La Germania siede su un tesoro di materie prime? ExxonMobil trivella, gli ambientalisti protestano
– L’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) di Parigi calcola che le riserve mondiali di gas non convenzionale (da rocce bituminose o da strati carboniferi) sono tanto enormi che assieme alle fonti convenzionali potrebbero rispondere all’attuale fabbisogno dell’umanità per almeno 100 anni, se non 250. Nella sola Europa ci sarebbero fino a 35 000 MD di m.3
o Le riserve europee di gas non convenzionale vengono valutate simili a quelle dell’enorme giacimento russo di Yamal. I due strati sono quasi alti uguali, il che significa che se si vuole diminuire la dipendenza da gas russo, occorre consentire le trivellazioni a casa propria.
o È da valutare se può essere estratto e se a costi sostenibili, in rapporto al prezzo da pagare per il gasdotto tramite il quale, ad esempio, Gazprom rifornisce la Germania. Finora nessuno dei gruppi che stanno trivellando in Europa hanno saputo rispondere, compreso ExxonMobil, che ha già investito €40mn nelle sue esplorazioni in Germania.
– Per la Germania non ci sono valutazioni precise, ma secondo l’autorità federale per la geologia e le materie prime le formazioni geologiche nel territorio della Germania indicano rilevanti giacimenti.
o Le riserve tedesche di gas convenzionale e facilmente estraibile continuano a calare, e sono oggi calcolate in soli 162MD di m3, che verrebbero sfruttate in 10-20 anni, con la situazione attuale, come i giacimenti del Mar del Nord o dei Paesi Bassi.
– Nel sud della Bassa Sassonia e nel nord del Nord-Reno-Wesfalia, un territorio di circa 10 000 km quadri, sono state date numerose concessioni per estrarre gas dalle rocce scistiche bituminose e il metano dagli strati di carbone; si cerca questo tipo di gas anche in Turingia, Sassonia-Anhalt e nel Lago di Costanza.
– La filiale tedesca del gruppo americano ExxonMobil da 3 anni e mezzo sta cercando gas dalle rocce scistiche bituminose in Bassa Sassonia, un tipo di gas non facile da trovare e da estrarre; la trivellazione di prova è costata da sola oltre €2,5mn.
– Ricercano materie prime nel sottosuolo tedesco anche la filiale di BASF, Wintershall, l’americana BNK Petroleum e la britannica 3Legs Resources.
– In pochi anni negli Usa sono stati sfruttati enormi giacimenti di questo gas non convenzionale, grazie al quale gli americani sono diventati nel 2009 i maggiori produttori di gas del mondo, prima dei russi.
– Il boom del gas è stata una conseguenza diretta di regolamenti ambientali meno rigidi e di un veloce ampliamento e miglioramento di vecchi procedimenti tecnici, alimentato dal forte aumento del prezzo del petrolio che ha reso economicamente molto attraente l’estrazione del gas anche da giacimenti difficili. Ora negli Usa il gas viene estratto da quasi mezzo milione di trivellazioni in profondità, e il 90% di esso con il fracking. Gli Usa possono in gran parte non importare energia.
– Questo ha contribuito a causare una vera inondazione di gas nel resto del mondo, e su tutti i continenti si tenta di imitare gli americani.
– La popolazione è spesso contro queste trivellazioni, perché danneggerebbero l’ambiente con iniezioni di grandi quantità di acqua sabbia e prodotti chimici con il metodo del “Fracking”.[1] Nelgi Usa e poi via internet è stato presentato il documentario Gasland, che presenta le spaventose conseguenze dei pozzi di estrazione del gas in Pennsylvania e Texas, e che anche in diverse località della Germania hanno contribuito risvegliato l’opposizione di migliaia di cittadini.
o Si parla di rubinetti del bagno bollenti, di acqua potabile che puzza … lacrimazioni, aria inquinata e paesaggi distrutti. Ma soprattutto di acqua che sparisce nei pozzi, e dei prodotti chimici che finiscono sotto terra. Per il gas che deve essere estratto in un luogo di trivellazione ci vogliono oltre 10mn. di litri di acqua e diverse decine di migliaia di litri di prodotti chimici (Nell’acqua utilizzata oltre a benzolo e toluolo ci sono anche materiali radioattivi eventualmente presenti nel suolo, come il radio 226. Il NYT ha riferito di quantitativi di radio, in Pennsylvania e West Virginia, 100 volte e in alcuni casi 1000 volte superiori ai limiti accettabili per l’acqua potabile.
