– C’è il rischio che si trasformi in guerra aperta la secessione del Sud Sudan (decisa con un referendum e che dovrebbe essere completata il 9 luglio prossimo), dalla seconda metà degli anni Novanta appoggiata da Berlino, e da tutto l’Occidente, per togliere il controllo di gran parte (l’80%) dei giacimenti petroliferi del paese al Nord arabo, e legare il Sud Sudan, ricco di risorse ai paesi est-africani e Uganda e Kenia che fanno parte della Comunità Est Africana (EAC), e all’Occidente.
o Obiettivo geostrategico della cooperazione con i paesi EAC, strettamente legati all’Occidente, è il rafforzamento nell’Africa Orientale e il contenimento dell’influenza della Cina, che coopera invece con il governo centrale sudanese.
o Khartoum non accetterà facilmente la perdita del controllo su petrolio e materie prime senza reagire, come da anni avvertono alcuni osservatori.
– Il governo tedesco ha continuato ad appoggiare i secessionisti, nonostante il rischio che la secessione scatenasse un conflitto armato con il Nord, come previsto dall’Accademia federale per la politica di sicurezza (BAKS, un’istituzione della Bundeswehr) non escludesse la possibilità di una guerra. Uno dei compiti dell’Accademia è il collegamento tra militari e mondo economico.
– La Germania, che partecipa alla missione Onu in Sudan, chiede l’immediato ritiro delle forze di Khartoum che (con sanguinosi scontri nello scorso fine settimana) hanno preso il controllo della capitale della contesa regione di Abyei nel Sud, causando fughe di massa.
o Diverse le versioni della causa degli scontri: il Nord afferma che i sud-sudanesi hanno rotto l’armistizio attaccando un suo convoglio e causando numerose vittime; il Sud nega.
o Il Nord sostiene di voler solo mantenere l’ordine fino a che sarà trovata una soluzione negoziale alla questione dell’assegnazione di Abyei; il Sud accusa il Nord di volerla risolvere con i fatti. La popolazione è divisa, e dopo i recenti scontri non si prospetta la possibilità di una soluzione pacifica.
– Alcune settimane fa’ il ministro tedesco per la Cooperazione economica ha promesso nuovi aiuti al regime secessionista sudanese, con la cooperazione della Francia per alcuni programmi, al fine di evitare che il paese sprofondi nel caos.
– Nel 2010, una delle maggiori associazione economiche tedesche per l’estero, Hamburger Afrika-Verein, assieme a BAKS, ha cercato di preparare i gruppi tedeschi interessati alla possibilità di dover prendere difficili decisioni in una situazione di insicurezza. L’iniziativa intitolata “Il giorno dopo”, era indirizzata ad imprenditori in regioni di conflitto. Nell’invito si leggeva «Numerosi paesi dell’Africa con grande potenziale economico» sono «tormentati da crisi e conflitti», «un enorme rischio» … L’esercitazione prendeva come esempio il Sud Sudan.
– Nel 1998 iniziò ad attivarsi per il Sud Sudan l’Istituto tedesco Max-Planck per il diritto pubblico e internazionale estero:
o personale specializzato tedesco formò giudici e impiegati di uffici giudiziari necessari per la creazione del nuovo Stato del Sud Sudan;
o giuristi tedeschi aiutarono nella stesura della Costituzione;
o il ministero Esteri stanziò milioni per la creazione di una polizia;
o i soldati della Bundeswehr (nella missione UNMIS, che doveva sorvegliare il rispetto dell’accordo di pace siglato nel 2005) si sono occupati dell’armamento delle milizie sud sudanesi con centinaia di carri armati T-72, di cui ora i secessionisti disporrebbero in caso di guerra aperta.
o Grazie alle infrastrutture create dall’organizzazione tedesca per lo sviluppo GIZ (fino al 2010 chiamata GTZ), il Sud Sudan è meglio collegato al Kenia e all’Uganda da dove può ricevere appoggio. La creazione di questi collegamenti evidenzia come, in prospettiva, Berlino veda il Sud Sudan inserito nella Comunità Est Africana (EAC) strettamente legata all’Occidente, e questo riguarda il trasferimento di petrolio e oro, senza dover più transitare per Khartoum e l’area da esso controllata; gran parte delle risorse del Sudan finirebbero ugualmente sotto controllo occidentale, un importante fattore della competizione globale. Per l’integrazione in EAC occorrerebbero strutture adeguate.
