Arrestati presidente e ministri – Colpo di Stato in Niger
– Il presidente nigerino Mamadou Tanja è stato rovesciato ieri da un colpo di stato. I militari hanno sciolto tutte le istituzioni, sospeso la costituzione e instaurato una giunta denominata "Supremo Consiglio per la Restaurazione della Democrazia". Dietro il golpe tre colonnelli, due dei quali coinvolti nel colpo di stato del 1999.
o Tre colonnelli hanno istituito come organismo di governo il Supremo Consiglio per la Restaurazione della Democrazia.
o Nominato presidente il leader dei golpisti Salou Djibo.
o Dietro al nuovo colpo di Stato tre colonnelli: Djibrilla Hima Hamidou, comandante della principale zona di difesa di Niamey;
o Harouna Adamou, ex comandante dei famosi "berretti verdi", che hanno condotto la maggior parte delle operazioni, per 4 ore. Hamodou e Adamou avevano già partecipato al colpo di Stato del 1999.
o Goukoye Abdul Karim, capo dei servizi segreti militari. Fino a ieri portavoce dell’esercito.
o Al colpo di Stato avrebbe preso parte anche la stessa guardia presidenziale.
– Il presidente deposto, Mamadou Tandja[1] è un vecchio militare, sulla scena politica del Niger da 30 anni; ha partecipato come giovane ufficiale al colpo di Stato del 1974 di Seyni Kountché, che rovesciò a sua volta Hamani Diori, il primo presidente del Niger indipendente;
– Tandja è rimasto sulla scena con vari incarichi ministeriali, nel 1999 presidente grazie al colpo di Stato contro il colonnello Barè, assassinato.
– Il militari che lo attuarono si ritrovano in gran parte nel comitato militare oggi al potere a Niamey;
– questo golpe è stato attuato dagli stessi circoli e a volte gli stessi uomini del precedente golpe. Nel 1999 lasciarono subito il potere a dei civili, e furono organizzate libere elezioni, da cui uscì vincitore Tandja.
– Agosto 2002, tentativo di golpe, sventato, contro Tanja.
– L’esercito nigerino è sempre intervenuto per “sistemare le cose”, o in una situazione di impasse politica o di fatti drammatici, come le carestie, o come ora valutando sia in corso una deriva autoritaria.
– Preoccupazioni sia economiche che politiche data la ricchezza in uranio (3° nel mondo); 2008 e 2009 grossa partita, rinegoziazione contratti uraniferi anche da parte di Areva,
– ridefinizione dei prezzi e degli introiti per lo Stato nigerino
– Riposizionamento delle frazioni borghesi attorno alla rendita statuale derivante dall’uranio, sotto pressione dato l’aumento della domanda per la ripresa del nucleare civile,
– con aumento della presenza cinese, in particolare in Niger, dove ha rotto il monopolio di Areva, firmando contratti di prospezione nel Nord del Niger;
– da qui l’aumentata complessità del gioco per la presenza di più attori internazionali.
– I Colonnelli del golpe hanno messo fuori gioco io massimi comandanti militari, i generali.
– Gli attori politici nigerini sono particolarmente litigiosi, il ri-trasferimento del potere ai civili si prevede che nel caso del golpe attuale non sarà facile.
– Paese fra i più poveri e agli ultimi posti nell’indice di sviluppo umano (aspettativa di vita: 45 anni; mortalità infantile sotto i 5 anni: 25%), il Niger è il terzo produttore mondiale di uranio, con 3.500 tonnellate l’anno estratte dalle miniere di Arlit, nella regione di Agadez
– Su questo minerale strategico si riversano gli appetiti delle multinazionali straniere, ruotano alleanze e s’imbastiscono conflitti.
