Rapporti di potenza, Armamenti, guerra
– Confermato da un nuovo studio il primato dell’Occidente nella conduzione delle guerre, anche se non direttamente con proprie truppe, ma per procura o come istigatore;
o la Germania, che si dice “potenza di pace”, è in prima fila in diversi conflitti.
– I paesi occidentali hanno il maggior bilancio militare e sono i maggiori esportatori di armamenti, verso i membri Nato o i paesi ad essi alleati.
o Nei primi dieci posti della classifica del Sipri per volume di bilancio militare si trovano 5 paesi Nato (Germania all’8° posto), che nel 2010 hanno complessivamente stanziato oltre il 55% della spesa militare globale.
o Al 6° posto il Giappone, al 7° l’Arabia Saudita e al 9° l’India, tutti alleati dell’Occidente.
o Tra i 10 maggiori esportatori di armamenti nel periodo 2006-2010, 7 paesi Nato e la Svezia;
o la Germania è al 3° posto mondiale.
– Sommando partecipazione alle guerre, bilancio militare ed esportazione di armamenti si può intuire quale sia il potenziale di violenza dell’Occidente rispetto ai paesi non occidentali.
– Da uno studio dell’Istituto per la ricerca sui conflitti internazionali di Heidelberg (Conflict Barometer 2011) risulta che:
o nel 2011 il numero delle guerre è giunto al massimo storico dalla seconda guerra mondiale, 20 conflitti armati, contro i 6 del 2010, nessuno dei quali risolto.
o I paesi Nato, Germania compresa, partecipano come aggressori con proprie truppe alla stragrande maggioranza delle guerre, oppure per procura tramite loro rappresentanti locali.
o Il baricentro dei conflitti è nei paesi del mondo arabo e l’Africa subsahariana, che interessano all’Occidente per le loro risorse o per la loro posizione geostrategica.
o La suddivisione regionale delle guerre in corso è molto ineguale:
o in Europa nessuna guerra, in America una (la guerra contro i trafficanti di droga in Messico); 3 guerre in Asia, 2 diverse in Pakistan e una contro le minoranze a Myanmar.
– 8 le guerre nell’Africa Subsahariana, in cui l’Occidente è coinvolto:
o Somalia, dopo 15 anni di scontri armati, nel 2006 si è formato un regime, islamico, che ha cercato di istituire un ordinamento statale, combattendo anche contro la pirateria. l’Occidente, in alleanza con le truppe etiopi, ma anche con i bombardamenti americani, l’ha cacciato da Mogadiscio, scatenando di nuovo la guerra civile. I droni americani continuano a intervenire nella guerra civile; di fronte alla costa ci sono anche navi militari tedesche che combattono la pirateria. Oggi si sta discutendo l’ampliamento di questa guerra fuori dal territorio somalo.
o anche Berlino ha spinto per la secessione del Sudsudan, secessione che ha rafforzato le forze centrifughe in altre regioni (Darfur) ed ha contribuito all’escalation dei conflitti.
o In Darfur e Sudsudan è presente la Bundeswehr con suoi soldati, è interesse della Germania l’indebolimento del Nord Sudan, per opera di vari movimenti separatisti.
– Costa d’Avorio, nel 2011 le truppe francesi, aiutate dall’Onu, con il tacito assenso tedesco, hanno con la forza fatto salire al potere un ex dirigente FMI.
– Solo nelle due guerra in Nigeria (Nord/Sud e Boko Haram) e nei conflitti interetnici in Sudsudan l’Occidente è solo indirettamente implicato.
– Afghanistan, la guerra dura da oltre 10 anni e l’Occidente non può più vincerla: nel 1979 iniziò come conflitto per procura tra Occidente e Urss; a metà 1979 gli Usa cominciarono ad armare i mujaheddin contro il governo filo-sovietico di Kabul, a fine anno entrò direttamente in conflitto l’armata rossa; negli anni Ottanta vi partecipò anche la Germania federale, per rafforzare i mujaheddin che negli anni Novanta trasformarono il conflitto in guerra civile, e da allora non è cessata.