Il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni è in particolare legato agli Usa, fa da collegamento di una rete internazionale di cristiani evangelici, diretta dagli Usa; il Ruanda, dopo la salita al potere a seguito del genocidio del 1994 di un governo tutsi, è legato ugualmente agli Usa ma anche alla Germania, di cui è il maggiore destinatario degli aiuti allo sviluppo; il presidente ruandese, Kagame, è stato addestrato militarmente negli Usa nella guerra contro il governo in carica da lui condotta come ribelle prima del 1994 dall’Uganda.Da tempo la Germania cerca strette relazioni con Kenia e Tanzania.
o Il gruppo tedesco ThyssenKrupp intende costruire una ferrovia tra il Sud Sudan e l’Uganda.
– La situazione nel Sud è grave, nonostante anni di appoggio da parte delle potenze occidentali:
o non esistono strutture statali; il potere è nelle mani di miliziani che stanno invecchiando, molto corrotti e non rispettosi di diritti umani e regole democratiche;
continuano scontri sanguinosi tra vari gruppi linguistici, con un numero di vittime superiore a quelle della guerra civile Sud-Nord.
– (Eigener Bericht) – Die von Berlin unterstützte Sezession des Südsudan droht in einen offenen Krieg umzuschlagen. Nach heftigen Kämpfen haben die Truppen der Regierung im Nordsudan am Wochenende die Kontrolle über die Hauptstadt der umstrittenen Region Abyei übernommen.
– Die Bundesregierung, die wie die übrigen Staaten des Westens auf der Seite der südsudanesischen Separatisten steht, erhebt scharfen Protest. Khartum müsse die Truppen "unverzüglich" abziehen, fordert der deutsche Außenminister.
– Eine Gewalteskalation im Sudan, wo unter dem Banner der UNO auch deutsche Soldaten stationiert sind, ist nicht länger auszuschließen. Erst vor wenigen Wochen hat der Bundesminister für wirtschaftliche Zusammenarbeit, Dirk Niebel, den Südsudan besucht und dem Sezessionsregime neue Hilfen zugesagt. Die Bundesrepublik gehört schon seit den 1990er Jahren zu den maßgeblichen Förderern einer Spaltung des Sudan – vor allem aus geostrategischen Gründen:
o Die Abtrennung des sudanesischen Südens nimmt dem arabisch geprägten Norden die Kontrolle über große Teile der Rohstoffvorräte des Landes und ermöglicht es, den ressourcenreichen Südsudan eng an den Westen anzubinden. Krieg wird dabei billigend in Kauf genommen.
o Bereits letztes Jahr konnten sich an Geschäften im Südsudan interessierte Unternehmer aus Deutschland in einer Berliner Regierungseinrichtung auf den Umgang mit möglichen Kämpfen im Sezessionsgebiet vorbereiten.
– Die Sezession des Südsudan, die am 9. Juli in aller Form vollzogen werden soll, droht in einen offenen Krieg umzuschlagen. Am Wochenende kam es zu blutigen Kämpfen in der Region Abyei, deren Zugehörigkeit zum Norden oder zum Süden des Sudan umstritten ist.
o Über die Ursache der Kämpfe gibt es verschiedene Angaben. Letzte Woche wurde in Abyei ein Konvoi nordsudanesischer Soldaten überfallen; es soll zahlreiche Todesopfer gegeben haben. Der Norden erklärt, Südsudanesen hätten den Überfall begangen und damit den Waffenstillstand gebrochen. Der Süden streitet dies ab. Am Wochenende brachten dann Truppen der Regierung in Khartum die Hauptstadt von Abyei unter ihre Kontrolle – und lösten damit eine Massenflucht aus.
o Der Norden behauptet, lediglich für Ordnung sorgen zu wollen, bis eine Verhandlungslösung für Abyei gefunden worden ist. Dagegen heißt es im Süden, Khartum wolle wohl Fakten schaffen. Wegen der bevorstehenden Sezession muss Abyei entweder dem Norden oder dem Süden zugeschlagen werden. Die Bevölkerung ist in dieser Frage gespalten. Eine friedliche Lösung ist nach den blutigen Kämpfen der letzten Tage kaum noch in Sicht.[1]
Kampfpanzer und Eisenbahn
– Berlin unterstützt die Sezession des Südsudan bereits seit der zweiten Hälfte der 1990er Jahre – auf mehreren Ebenen. 1998 begann etwa das Max-Planck-Institut für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht aus Heidelberg, in Sachen Südsudan aktiv zu werden.