– La grande fascia desertica al nord del paese, un quarto dei 1.267.000 km² della superficie totale, nasconde petrolio, carbone e, soprattutto, uranio. Nel 2006 il governo ha rivisto le norme del codice minerario, offrendo agli investitori incentivi maggiori, fra cui i primi cinque anni esenti da tasse per chi sfrutta giacimenti di grandi dimensioni.
o Dal 2003 il prezzo dell’uranio ha subito un’impennata: da 20 a 136 dollari la libbra (giugno 2007), per poi attestarsi intorno ai 65 dollari.
o l’aumentato costo del petrolio + programmi nucleari di Cina e India + politica espansionistica del governo francese, fino al 2006 unico beneficiario delle ricchezze del sottosuolo dell’ex colonia.
o Negli ultimi due anni sono stati accordati 139 i permessi a società europee, asiatiche, nord-americane e australiane;
o Le concessioni minerarie occupano un’area di 90mila km² a nord-ovest di Agadez.
o Cina: SinoUranium (filiale della China National Nuclear Corporation) ha ottenuto l’accesso alle miniere di Teguidda e Madauela; Somina, una joint venture sino-nigerina, è pronta a produrre 700 tonnellate l’anno dalla miniera di Azelik.
o Canada, presente con diverse società, tra cui Semafo e Cameco, numero uno mondiale;
o India, Tauriana permesso per un’area di 3mila km2, regione di Arlit.
o Francia, dopo la perdita del monopolio (un patto del 1961 legava Niamey a Parigi, riservandole la priorità delle risorse del sottosuolo), la diplomazia di Sarkozy e quella del colosso mondiale Areva (per il 90% proprietà statale: 75mila dipendenti, 13mila miliardi di euro il fatturato nel 2008) si sono messe all’opera ed hanno ottenuto (5.1.2009) il giacimento più ricco: quello di Imouraren, 200 chilometri a nord di Agadez, il secondo al mondo, con riserve di 200mila tonnellate di uranio. L’impianto ha un costo di €1,2- 1,5 MD, sarà gestito da una società posseduta dall’Areva (66,5%) e dallo stato nigerino (33,5%).
o L’accordo prevede la produzione di 5mila tonnellate l’anno per 35 anni a partire dal 2012.
– Dal febbraio 2007 è in corso una guerriglia che oppone il governo centrale a gruppi di tuareg ribelli,[2] scesi in lotta per difendere le loro terre dallo sfruttamento delle società minerarie;
– Agalay Ag Alambo (nato a Iferouân nel 1964) è il capo del Movimento nigerino per la giustizia (Mnj), che rivendica una migliore distribuzione degli utili derivati dall’estrazione dell’uranio, il rispetto degli accordi di pace dell’aprile 1995, che posero fine a una sanguinosa guerriglia fra gruppi militari tuareg e governo, e, soprattutto, il diritto della popolazione (400mila abitanti, in maggioranza tuareg) di decidere del territorio di 90mila km² che il ministero delle miniere ha dato in concessione alle multinazionali.
o L’area è in gran parte usata per l’allevamento del bestiame; altre due formazioni sono comparse accanto al Mnj.
o Dall’agosto 2007 vige il coprifuoco ad Agadez, ed è impossibile lasciare la città senza autorizzazione e scorta militare;
o ad Agadez il secolare traffico delle azalai, le carovane di cammelli che trasportavano i pani conici di sale dalle saline di Fachi e Bilma, è stato sostituito dai camion dei disperati che da Ghana, Benin, Nigeria e Togo confluiscono ad Agadez per tentare (in 12mila negli ultimi tre mesi) la traversata del Ténéré e raggiungere la Libia, e, da lì, l’Europa;
o sono loro, i migranti dalla pelle scura, a tenere in piedi, in tempo di crisi, l’economia della capitale dell’Aïr.
– Arlit, 80mila abitanti, è sorta dal nulla intorno alle due miniere aperte dai francesi all’inizio degli anni Settanta. L’estrazione, in questi anni, di 100mila tonnellate d’uranio ha permesso alla Francia di diventare leader europeo e mondiale del nucleare.
o Nel 2007, dopo la rottura del monopolio, il prezzo pagato da Parigi all’ex colonia è salito da 27.300 franchi Cfa (42 euro) al chilo a 40.000 (61 euro), ancora molto inferiore, comunque, al prezzo di mercato.