– La guerra afghana dell’Occidente è inseparabile dalla guerra in Pakistan, condotta soprattutto con droni e forze speciali dagli Usa, e che ha l’appoggio politico tedesco, e in parte anche militare tramite la Nato.
– Sono in Afghanistan circa 4 800 dei 7 200 soldati tedeschi impegnati in conflitti in tutto il mondo.
– L’Irak è stato il secondo scenario di una guerra di occupazione occidentale, tuttora in corso; la Germania se ne è tenuta fuori ufficialmente, ma per la guerra contro la Libia ha presto rinunciato a mantenere le distanze; le bombe occidentali hanno abbattuto il regime, lacerando la società libica in tribù e milizie.
– Similmente sta capitando in Siria con la collaborazione dell’Occidente, Germania inclusa.
– La cosiddetta guerra contro il terrorismo in Jemen è condotta con droni e commando speciali Usa con l’accompagnamento politico della Germania.
– L’Istituto di Heidelberg classifica come guerre anche i conflitti in Turchia ed Egitto: militari alleati dell’Occidente (in Turchia truppe Nato) combattono contro forze che minacciano di metterne in discussione il predominio.
In 6 dei 20 conflitti classificati come guerre dall’Istituto di Heidelberg (le due in Nigeria, una interna in Sudsudan, quella in Jemen, in Pakistan e in Myanmar) l’Occidente non è coinvolto in modo significativo o per procura.
– (Eigener Bericht) – Eine neue Studie bestätigt die globale Spitzenposition des Westens beim Führen von Kriegen. Wie aus einer soeben veröffentlichten Analyse des Heidelberg Institute for International Conflict Research hervorgeht,
o ist nicht nur die Zahl der Kriege weltweit letztes Jahr auf den höchsten Stand seit dem Zweiten Weltkrieg gestiegen. Die Untersuchung lässt zudem erkennen, dass
o die NATO-Staaten, darunter Deutschland, an der überwiegenden Mehrzahl der Waffengänge mit eigenen Truppen als Aggressoren beteiligt sind oder sie via Stellvertreter vor Ort befeuern.
o Schwerpunkt sind die Staaten der arabischen Welt sowie Afrikas südlich der Sahara, die wegen ihrer Ressourcen oder aufgrund ihrer geostrategischen Lage im Mittelpunkt westlicher Interessen stehen.
– Der Spitzenposition des Westens beim Führen von Kriegen entspricht, dass die westlichen Staaten sich die größten Militäretats weltweit leisten und auch die größten Exporteure von Kriegsgerät sind – mit Lieferungen an NATO-Mitglieder oder mit ihnen verbündete Staaten.
– Wie das Heidelberg Institute for International Conflict Research in seinem soeben veröffentlichten "Conflict Barometer 2011" [1] feststellt, ist die Zahl der Kriege weltweit letztes Jahr auf ein Rekordhoch seit 1945 gestiegen. Verzeichnete das Institut 2010 sechs Kriege, so führt es für 2011 mehr als drei Mal so viele auf – insgesamt 20. Keiner der sechs Kriege, die das Institut schon 2010 verzeichnete, wich einem Frieden. Alles in allem ist eine regional höchst ungleiche Verteilung klar zu erkennen. Während es in Europa keinen und in Amerika lediglich einen heißen Krieg gab – bei letzterem handelt es sich um den Drogenkrieg in Mexiko -, litt Asien immerhin unter drei Kriegen (zwei verschiedene in Pakistan, Kämpfe mit Minderheiten in Myanmar).
– Am schlimmsten traf es mit jeweils acht jedoch Subsahara-Afrika und die arabische Welt. Bei genauerer Betrachtung fällt auf, dass in die übergroße Mehrzahl der Kriege der Westen, sofern er sie nicht mit eigenen Truppen führt, doch zumindest als Anstifter oder über Stellvertreter involviert ist. Deutschland, das sich oft – allen Fakten widersprechend – als "Friedensmacht" bezeichnet, ist bei zahlreichen Waffengängen führend dabei.