ExxonMobil avrebbe utilizzato già da metà anni Settanta il procedimento di Cracking in Bassa Sassonia per estrarre il gas dagli strati di arenaria.
[1] Il frazionamento idraulico o fracking è un metodo di estrazione di gas naturale impiegato nelle trivellazioni di pozzi in profondità per il gas naturale. Una volta trivellato il pozzo, vengono iniettati nel pozzo milioni di galloni di acqua sabbia e prodotti chimici adeguati ad alta pressione. La pressione frattura il scisto e apre fenditure che consentono al gas naturale di uscire più liberamente dal pozzo.
Rohstoff Ran an das Gas
Sitzt Deutschland auf einem Rohstoff-Schatz? ExxonMobil bohrt, Umweltschützer protestieren
Wenn Markus Rolink die Fenster seines Hauses öffnet, sieht, hört und riecht er Energieversorgung: Im Norden blickt der dreifache Familienvater auf den Kühlturm des Atommeilers Lingen, im Süden auf die Schwaden über dem Kohlekraftwerk Ibbenbüren. Von den 16 großen Mühlen des nahe gelegenen Windparks dringt ein ständiges Surren an sein Ohr. Und mehrere Male im Jahr wird Gülle auf die Felder geschüttet, auf denen rund um Rolinks Haus der Mais für den Biosprit wächst.
– Um neben den Erneuerbaren, Kohle und Atomstrom Deutschlands Energiemix vollständig abzubilden, fehlt nahe Rolinks Heim im idyllischen niedersächsischen Dörfchen Lünne also eigentlich nur noch das Gas. Aber auch das soll kommen, dieses Mal direkt vor der Haustür. Östlich der B70, kurz vor dem Ortseingang Lünnes, rund 300 Meter Luftlinie von Rolinks Haus, ragt seit einigen Wochen ein schmaler Bohrturm ein paar Meter in die Höhe, ringsum Bürocontainer, Bohrgeräte, Rohre.
– Die deutsche Tochter des amerikanischen Energiekonzerns ExxonMobil ist hier auf der Suche nach Schiefergas. In den vergangenen Wochen haben sich die Bohrmeißel erst vertikal bis auf eine Tiefe von 1575 Metern und dann horizontal fast einen halben Kilometer in das unterirdische Gebirge gegraben. Schiefergas ist in aberwitzig kleinen Gesteinsporen eingeschlossen und weder leicht zu finden noch leicht zu fördern. Allein die Probebohrung in Lünne kostet ExxonMobil über 2,5 Millionen Euro.
– Sie ist nicht die einzige, die das Unternehmen aus Hannover plant. Im südlichen Niedersachsen und im nördlichen Nordrhein-Westfalen hat es sich auf einem Gebiet von rund 10.000 Quadratkilometern zahlreiche Konzessionen gesichert, um nach Schiefergas und dem in Kohleflözen vorkommenden Flözgas zu bohren.
– Und ExxonMobil ist auch nicht die einzige Firma, die im Untergrund Deutschlands neue, reiche Schätze vermutet.
– Die BASF-Tochter Wintershall hat ebenso ihre Claims abgesteckt wie die amerikanische BNK Petroleum und das britische Unternehmen 3Legs Resources. Nach sogenanntem unkonventionellem Gas gebohrt werden soll nicht nur in NRW und Niedersachsen, sondern auch in Thüringen, Sachsen-Anhalt und am Bodensee. So planen es jedenfalls die Firmen.
– Die Bürger allerdings sind oft gegen diese Bohrungen. Markus Rolink etwa hat die Interessengemeinschaft »Schönes Lünne« gegründet und mit ihr 1500 Unterschriften gegen das Gasprojekt gesammelt. In Deutschland nach unkonventionellem Gas zu bohren mache schon energiepolitisch keinen Sinn; die Mittel sollten besser in CO₂-freie Energieformen gesteckt werden, findet der Lehrer, der früher bei den Grünen aktiv war. Auch werde das Image des 1800-Seelen-Dorfs als schöne Wohngegend und naturbelassenes Radwander-Paradies durch die Aktivitäten von ExxonMobil zerstört und die Umwelt durch Förderverfahren wie das »Fracking« kaputt gemacht. Beim Fracking werden große Mengen Wasser, Sand und Chemikalien unter die Erde gepumpt. »Kein Fracking in Lünne, niemals«, sagt Rolink.