Contratti e parole di Sarkozy – Tournée atomica
● Sarkozy si è recato in Africa, tra il 26 e il 27 marzo 2009: a Kinshasa (Rd Congo), Brazzaville (Repubblica del Congo) e Niamey (Niger).
o si è dimostrato sempre al servizio dei grandi industriali francesi. A prova di ciò, il prestito di 29 milioni di euro dell’Agenzia francese di sviluppo per modernizzare il porto di Pointe-Noire (Congo Brazaville), gestito dal gruppo di Vincent Bolloré, amico di Sarkozy
o Scopo centrale del viaggio la questione energetica; ha stretto accordi per sfruttare giacimenti di uranio in Niger e in Rd Congo, e sostegno a Sassou-Nguesso in Congo. Poi, un po’ di discorsi per porre rimedio ad alcune infelici uscite sul Rwanda e sulla “Françafrique”. Ecco riassunto il viaggio, lo scorso marzo, del presidente francese.
o A Niamey si è trattato di consolidare le relazioni con un paese sempre più strategico, in seguito all’accordo siglato a gennaio tra il Niger e l’Areva, il gigante francese del nucleare, che investirà 1,3 miliardi di euro per sfruttare il giacimento di uranio di Imamouren, nel nord del paese.
o il Niger possiede circa il 7% delle riserve mondiali di uranio e alimenta il 13,5% delle importazioni europee,
o Una posta troppo importante perché il presidente dia ascolto alle critiche degli antinuclearisti francesi, i quali accusano l’Areva di aver contaminato villaggi tuareg e riserve d’acqua…
– A Kinshasa sono stati siglati numerosi accordi per rimettere in sella il commercio estero di Parigi nel più grande paese francofono del mondo, dove la Francia è superata, in quanto paese donatore, da numerose nazioni, tra cui il Regno Unito.
o L’Agenzia francese di sviluppo (Afd) sta facendo partire progetti nei settori della scuola elementare e della formazione professionale,
o mentre France Télécom si è vista promettere dal primo ministro Adolphe Muzito condizioni favorevoli, nel caso in cui volesse realizzare attività nel paese.
o Il gruppo Vinci ha ottenuto un contratto di 37 milioni di euro per la ristrutturazione dell’aeroporto di Kinshasa. È stata anche avanzata la disponibilità, da parte dell’azienda Alstom, di risistemare alcune turbine della centrale di Inga sul fiume Congo.
o nell’Rd Congo, siglata joint-venture tra l’Areva e la Gécamines (società mineraria statale) per la ricerca e lo sfruttamento dell’uranio su tutto il territorio congolese.
– Gennaio 2009, in un discorso all’Eliseo, Sarkozy si era detto favorevole alla divisione e allo sfruttamento in comune delle ricchezze del Nord Kivu da parte di Rwanda e Rd Congo, dichiarazioni interpretate dai rappresentanti congolesi come posizione a favore dello smembramento del loro paese e puntasse a riconciliarsi con il Rwanda (con il quale le relazioni sono rotte dal 2006) «a spese dell’Rd Congo,
o la posizione di Sarkozy riprendeva quella affermata nella UE per il rilancio della Comunità economica dei paesi dei Grandi Laghi (Congo-Kinshasa, Burundi, Rwanda).
o Lo stesso presidente congolese, Joseph Kabila, a invitare l’esercito rwandese a braccare i ribelli hutu delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda;
o inoltre Congo e Rwanda da anni discutono sullo sfruttamento in comune del metano del Lago Kivu.
– Nell’altro Congo (Brazaville) Sarkozy, cercando di dissipare l’impressione data all’inizio del suo mandato di voler mettere fine alla "Françafrique" – il reticolo di relazioni politiche ed economiche tra l’ex madre patria e le ex colonie, non sempre privo di corruzione – ha parlato di «relazioni privilegiate tra i due stati» e della necessità di una «rifondazione»;
o MA, la continuità tra ieri e oggi è dimostrata dalla presenza nella delegazione francese dell’avvocato Robert Bourgi, erede delle relazioni instaurate da Jacques Foccart all’epoca di De Gaulle.
Con le presidenziali congolesi in vista, Sarkozy, pur dichiarando di non voler parteggiare per alcun candidato, ha elogiato il presidente uscente, Sassou-Nguesso.
[1] Discendente delle tribù Fula e Kanouri, (1938) il primo presidente non appartenente alle tribù Hausa o Djerma. Nel 1991, Tandja si pose alla testa di due potenti fazioni del partito al governo, il Mouvement National pour la Societé de Développement, MNSD, e nel novembre fu eletto presidente del partito, vincendo sul leader della fazione rivale Moumouni Adamou Djermakoye, e ponendo fine al predominio nell’MNSD del gruppo etnico Djermakoye’s Zarma (Djerma). Nel 1993 perse le elezioni presidenziali, vinte da Mahamane Ousmane, che fu deposto da un colpo di Sato il 27.6.1996, guidato da Ibrahim Baré Maïnassara, che poi vinse le elezioni, e arrestò successivamente Tandja. Nell’aprile 1999, Maïnassara viene assassinato, junta militare, nuove elezioni in autunno, vinte da Tandja, che conquistò pure il secondo mandato nel 2004.