Afghanistan, Pakistan…
– Dies gilt zunächst für den Krieg in Afghanistan, der seit mehr als zehn Jahren andauert und vom Westen nicht mehr gewonnen werden kann. Ursprünglich begann er 1979 als Stellvertreterkonflikt zwischen dem Westen und der Sowjetunion: Mitte 1979 begannen die USA, Mujahedin gegen die prosowjetische Regierung in Kabul hochzurüsten [2]; Ende 1979 griff dann die Rote Armee in die Kämpfe ein. Auch die Bundesrepublik beteiligte sich in den 1980er Jahren daran, die afghanischen Mujahedin zu stärken, die den Bürgerkrieg in den 1990er Jahren eskalieren ließen. Seitdem kommt das Land nicht mehr zur Ruhe.
– Von den mehr als 7.200 deutschen Soldaten, die zur Zeit in aller Welt im Einsatz sind, sind beinahe 4.800 am Hindukusch stationiert. Dabei ist der Afghanistan-Krieg des Westens untrennbar mit dem Krieg in Pakistan verbunden, der überwiegend mit Drohnen und Spezialkräften der Vereinigten Staaten geführt wird, jedoch politisch und, über die NATO, zum Teil auch militärisch deutsche Unterstützung findet.[3]
… Subsahara-Afrika…
– In die acht Kriege in Subsahara-Afrika ist der Westen, darunter Deutschland, ebenfalls mehrheitlich involviert. Dies gilt zunächst für den Krieg in Somalia. Dort hatte sich nach 15 Jahren bewaffneter Kämpfe im Jahr 2006 ein Regime etabliert, das zwar als islamistisch galt, aber ein gewisses Maß an staatlicher Ordnung herzustellen vermochte – echte Erfolge im Kampf gegen die Piraterie inklusive.
– Im Bündnis mit äthiopischen Truppen, aber auch mit Hilfe US-amerikanischer Luftschläge vertrieb der Westen dieses Regime aus Mogadischu, was den Bürgerkrieg erneut entfachte (german-foreign-policy.com berichtete [4]).
– Bis heute greifen US-Drohnen immer wieder in den Bürgerkrieg ein; vor der Küste des Landes kreuzen zudem auch deutsche Kriegsschiffe, die sich im Kampf gegen Piraten befinden.
– Die Ausweitung dieses Kampfes auf somalisches Territorium wird gegenwärtig diskutiert.
– Auch drei der alles in allem vier Kriege, die das Heidelberger Institut für Sudan und Südsudan unterscheidet (Darfur, Sudan/Südsudan, SPLA/Milizen), sind deutlich von westlicher Einmischung geprägt:
o Die Sezession des Südsudan wurde unter anderem von Berlin maßgeblich forciert [5], was zentrifugale Kräfte auch in anderen Landesteilen (Darfur) stärkte und erheblich dazu beitrug, vorhandene Konflikte zu brutalen Waffengängen eskalieren zu lassen.
o In Darfur und Südsudan ist die Bundeswehr mit Soldaten präsent – weil die Schwächung des (Nord-)Sudan mit Hilfe diverser Separatismen deutschen Interessen entspricht.[6]
– In Côte d’Ivoire bombten letztes Jahr französische Truppen mit Hilfe der UNO und mit stillschweigender Rückendeckung Berlins einen dem Westen genehmen früheren IWF-Mann an die Macht.[7]
– Lediglich die beiden Kriege in Nigeria (Nord/Süd, Boko Haram) [8] sowie die interethnischen Konflikte in Südsudan haben zwar indirekt, aber nicht vorrangig mit der Politik des Westens zu tun.
… und die arabisch-islamische Welt
Dass der Westen in die große Mehrheit der heutigen Kriege maßgeblich involviert ist, zeigt sich noch deutlicher in der arabisch-islamischen Welt.