– Wahrscheinlich wusste in der Gemeinde niemand, was Fracking ist, als ExxonMobil vor dreieinhalb Jahren wegen seismologischer Voruntersuchungen erstmals in Lünne vorstellig wurde. Kein Lünner dürfte damals auch die Erfolgsberichte aus Amerika gekannt haben, die die Tochter des US-Konzerns auch in Deutschland so beflügelte.
– Innerhalb weniger Jahre waren in den USA riesige Vorkommen an unkonventionellem Gas erschlossen worden; mit ihrer Hilfe stiegen die Amerikaner 2009 auf einen Schlag zum größten Gasproduzenten der Welt auf – noch vor den Russen. Der Gas-Boom war eine direkte Folge laxer Umweltauflagen und einer rasanten Verbreitung und Verbesserung altbekannter technischer Verfahren. Befeuert wurde er durch einen rasant steigenden Ölpreis, der die Förderung des flüchtigen Rohstoffs auch auf schwierigen Feldern wirtschaftlich sehr attraktiv machte.
– Inzwischen wird in den USA aus fast einer halben Million Bohrlöchern Gas aus der Erde geholt, an 90 Prozent von ihnen wird mit dem Fracking-Verfahren gearbeitet. Auf Importe kann das energiehungrige Land weitgehend verzichten. Das hat nicht nur zu einer regelrechten Gasschwemme im Rest der Welt beigetragen, sondern auch dazu geführt, dass auf allen Kontinenten eifrig daran gearbeitet wird, es den Amerikanern nachzutun.
– Die Pariser Internationale Energieagentur (IEA) schätzt, dass die weltweiten Reserven an unkonventionellem Gas so riesig sind, dass sie zusammen mit den konventionellen Quellen die Menschheit bei gegenwärtigem Verbrauch theoretisch noch mindestens 100, vielleicht sogar 250 Jahre versorgen könnten. Allein die Europäer säßen auf bis zu 35 Billionen Kubikmeter Schiefer- oder Flözgas, schreiben die Pariser Experten.
– Für Deutschland gibt es keine gesicherten Zahlen, aber laut Aussage der Bundesanstalt für Geowissenschaften und Rohstoffe in Hannover deuten die geologischen Formationen im Bundesgebiet auf relevante Vorkommen hin.
o Dagegen gehen die heimischen Reserven an konventionellem, leicht förderbarem Gas beständig zurück und betragen derzeit nur noch rund 162 Milliarden Kubikmeter. Nach gegenwärtigem Stand der Dinge könnten sie in ein, zwei Jahrzehnten endgültig erschöpft sein – wie auch viele der Vorkommen in der Nordsee oder in den Niederlanden.
– Hans-Hermann Nack findet, es mache deshalb sehr viel Sinn, die unkonventionellen Quellen in Deutschland und Europa zu erschließen und auszubeuten. Nack ist in Lünne das Gesicht von ExxonMobil, der Mann, der mit der Gemeinde, den Bürgern und der Presse redet. Auf dem Bohrplatz empfängt er im roten Arbeiter-Drillich; im Bürocontainer wirft er Charts an die Wand, die den Verbrauch und die potenzielle Produktion von Erdgas zeigen.
– Einer vergleicht die prognostizierten Mengen unkonventionellen Gases in Europa mit den Reserven des riesigen russischen Yamal-Feldes. Beide Balken sind fast gleich hoch. Was wohl auch heißen soll: Wer sich von russischem Gas unabhängiger machen will, der muss zu Hause bohren lassen.
– An solchem Denken gibt es heftige Kritik. Das beginnt bei der Frage, ob der tief unter der Erde verborgene Schatz tatsächlich förderbar ist – und vor allem, ob dies zu vertretbaren Kosten gelingen kann.
o Richtwert dafür ist der Preis, der für sogenanntes Pipeline-Gas gezahlt werden muss, also für das, was zum Beispiel der russische Gigant Gasprom nach Deutschland liefert. Eine klare Antwort kann bisher keines der in Europa bohrenden Unternehmen liefern, auch ExxonMobil nicht, das bereits 40 Millionen Euro in seine deutschen Explorationen gesteckt hat. Man prüfe und untersuche weiter, sagt Hans-Hermann Nack.