o Deutsches Fachpersonal bildete nicht nur Richter und Justizangestellte aus, die für den Aufbau des neuen Staates "Southern Sudan" benötigt werden.
o Deutsche Juristen halfen auch bei der Ausarbeitung der südsudanesischen Verfassung.
o Das Auswärtige Amt stellte Millionensummen für den Aufbau einer Polizei bereit, und
o die Bundeswehrsoldaten, die im Rahmen der United Nations Mission in Sudan (UNMIS) das 2005 unterzeichnete Friedensabkommen zwischen Khartum und den Sezessionisten überwachen sollen, übersahen geschickt die Aufrüstung der südsudanesischen Milizen mit hunderten Kampfpanzern (german-foreign-policy.com berichtete [2]). Sollten die aktuellen Auseinandersetzungen zu einem offenen Krieg eskalieren, stehen den Sezessionisten nun schwere Waffen zur Verfügung.
o Auch ist der Südsudan inzwischen dank Infrastrukturmaßnahmen der deutschen Entwicklungsorganisation giz (bis 2010: GTZ) heute besser an Uganda angebunden als zuvor und kann von dort unterstützt werden. Die infrastrukturelle Verkoppelung des Südsudan mit Uganda und Kenia weist außerdem darauf hin, dass Berlin die Perspektive des Landes innerhalb der East African Community (EAC) sieht.
o Dies betrifft nicht zuletzt den Abtransport der südsudanesischen Rohstoffe (unter anderem Erdöl und Gold), der künftig nicht mehr über Khartum und über von diesem kontrollierte Gebiete abgewickelt werden muss – dank ThyssenKrupp. Der Konzern will eine Eisenbahn aus dem Südsudan nach Uganda bauen.[3]
Künftige Unterstützung
– Dass Berlin den Südsudan auch in Zukunft unterstützen wird, hat der Bundesminister für wirtschaftliche Zusammenarbeit, Dirk Niebel, Anfang April bei einer Reise in das Sezessionsgebiet mitgeteilt. Die Verhältnisse im Südsudan sind trotz jahrelanger Unterstützung aus Deutschland und weiteren westlichen Ländern, insbesondere aus den USA, desolat.
o Staatliche Strukturen existieren kaum; die Macht liegt in den Händen altgedienter Milizionäre, denen hochgradige Korruption und Ignoranz gegenüber Menschenrechten und demokratischen Regelungen nachgesagt werden;
o zudem ist der Südsudan von blutigen Kämpfen zwischen unterschiedlichen Sprachgruppen geprägt, denen mittlerweile laut Einschätzung von Beobachtern mehr Menschen zum Opfer gefallen sind als dem Bürgerkrieg zwischen dem Südsudan und Khartum.
o Um das endgültige Abdriften des Gebietes ins Chaos zu verhindern, kündigte Niebel Anfang April an, auch in Zukunft "den Südsudan auf seinem Entwicklungsweg zu unterstützen".[4] Berlin kann sich dabei unter anderem auf Paris stützen, das einige deutsche Programme in Juba kofinanziert.
Geostrategische Operationen
– Der Aufbau kooperationsfähiger Strukturen gilt deswegen als wünschenswert, weil Berlin für den Südsudan eine An- oder sogar eine Einbindung in die East African Community (EAC) anstrebt. Die EAC [5] ist eng mit dem Westen verkoppelt.
o Ugandas Staatschef Yoweri Museveni gilt allgemein als treuer Gefolgsmann besonders der Vereinigten Staaten. Er ist nicht zuletzt Kontaktmann eines internationalen Netzwerks evangelikaler Christen, das aus den USA gesteuert wird.[6]
o Ruanda ist, seit 1994 nach dem Genozid eine Tutsi-Regierung an die Macht kam, ebenfalls eng an die USA und an Deutschland gebunden. Es gehört zu den größten Empfängern deutscher Entwicklungshilfe; sein heutiger Staatspräsident Paul Kagame wurde, als er vor 1994 als Rebell von Uganda aus gegen die damalige ruandische Regierung kämpfte, von den Vereinigten Staaten militärisch ausgebildet.
o Um engere Kontakte zu Kenia und Tansania ist die deutsche Regierung seit geraumer Zeit bemüht.
