Libia e Afghanistan Lavoratori contro la guerra

“Adesso in Libia l’Italia bombarda più di tutti gli altri” – titola La Stampa dell’11 giugno – e precisamente il 30% dei raid alleati in Libia (ormai quasi 12 mila) è effettuato da aerei italiani. Di fronte a questo dato stride il silenzio delle piazze italiane – come se con l’acqua pubblica, il nucleare fuori della porta e qualche sindaco di centro-sinistra, sulla guerra si potesse lasciar correre.

Molte sono le ragioni per cui occorre organizzare una diffusa opposizione alla guerra – alle guerre – dello Stato italiano.

Hanno detto che era una missione umanitaria per proteggere la popolazione civile – in realtà si contano a centinaia i morti civili sotto le bombe alleate.

Hanno detto che era per difendere la ribellione contro la tirannide e per la libertà – in realtà è per mettere il governo “ribelle” sotto il controllo delle potenze belligeranti e stroncare sul nascere la libertà di protesta della popolazione libica.

E quale libertà! Il primo accordo tra il governo italiano e quello provvisorio della Cirenaica ricalca quello con Gheddafi per incarcerare o ricacciare nel deserto i migranti che tentano di andare in Italia o che dall’Italia sono stati respinti… Ora questo accordo schiavista si applica anche a coloro che fuggono dalla Libia per sfuggire alla guerra e alla mancanza di lavoro provocati dall’intervento delle potenze imperialiste. Secondo l’UNHCR (ONU) dallo scoppio della guerra 288.082 libici e 190.705 migranti provenienti da altre nazioni si sono rifugiati in Tunisia; circa altrettanti in Egitto, mentre in Italia ne sono arrivati solo 18 mila dalla Libia e 24 mila dalla Tunisia, ma per l’umanitaria Italia sono già troppi… E già circa 2.500 uomini, donne, bambini sono affogati nel mare nel tentativo di raggiungere le coste italiane sui barconi dei disperati perché l’Italia ha sprangato loro le porte: 2.500 vittime proletarie della guerra dell’Italia contro i migranti.

La guerra di Francia, Gran Bretagna e alleati aveva per scopo di approfittare della ribellione per inserirsi in una zona d’influenza italiana ricca di petrolio. La guerra condotta dall’Italia è se possibile ancora più “sporca”: lo Stato italiano bombarda le truppe che fino a ieri ha armato e addestrato, attacca il potere che finora ha usato e sostenuto (governi di destra o di sinistra, non cambia), con cui ha fatto accordi miliardari per il petrolio (tra un quarto e un terzo del fabbisogno italiano), il gas (quasi un ottavo) e le commesse, armi incluse – per continuare a tenere le sei zampe dell’ENI sugli idrocarburi di Cirenaica e Tripolitania.

Una sporca guerra sostenuta a spada tratta dal PD e dai centristi quanto dal PdL, che si coprono con la foglia di fico dell’ONU – l’associazione dei predoni – come già contro la Serbia e l’Iraq. La Lega mugugna perché, per perseguire gli stessi interessi, avrebbe preferito continuare ad appoggiare Gheddafi contro Francia e Gran Bretagna e non dover finanziare spedizioni e il governo di Bengasi (1 miliardo di euro promessi da Frattini); ma Berlusconi, dopo aver puntato inizialmente su Gheddafi, di fronte all’attacco militare di Francia e Gran Bretagna con copertura USA ha preferito allinearsi per partecipare alla spartizione del bottino.

Entrambe sono posizioni della borghesia, che cercano il sostegno dei lavoratori italiani, chi in nome degli “interessi nazionali” (paventando la mancanza di benzina e gas), chi additando come vero nemico il profugo, l’immigrato.

La nostra opposizione alle guerre dell’imperialismo italiano non è in nome della comunanza di interessi tra il capitale e il lavoro, ma della loro contrapposizione, perché vediamo nelle guerre esterne dello Stato italiano la continuazione della sua “guerra interna” per imporre sempre peggiori condizioni di sfruttamento dei lavoratori. La comunanza di interessi è tra lavoratori, italiani e immigrati, del Nord Africa e di tutte le altre parti del mondo, contro i loro sfruttatori e i loro governi, a partire da quelli di casa nostra. Per questo siamo a favore delle ribellioni del proletariato in Nord Africa e Medio Oriente, dal Marocco all’Egitto alla Siria, che i governi borghesi, tanto quelli vecchi che quelli nuovi nati da quelle lotte vogliono mettere a tacere.

L’opposizione alla guerra fa tutt’uno con l’organizzazione della difesa di classe. Occorre lavorare per far crescere entrambe nei quartieri nei luoghi di lavoro e nelle piazze.

 
 Comitato Contro la Guerra
Comunisti per l’Organizzazione di Classe
Combat

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