– Vor allem aber sind die Bohrungen nach Schiefer- und Flözgas aus Gründen des Umweltschutzes umstritten. Schon im vergangenen Jahr machte zunächst in den USA, dann via Internet auch in Europa der Dokumentarfilm Gasland die Runde, der Erschreckendes über die Folgen der Gasbohrungen in US-Bundesstaaten wie Pennsylvania und Texas zeigt. Hans-Hermann Nack ist sich mit Markus Rolink nur selten einig – aber beide sagen, dass Szenen aus Gasland mitverantwortlich dafür sind, dass inzwischen nicht nur in Lünne, sondern auch an Orten wie Borken, Nordwalde, Drensteinfurt, in Hagen, Münster und in Hamm Tausende Einwohner gegen Gasbohrungen unterschrieben haben.
– In Gasland wird über feuerspeiende Badezimmerarmaturen und stinkendes Trinkwasser berichtet, die Kameras fahren über kahle, von Bohrtürmen, Abwässerbecken und Zufahrtswegen übersäte Landstriche. Anwohner der Bohrgebiete sprechen von Lärm, Luftverschmutzung und Landschaftsfraß. Insbesondere aber geht es um das Wasser, das in den Bohrlöchern verschwindet, und um die Chemie, die mit ihm unter die Erde gelangt.
– Jedes Mal, wenn an einer amerikanischen Bohrstelle das im Gestein gebundene Gas durch Fracking gelöst werden soll, sind dazu weit über zehn Millionen Liter Wasser und viele Zehntausend Liter Chemikalien nötig. Dass einige der dabei verwendeten, bislang für das Funktionieren der Technik offensichtlich notwendigen chemischen Stoffe giftig, trinkwassergefährdend und gesundheitsschädlich sind, ist unstrittig. Zwischen 10 und 40 Prozent des beim Fracking verwendeten Wassers gelangt während des Fördervorgangs überdies wieder an die Oberfläche. Dort muss es aufgefangen und sicher entsorgt werden.
– Im Brauchwasser sind dabei neben Chemikalien wie Benzol oder Toluol nicht nur riesige Mengen Salz enthalten, sondern auch im Untergrund natürlich vorkommende radioaktive Stoffe, etwa Radium 226.
– In einem umfangreichen Dossier berichtete die New York Times am vergangenen Wochenende, dass die im Abwasser von Bohrstellen in den US-Bundesstaaten Pennsylvania und West Virginia gefundenen Radium-Mengen – und andere radioaktive Elemente – die für Trinkwasser gültigen Grenzwerte um das 100-Fache, teilweise sogar 1000-Fache überschritten hätten. Außerdem seien viele Kläranlagen für die Behandlung der dreckigen Brühe aus den Förderstätten nicht geeignet. Unzureichend behandeltes Brauchwasser sei deshalb möglicherweise in einige Flüsse geleitet worden,
– In Deutschland nutzt ExxonMobil das Fracking-Verfahren nach eigenem Bekunden schon seit Mitte der siebziger Jahre an verschiedenen Bohrstellen in Niedersachsen, an denen sogenanntes tight gas aus Sandsteinschichten gefördert wird. Das Unternehmen versichert, dass dabei Chemikalien in einer ungefährlichen, geringen Konzentration verwendet würden und sich radioaktive Stoffe, wenn überhaupt, nur am Bohrgestänge ablagern würden und somit problemlos entsorgt werden könnten. Überdies könne Trinkwasser nicht kontaminiert werden, weil massives Deckgestein über den sehr tief liegenden gashaltigen Schichten liege, beteuert Hans-Hermann Nack. An der Oberfläche und am Bohrloch sorgten zudem einzementierte Stahlrohre und andere spezielle Sicherungen dafür, dass Verunreinigungen des Bodens ausgeschlossen würden.