– Ziel der geostrategisch motivierten Kooperation mit den EAC-Staaten ist es, die Stellung des Westens in Ostafrika zu stärken und den Einfluss Chinas dort einzudämmen. Gelingt es, den Südsudan über die EAC in prowestlichen Strukturen zu verankern, dann brächte dies einen großen Teil der Ressourcen Sudans ebenfalls unter westliche Kontrolle – ein nicht zu unterschätzender Faktor im Kampf um die globale Vorherrschaft.
– Dabei hat Berlin bei der Unterstützung für die südsudanesischen Sezessionisten stets billigend in Kauf genommen, dass die Spaltung des Landes in offenen Krieg münden kann. Beobachter warnen seit Jahren, dass Khartum den Verlust von 80 Prozent seiner Ölvorkommen und weiterer Rohstoffe kaum tatenlos hinnehmen werde.
– Bereits im vergangenen Frühjahr bereitete der Hamburger Afrika-Verein, einer der großen deutschen Außenwirtschaftsverbände, zusammen mit der Bundesakademie für Sicherheitspolitik interessierte deutsche Unternehmer auf Geschäftstätigkeiten in unsicherem Umfeld vor – am Beispiel Südsudan. Unter dem Motto "The Day After" führte der Afrika-Verein in der Bundesakademie ein "Planspiel" durch, das sich explizit an "Unternehmer in Konfliktregionen" richtete. "Pulverfass Sudan?" lautete der Einleitungsvortrag. Im Einladungsschreiben hieß es, man müsse "im Falle einer Konfliktverschärfung" oder bei "kriegerischen Auseinandersetzungen" recht "schwierige unternehmerische wie politische Entscheidungen" treffen. Das "Planspiel" bereite eine "Entscheidungsfindung im Konfliktfall" vor.[7] Dass ein solcher "Konfliktfall" durchaus eintreten könne, wollte man damals in der Bundesakademie nicht ausschließen; die Bundesregierung stützte die Sezessionsbestrebungen trotzdem. Jetzt steht möglicherweise beides bevor: Die Abspaltung des Südsudan und ein sofortiger Krieg des neuen Staates gegen Khartum.
– Weitere Berichte über die deutsche Unterstützung für die Sezession des Südsudan finden Sie hier: Die Bahn zur Unabhängigkeit, Keimzelle, Deutsche Geschäfte, Heißer Frieden, Schweißtechnik, Nation building, Großer Befürworter, New Sudan, Überall dabei, Sudan: Die Anti-Khartum-Front, Sudan: Das linke Deckmäntelchen, Mit Rebellen gegen Khartum, Geteilte Menschenrechte, Sudan: Zerfall nicht ausgeschlossen, Zerschlagen und neu aufbauen, Instrument westlicher Machtpolitik, Staatsaufbau, Der Nutzen der Sezession, Die Bahn zur Unabhängigkeit (II), Nächstes Jahr ein neuer Staat, The Day After und Vom Nutzen der Sezession.
[1] Brüchiger Friede im Sudan; www.tagesspiegel.de 23.05.2011
[2] s. dazu Staatsaufbau und Vom Nutzen der Sezession
[3] s. dazu Die Bahn zur Unabhängigkeit und Vom Nutzen der Sezession
[4] Bundesentwicklungsminister Dirk Niebel besucht Vorhaben der deutschen EZ-Durchführungsorganisationen im Südsudan; www.bmz.de 03.04.2011
[5] Der East African Community (EAC) gehören Kenia, Tansania, Uganda, Ruanda und Burundi an.
[6] Jeff Sharlet: The Family. The Secret Fundamentalism at the Heart of American Power, New York 2009
[7] "The day after" – Planspiel für Unternehmer in Konfliktregionen, Berlin; www.afrikaverein.de. S. dazu
The Day After
– (Eigener Bericht) – Am heutigen Donnerstag bereitet der Hamburger Afrika-Verein deutsche Unternehmer auf den Umgang mit einer Gewalteskalation im Südsudan vor. Eine solche Eskalation, wie sie in dem ressourcenreichen Gebiet im Umfeld des Sezessionsreferendums nächstes Jahr erwartet wird, mache "schwierige unternehmerische wie politische Entscheidungen" unumgänglich, erklärt der Afrika-Verein. Hilfestellung soll dabei ein "Planspiel" leisten, in dessen Rahmen die beteiligten Unternehmer bereits jetzt "Strategien, Politiken und Optionen" entwickeln können, um auf die absehbaren Unruhen zu reagieren. Daran, dass die Unruhen drohen, ist Berlin nicht unbeteiligt: Deutschland unterstützt bereits seit Jahren die südsudanesischen Sezessionisten, vorwiegend aus geostrategischen Gründen.