– Neben Afghanistan ist Irak der zweite Schauplatz eines westlichen Besatzungskrieges gewesen; der Krieg in dem Land hält bis heute ungebrochen an – mit fatalen Folgen. Hat sich Berlin hier offiziell herausgehalten, so gab die Bundesregierung ihre Kriegsdistanz im Falle Libyens schon bald auf; dort bombten westliche Luftwaffen den Sturz eines Regimes herbei, der die libysche Gesellschaft in Stämme und Milizen zerfetzte.[9]
– Ähnliches spielt sich gegenwärtig in Syrien ab – ebenfalls unter Mitwirkung des Westens, Berlin inklusive (german-foreign-policy.com berichtete [10]). Der sogenannte Anti-Terror-Krieg im Jemen wird ebenfalls mit US-Drohnen und -Spezialkommandos sowie mit politischer Begleitung Deutschlands geführt.[11]
– In der Türkei und Ägypten – die Konflikte in beiden Ländern werden von dem Heidelberger Institut als Kriege eingestuft – gehen schließlich eng mit dem Westen verbündete Militärs, in der Türkei gar NATO-Truppen, gegen Kräfte vor, die ihre Herrschaft in Frage zu stellen drohen.
Militärhaushalte, Rüstungsexporte
– Tatsächlich werden, betrachtet man alle Gewaltkonflikte, die das Heidelberger Institut als "Krieg" einstuft, allenfalls sechs von 20 (zwei Kriege in Nigeria sowie jeweils ein Binnenkrieg in Südsudan, Jemen, Pakistan und Myanmar) nicht in hohem Maß durch westliche Interventionen oder zumindest westliche Einmischung über Stellvertreter vor Ort bestimmt.
– Dies passt dazu, dass die Mehrzahl der Kriege in Regionen geführt wird, die wegen ihrer Ressourcen oder aufgrund ihrer geostrategischen Lage zu den zentralen Interessensphären des Westens gehören – Staaten in der arabischen Welt und in Subsahara-Afrika.
– Hinzu kommt, dass die NATO-Staaten nach wie vor die mit Abstand größten Militäretats weltweit bereitstellen und die größten Rüstungsexporteure sind.
o Das Forschungsinstitut SIPRI hat eine Länderrangliste nach dem Volumen der nationalen Militärhaushalte erstellt. Auf den zehn ersten Plätzen befinden sich fünf NATO-Mitglieder – darunter Deutschland (Platz acht) -, die zusammengenommen im Jahr 2010 mehr als 55 Prozent der weltweiten Militärausgaben tätigten.
o Die Plätze sechs (Japan), sieben (Saudi-Arabien) und neun (Indien) wurden von mit dem Westen verbündeten Staaten gehalten.
o Unter den zehn größten Rüstungsexporteuren in den Jahren 2006 bis 2010 befanden sich sieben NATO-Staaten und Schweden; Deutschland ist laut SIPRI der weltweite Rüstungsexporteur Nummer drei.
Stellt man dies zusätzlich zu der Tatsache in Rechnung, dass die Staaten des Westens die globale Spitzenposition beim Führen von Kriegen halten, dann lässt sich das Gewaltpotenzial des Westens im Vergleich zu nichtwestlichen Staaten erahnen.
[1] Heidelberg Institute for International Conflict Research: Conflict Barometer 2011, Heidelberg 2012
[2] s. auch Der religiöse Faktor
[3] s. dazu Wie in Vietnam und Stiller Komplize
[4] s. dazu Strandkrieg
[5] s. dazu New Sudan, Staatsaufbau und Nächstes Jahr ein neuer Staat
[6] s. dazu Vom Nutzen der Sezession und Englisch statt Arabisch
[7] s. dazu Spiel mit dem Feuer und Das Recht des Stärkeren (II)
[8] s. dazu Am Rande des Bürgerkriegs
[9] s. dazu Die Libyen-Strategie und Europas Wächter
[10] s. dazu Irans Achillesferse
[11] s. dazu Die neue Front und Die neue Front (II)
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