– Freilich bleibt, das geben selbst die hartnäckigsten Verfechter des Gasbohrens zu, selbst bei schärfster Kontrolle wie bei jedem technischen Verfahren ein Restrisiko. Zugleich unterliegen Bohrvorhaben wie das in Lünne dem deutschen Bergrecht; harte Umweltverträglichkeitsprüfungen und eine umfassende Beteiligung der Bürger an möglichen Genehmigungsverfahren sind darin in der Regel nicht vorgesehen. Das müsse verändert werden, fordern zum Beispiel die rot-grüne Landesregierung in Nordrhein-Westfalen und die Grünen im Bundestag.
In Lünne würde eine solche Veränderung allerdings wohl nicht mehr rechtzeitig kommen. An einem Donnerstagabend im Februar ist der Versammlungssaal der Gaststätte Wulfekotte mitten im Dorf fast bis auf den letzten Stehplatz gefüllt. Tapfer und mitunter etwas ungelenk versucht Hans-Hermann Nack, die Lünner von der Sicherheit der Bohranlage vor ihrer Haustür zu überzeugen. In einen Arbeitskreis unter Leitung eines unabhängigen Wissenschaftlers wolle das Unternehmen jetzt ergebnisoffen mit Bürgerinitiativen, Gemeinden und Landkreisen nach einem Konsens suchen, kündigt der Exxon-Mann an. »Wenn dort entschieden wird, dass beim Fracking ein unakzeptables Restrisiko vorliegt, werden wir dieses weiter minimieren oder auf die Arbeiten verzichten«, sagt Nack.
Es hat nicht den Anschein, als würden die Lünner diesem Versprechen glauben. Vorerst macht das nichts; Mitte März ist die Probebohrung im südlichen Emsland ohnehin vorbei. Es wird dann sechs bis zwölf Monate dauern, bevor ExxonMobil entschieden hat, ob sich die Bohrstelle in Lünne zumindest wirtschaftlich lohnen könnte. Bis dahin wird der Bohrplatz versiegelt, der Bohrturm wird abgebaut. Eigentlich sollte er nach Nordwalde im Münsterland geschafft werden, dort wartet über Kohleflözen der nächste Probelauf. Aber Nordrhein-Westfalen hat dafür bislang die Genehmigung nicht erteilt.
Natürlich benötige Deutschland viel Energie, sagt derweil Markus Rolink. Aber müsse dafür eigenes Gas gefördert werden, womöglich auf Kosten der Umwelt? Er selber beispielsweise bekomme seine Wärme ganz umweltfreundlich. Ohne Gas, mittels Wärmepumpe aus dem Untergrund.
Gasförderung Sperrige Bürger
ExxonMobil zahlt viel Geld, um seine umstrittenen Gasförderpläne prüfen zu lassen. Die Bürgerinitiativen kümmert das wenig.
Ohne den Bürger, heißt es neuerdings überall, wird die Energiewende nicht funktionieren: Der Bürger müsse »mitgenommen« und »beteiligt«, seine Kompetenzen müssten gesteigert und demokratische Rechte geachtet werden, wenn es um den Bau von Windrädern, von Stromleitungen oder von Kraftwerksblöcken geht.
– Schöne Idee. Nur ist der Bürger, insbesondere in seiner Ausprägung als Demonstrant und Protestler, mitunter ein etwas sperriges Wesen, das gar nicht mitgenommen werden möchte. Das erfährt gerade die deutsche Tochter des amerikanischen Konzerns ExxonMobil. Vergangenen Freitag lud das Unternehmen in einen Tagungssaal in Münster zu einer öffentlichen Veranstaltung, in der es um seine umstrittene Suche nach Erdgas in Deutschland ging. Eine Handvoll Wissenschaftler mühte sich redlich um Aufklärung. Draußen aber, am Münsteraner Prinzipalmarkt, protestierten die Bürgerinitiativen – gegen das Unternehmen und gegen die Wissenschaftler. Trillerpfeifen, Plakate, Transparente und ein Megafon, alles war da, was zu einer guten Demo gehört.
– Wie einige andere Unternehmen aus dem In- und Ausland möchte ExxonMobil in Deutschland sogenanntes »unkonventionelles« Gas fördern, das sich in Ton oder Sandstein und in Kohleflözen verbirgt und das nur mit dem sogenannten Fracking-Verfahrenan die Erdoberfläche gebracht werden kann.