– Zugleich stützt die Bundesregierung deutsche Firmen bei ihrem Bemühen, an den Ressourcenprofiten im Südsudan zu partizipieren. Das "Planspiel" am heutigen Donnerstag findet an der Bundesakademie für Sicherheitspolitik statt, einer Einrichtung der Bundeswehr, zu deren Aufgaben die Vernetzung von Militär und Wirtschaft gehört. Deutsche Soldaten sind auch im Südsudan stationiert.
Von Konflikten belastet
– Für den heutigen Donnerstag kündigt der Hamburger Afrika-Verein, einer der großen deutschen Außenwirtschaftsverbände, unter dem Motto "The Day After" ein "Planspiel für Unternehmer in Konfliktregionen" an.
– "Zahlreiche Länder Afrikas mit beachtlichem wirtschaftlichem Potenzial" seien "durch Krisen und Konflikte belastet", heißt es im Einladungsschreiben. Dies berge "ein erhebliches Risiko", "insbesondere im Falle einer Konfliktverschärfung" oder bei "kriegerischen Auseinandersetzungen". Eskaliere die Lage, dann seien recht "schwierige unternehmerische wie politische Entscheidungen" zu treffen.[1] Der Afrika-Verein biete daher jetzt "ein Planspiel über Entscheidungsfindung im Konfliktfall" an. Als "Beispiel" für die Übung dient dem Verband der Südsudan. Dennoch könne die Veranstaltung eine breitere Gültigkeit beanspruchen, heißt es im Einladungsschreiben: "Die Erkenntnisse des eintägigen Workshops lassen sich auf weitere Konfliktfälle anwenden."
Geostrategische Operation
– Im Südsudan wird für das kommende Jahr tatsächlich mit schweren Unruhen gerechnet. 2011 soll dort laut einem Abkommen aus dem Jahr 2005 ein Sezessionsreferendum abgehalten werden; Beobachter gehen davon aus, dass der südliche Landesteil sich vom Norden abspalten und einen eigenen Staat mit der Hauptstadt Juba gründen wird.
– Berlin ist daran alles andere als unbeteiligt. Deutschland unterstützt schon seit Jahren die südsudanesischen Sezessionisten, um den arabisch-islamisch geprägten Norden, der bislang den Staat und die sudanesische Erdölindustrie dominiert, zu entmachten (german-foreign-policy.com berichtete [2]). Stattdessen soll der Südsudan, der gut 80 Prozent des sudanesischen Erdöls produziert und darüber hinaus zahlreiche weitere Rohstoffe besitzt, an die ostafrikanischen Staaten Uganda und Kenia angebunden werden, die recht eng mit dem Westen kooperieren. Die geostrategische Operation zielt darauf ab, den arabischen Islam zu schwächen und gleichzeitig die westlichen Positionen in Afrika gegenüber China zu stärken – die Volksrepublik kooperiert eng mit der sudanesischen Zentralregierung in Khartum.
Netzwerke mit Militärs
– Um den machttechnokratischen Reißbrett-Plänen zum Erfolg zu verhelfen, nimmt Berlin erhebliche Risiken in Kauf – die absehbaren Unruhen im Umfeld des Sezessionsreferendums. Weil davon nicht nur die einheimische Bevölkerung, sondern auch deutsche Unternehmer betroffen sind, die sich die südsudanesischen Rohstoffe und die aus ihrem Verkauf fließenden Profite zunutze machen wollen, sehen sich deutsche Stellen nun zum Handeln veranlasst. Der heutige Workshop des Afrika-Vereins ist das Ergebnis davon. Er findet in Zusammenarbeit mit der Bundesakademie für Sicherheitspolitik (BAKS) statt, die auch die Räumlichkeiten zur Verfügung stellt. Der Ort scheint gut gewählt, zumal die Bundesakademie eine Einrichtung der Bundeswehr ist, unter deren Augen die südsudanesischen Sezessionisten sich zur Zeit unter anderem mit Kampfpanzern vom Typ T-72 bewaffnen.[3] Bereits seit Jahren bemüht sich die BAKS um den Aufbau von Netzwerken aus Militärs, Firmenvertretern und Politikern (german-foreign-policy.com berichtete [4]); der aktuelle Tagesworkshop fügt sich in diese Arbeit ein.
