSEMBLEA DI GRUPPO OPERAIO OMOGENEO

Senza questa strategia stragi e lutti si ripeteranno

Cordoglio per le vittime della ennesima strage operaia a Bologna a poche settimane dalla morte di Attilio Franzini a s.Giorgio di Piano. Prendiamo atto dei soliti commenti del “giorno dopo” da parte dei soliti intervistati dai media.

Il 26 maggio del 2022 a Modena, giorno della nascita della RETE NAZIONALE LAVORO SICURO, abbiamo sottolineato che uno dei problemi più gravi ed urgenti è quello di “arrivare il giorno prima” e non “il giorno dopo” ai funerali, con le solite frasi di circostanza.

ABBIAMO DETTO CHE SENZA UN NUOVO PROTAGONISMO DEI LAVORATORI E SENZA UN MUTAMENTO DI FORZA NEI RAPPORTI TRA CAPITALE E LAVORO, LA SICUREZZA RESTERA’ UNA CHIMERA DA INVOCARE QUANDO E’ GIA’ TROPPO TARDI.

Abbiamo detto che la strada maestra della prevenzione è la valutazione critica del DVR che deve essere affidata alle ASSEMBLEE DI GRUPPO OPERAIO OMOGENEO gestite dai lavoratori con la partecipazione degli organi di vigilanza.

Abbiamo ricordato che questa prassi non è inventata da noi, ma è il frutto della esperienza operaia degli anni 60-70 del secolo scorso, una prassi ratificata poi anche a livello istituzionale (legge regionale n.33/1979), prassi poi malauguratamente caduta in disuso ma che va rilanciata e rinforzata.

Cosa sarebbe successo se prima di ognuna delle stragi e delle morti che hanno insanguinato il nostro paese, con una terribile e recrudescenza persino dopo il varo del decreto 81/2008, appunto cosa sarebbe successo se “prima” delle stragi si fossero tenuti nei siti a rischio assemblee di gruppo operaio omogeneo? Le stragi non si sarebbero verificate.

Aumentare i controlli? Certo, ma non con le penose iniziative del governo come la patente a crediti, un sistema in cui con la morte di un operaio perdi 15 punti che puoi tranquillamente recuperare con i cosiddetti “corsi di formazione” sulla cui valenza ci sarebbe molto da dire.

Ora crolla il mito del toyotismo (efficienza, just in time, lavoro di squadra, ecc.) ma ci voleva poco perché crollasse; ecco che il “giorno dopo“ arrivano flebili voci operaie che informano su un incendio in verniciatura “in passato” e su “problemi alla linea 1″ dove, racconta un’operaia, “(i lavoratori) si fanno spesso tanto male”

Dal 2022 diciamo a gran voce che NON ESISTONO GLI INFORTUNI INTESI , IN LINGUA ITALIANA, COME “MANCANZA DI FORTUNA”; dietro ognuno di questi eventi luttuosi, più o meno gravi, c’è una carenza di misure di prevenzione o di manutenzione, c’è una lacuna nel DVR (documento di valutazione del rischio), oppure c’è un DVR perfetto ma “rimasto in un cassetto” e sconosciuto ai lavoratori; si pensi al pluridecennale ostruzionismo opposto dalle imprese ai tentativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) di ottenere copia del DVR per poterlo “studiare” adeguatamente anche con l’ausilio di consulenti di fiducia. No: IL DVR è oggetto di una prassi da “segreto di stato” ed è consultabile solo nella sede aziendale ! Assurdo; abbiamo posto di recente un quesito alla famosa “commissione nazionale per l’interpello”, ma non abbiamo ricevuto risposta…

Per quel che riguarda il comune di Bologna: il sindaco si è recato sul sito della strage; ed ha fatto bene; ma non basta: anni fa, altra amministrazione, fu convocato un gruppo di lavoro sul tema della prevenzione ma ebbe vita breve e difficile; perché non è stato ricostituito, magari allargando i soggetti partecipanti ? Sicuramente una inerzia che tradisce un sostanziale disinteresse così come tradisce il palese disinteresse del comune di Bologna la condotta evitante sulla proposta di installare una targa ricordo dell’omicidio sul lavoro di Reuf Islami avvenuto 20 anni fa in via Ranzani…