– Beim Fracking wird sehr viel Wasser und viel Chemie unter die Erde gepumpt, und damit werden im Untergrund lange Risse ins Gestein gesprengt. Dass diese Methode große Umweltschäden anrichten könnte, ist eine verständliche Sorge. Sie treibt nicht nur deutsche Bürger um: Im französischen Parlament wird über ein Fracking-Verbot diskutiert, in den USA wurde ein Dokumentarfilm zum Thema für den Oscar nominiert.
– ExxonMobil allerdings ist von der Methode überzeugt. Also hat das Unternehmen die Flucht nach vorn angetreten und will Fracking wissenschaftlich prüfen lassen. Und zwar ergebnisoffen: Wenn für Politik und Wissenschaft inakzeptable Restrisiken blieben, werde man auf weitere Bohrungen möglicherweise verzichten, heißt es aus der Firmenzentrale in Hannover.
– Nun hat das Unternehmen, besonders in der Umweltszene, einen wahrscheinlich noch schlechteren Leumund [reputazione] als etwa der deutsche Atomkonzern RWE.
– Dass ExxonMobil sich die Untersuchung vorerst eine Million Euro kosten lässt, dürfte nicht zu seinem Vorteil ausgelegt werden, sondern eher noch mehr Misstrauen erzeugen. Aber muss es dieses Misstrauen auch gegenüber den an der Untersuchung beteiligten Wissenschaftlern geben? Eine Toxikologin beschäftigt sich mit der Gefährlichkeit der Chemikalien, die unter die Erde gepresst werden; Geologen beurteilen Gesteinsschichten in den Bohrgebieten; Biologen bewerten die Auswirkungen der Bohrungen auf das Trinkwasser; Risiko- und Störfallexperten sollen die technische Sicherheit überprüfen und Szenarien entwerfen, anhand derer entschieden wird, ob und mit welchem Risiko Gas mittels Fracking gefördert werden kann. Kurzum: Unter Leitung des Biologen Dietrich Borchardt vom Helmholtz-Zentrum für Umweltforschung in Magdeburg hat sich eine Riege anerkannter Fachleute versammelt, die das Thema wahrscheinlich so umfassend untersucht wie bisher in Deutschland noch nicht geschehen. Keiner von ihnen, beteuern die Experten, habe jemals für die Energie- oder Bergbauindustrie gearbeitet. »Wir sind wirklich unabhängig«, meint Borchardt, und es ist ihm anzusehen, dass sehr schon dieser Satz ihn nervt.
Auch werden die Ergebnisse der Untersuchungen ungekürzt und unzensiert auf einer eigenen Webseite veröffentlicht. Bürgerinitiativen und Vertreter der von den Bohrungen potenziell betroffenen Regionen können jederzeit Fragen stellen und an Fachkonferenzen teilnehmen. »Die Entscheidungsgrundlagen für alle Beteiligten sollen verbessert werden«, sagt Borchardt: »Das Wissen wird vergrößert, die Risiken werden bewertet.«
– Allerdings sitzt das Misstrauen tief, das wurde auch im Konferenzsaal in Münster deutlich. Die Abgesandten von Kommunen, Behörden und Verbänden stellten kluge Fragen, die Kritiker des Gasbohrens waren wohl in der Überzahl. Er habe Zweifel, ob er wirklich klare Antworten bekomme, sagte der Baudezernent der Stadt Borken, in deren Einzugsgebiet mehrere potenzielle Bohrstellen liegen. Aber es sei gut, den Diskussionsprozess überhaupt zu haben, meinte der Dezernent noch: »Immerhin kommen alle Themen auf den Tisch.«
Die Bürgerinitiativen machten es sich da einfacher. Sie lärmten am Prinzipalmarkt und taten die wissenschaftliche Untersuchung des Gasbohrens als Veranstaltung ab, in der es einzig darum gehe, Fracking zu legitimieren.
– Den vom Unternehmen angestoßenen Dialogprozess zwischen Wissenschaft und Bürgern nannten die Initiativen ExxonMobils »Feigenblatt«. Das sei »durchaus verletzend«, sagte drinnen im Tagungssaal der Geologe Martin Sauter. Das sei »überhaupt nicht schön«, meinte Dietrich Borchardt.
Spitzentreffen Putin und EU streiten über Gasprom
Brüssel will die Marktmacht des russischen Staatskonzerns Gasprom beschränken – und provoziert damit Wladimir Putin. Auch in anderen Bereichen gibt es Konflikte.