– Das Tagesprogramm besteht nach dem einleitenden Vortrag ("Pulverfass Sudan?") überwiegend aus einem "Planspiel", das von Prof. Dr. Peter Schmidt und Peter I. Trummer geleitet wird. Schmidt ist langjähriger Mitarbeiter der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP), war in den Jahren 2003 und 2004 im Verteidigungsministerium tätig und hat einen Lehrauftrag an der Münchener Universität der Bundeswehr. Gemeinsam mit Trummer führt er seit Jahren "Planspiele" durch, die Kriegs- und Bürgerkriegsszenarien zum Inhalt haben. So "spielten" etwa im Sommer 2007 unter ihrer Leitung 40 Studierende aus Kanada und Deutschland westliche Regierungen und Militärs, die in Darfur zu intervenieren suchen. Der akademische Nachwuchs befahl – stets "im Spiel" – Geiselbefreiungen, zettelte bewaffnete Rebellionen an und lernte einem Bericht zufolge besonders eines: "Sämtliche idealistischen Ziele, die der ein oder andere Teilnehmer glaubte realisieren zu können, wurden im Ansatz erstickt."[5] Mit "Radikalität", heißt es zusammenfassend in dem Bericht, seien "sämtliche normativen Denkmuster über Bord geworfen worden".
Cocktail im Schloss Schönhausen
– Das heutige "Planspiel", das vor allem Unternehmer, aber auch Regierungsvertreter und Mitarbeiter sogenannter Nicht-Regierungsorganisationen auf die erwarteten Unruhen im Südsudan vorbereiten soll, geht neuen Fördermaßnahmen für die Südsudan-Expansion deutscher Firmen voraus.
– Noch in diesem Herbst will der Afrika-Verein eine Unternehmerreise in das Sezessionsgebiet durchführen – um die deutschen Wirtschaftsaktivitäten dort auszuweiten. Kommen deutsche Unternehmen dabei zu erfolgreichen Geschäften, dann geraten ihre Mitarbeiter vor Ort gemeinsam mit schon jetzt dort tätigen Firmenvertretern in die Auseinandersetzungen im Umfeld des Sezessionsreferendums. Das heutige "Planspiel" bereitet sie auf blutige Szenarien vor. Während die Bevölkerung des Südsudan mit solch blutigen Szenarien im nächsten Jahr real zu rechnen hat, geht der aktuelle Workshop um 17.30 laut Programm standesgemäß zu Ende – wie es sich für deutsche Geschäftsleute gehört, mit einem "Cocktail mit anschl. Führung durch Schloss Schönhausen".[6]
Weitere Informationen zur deutschen Sudan-Politik finden Sie hier: Die Bahn zur Unabhängigkeit, Keimzelle, Deutsche Geschäfte, Soldaten für Ostafrika, Heißer Frieden, Schweißtechnik, Nation building, Großer Befürworter, New Sudan, "Wie im Kongo", Überall dabei, Sudan: Die Anti-Khartum-Front, Sudan: Das linke Deckmäntelchen, Mit Rebellen gegen Khartum, Geteilte Menschenrechte, Sudan: Zerfall nicht ausgeschlossen, Zerschlagen und neu aufbauen, Transatlantische Front, Instrument westlicher Machtpolitik, Staatsaufbau, Der Nutzen der Sezession, Die Bahn zur Unabhängigkeit (II) und Nächstes Jahr ein neuer Staat.
[1] "The day after" – Planspiel für Unternehmer in Konfliktregionen, Berlin; www.afrikaverein.de
[2], [3] s. dazu Nächstes Jahr ein neuer Staat
[4] s. dazu Strategic Community und Exklusive Ansprechstellen
[5] Scheitern für den Erfolg; www.e-politik.de 07.08.2007
[6] Informationsblatt der Veranstalter; www.afrikaverein.de