Bei einem Spitzentreffen zwischen dem russischen Regierungschef Wladimir Putin und EU-Kommissionspräsident José Manuel Barroso in Brüssel kam es zu einem offenen Streit. Deutliche Differenzen gab es bei der Diskussion um russische Gasleitungsnetze in Europa und dem geplanten neuen Partnerschaftsabkommen.
Bei dem Treffen ging es neben den Ereignissen in der arabischen Welt vor allem um Wirtschaftsbeziehungen und hier insbesondere um Handel und Energie. Am deutlichsten wurde der Konflikt zwischen Putin und Barroso beim Thema Gas. Der russische Regierungschef warf der EU-Kommission vor, mit ihrem dritten Energiebinnenmarktpaket und den darin enthaltenden Entflechtungsplänen gegen Verträge zu verstoßen.
"Dieses Energiepaket widerspricht unserem Partnerschaftsabkommen", sagte Putin auf einer Pressekonferenz mit Barroso. "Es handelt sich eigentlich um die Enteignung von unserem Eigentum." Gaskunden in Europa müssten mit steigenden Preisen rechnen, sollten die Pläne umgesetzt werden.
Die EU bestreitet dies – sie will mit dem neuen Energiebinnenmarktpaket die Marktmacht von Lieferländern begrenzen. Künftig sollen Anbieter wie der russische Staatskonzern Gasprom in der EU nicht mehr zugleich die Pipelines kontrollieren dürfen. Europa will damit einen fairen Netzzugang für neue Anbieter ermöglichen und die Transparenz fördern. Gasanbieter, die Leitungen besitzen, konnten bislang unliebsamen Konkurrenten die Durchleitung von Gas verwehren.
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Wladimir Putin | Europa | Energiewirtschaft
Russland ist für die EU der wichtigste Lieferant für Energie – in Form von Gas, Öl, Ölprodukten oder auch Kohle und Uran. Umgekehrt ist Europa auf dem für Russlands Wirtschaft entscheidenden Feld der wichtigste Abnehmer des Landes.
Barroso bezeichnete die Vorwürfe Putins deswegen als unberechtigt. "Wir sind überzeugt, dass unser drittes Energiebinnenmarktpaket nicht diskriminiert. Wir erwarten, dass ausländische Unternehmen dieselben Spielregeln akzeptieren, die wir auf unsere eigenen Unternehmen anwenden", sagte der Kommissionspräsident. Wie Putin hofft er nun auf eine Verhandlungslösung. Die meisten Vorschriften sollen allerdings bereits im März in Kraft treten.
In der Vergangenheit hatten die EU und Russland wiederholt Probleme mit Gaslieferungen, weil Russland sich mit Transitländern wie der Ukraine stritt und daraufhin Lieferungen in die EU unterbrochen wurden. Angesichts dessen treibt die EU die Gewinnung neuer Lieferländer und Lieferwege voran. Ein Hauptprojekt ist die Erdgas-Pipeline Nabucco, die Gas aus dem kaspischen Raum und Nahen Osten unter Umgehung Russlands in die EU pumpen soll. Die Ereignisse in Nordafrika verliehen der Diskussion zusätzlich Aktualität, da die EU auch aus dieser Region Gas bezieht.
Deutlich wurden die unterschiedlichen Ansichten auch bei Themen wie dem neuen Partnerschaftsabkommen oder der Bewertung der Lage in der arabischen Welt. Während die EU eine demokratische Öffnung zuletzt immer wieder als Schlüssel zu dauerhafter Stabilität bezeichnet hatte, warnte Putin am Donnerstag vor einem wachsenden Einfluss radikaler Islamisten. Als Beispiel für die Gefahren der Demokratie nannte er den Wahlsieg der radikal-islamischen Hamas-Organisation im Gazastreifen.
In Bezug auf das neue Partnerschaftsabkommen sprach sich Barroso für ein umfassendes Regelwerk aus, das auch Bereiche wie Handel und Energie miteinbezieht. Putin sagte, Russland bevorzuge ein Rahmenwerk und ergänzende Verträge zur Zusammenarbeit in bestimmten Bereichen.
Das Spitzentreffen in Brüssel galt als das bislang größte dieser Art. Neben Putin reisten rund ein Dutzend Minister in die belgische Hauptstadt.