[2] Kaossen, mitico capo tuareg capeggiò la rivolta contro i francesi nel 1917.
Nigrizia 100219
● I militari hanno sciolto tutte le istituzioni, sospeso la costituzione e instaurato una giunta denominata "Supremo Consiglio per la Restaurazione della Democrazia". Dietro il golpe tre colonnelli, due dei quali coinvolti nel colpo di stato del 1999.
– Il presidente nigerino Mamadou Tanja è stato rovesciato ieri da un colpo di stato. Tre colonnelli hanno stabilito ieri sera un organismo di governo che hanno chiamato Supremo Consiglio per la Restaurazione della Democrazia, decretando ieri sera un cessate il fuoco, chiuso tutte le frontiere, sciolto il governo, sospeso la Costituzione. È stato nominato un nuovo presidente: il leader dei golpisti Salou Djibo.
Tandja sarebbe vivo. Insieme al suo aiutante di campo è tenuto prigioniero dai militari nel presidio Tondibia, a circa venti chilometri dalla capitale. Diversi altri ministri, secondo fonti governative, sarebbero a loro volta tenuti dai militari nella sede del Consiglio Superiore della comunicazione, vicino al palazzo presidenziale.
– Dietro a questo nuovo colpo di Stato in Niger ci sono tre colonnelli. Il colonnello Djibrilla Hima Hamidou,detto Pelé per la sua passione per il calcio, attualmente al comando della principale zona di difesa di Niamey.
– Secondo uomo forte del nuovo regime è il colonnello Harouna Adamou. È stato comandante dei famosi "berretti verdi", la forza che ha condotto la maggior parte delle operazioni, ieri, durante i combattimenti, che per 4 ore hanno tenuto il paese con il fiato sospeso.
– Pelé e Adamou avevano già partecipato al precedente colpo di stato nel 1999.
– Il terzo uomo è il colonnello Goukoye Abdul Karim, capo dei servizi segreti militari. Fino a ieri portavoce dell’esercito.
– Secondo una fonte diplomatica in Francia, al colpo di stato avrebbe preso parte anche la stessa guardia presidenziale. «Sapevamo che parte dell’Esercito non approvava le politiche di Tandja e il colpo di stato anti-costituzionale da lui attuato – ha detto il diplomatico alla France Presse – ma si pensava fosse una minoranza». «Nel paese c’è una tradizione di colpi di stato, ma non abbiamo pensato che sarebbe arrivato così presto», ha aggiunto.
(L’intervista a Angelo Turco, professore di geografia all’Università dell’Aquila, è stata estratta dal programma radiofonico Focus, di Michela Trevisan)
Nella regione di Agadez se ne estraggono 3.500 tonnellate l’anno. Fioccano le concessioni e le imprese arrivano a frotte. Non solo da Parigi. La ribellione delle popolazioni locali.
Il Museo nazionale è una meta interessante per chi è di passaggio a Niamey. Non solo per osservare da vicino il lavoro degli artigiani del cuoio e dell’argento, ma perché, quando si visitano i sei padiglioni bianchi e azzurri immersi in un parco, si ha l’opportunità di percorrere in poco tempo la storia del paese e conoscere le tradizioni dei gruppi etnici che lo compongono.
– Uno spazio del museo è dedicato all’estrazione dell’uranio. I dati statistici e le informazioni sullo sfruttamento delle miniere di Arlit si fermano alla metà degli anni Ottanta. Il visitatore, osservando foto ingiallite e reperti polverosi di yellow cake (c’è pure un manichino con tuta e scafandro), può pensare che anche questo faccia parte del passato, come l’immenso scheletro di iguanodonte, un dinosauro vissuto 100mila anni fa, le pitture rupestri o i costumi tradizionali ospitati nei padiglioni vicini.
In realtà niente è più attuale in Niger dell’uranio. Su questo minerale strategico si riversano gli appetiti delle multinazionali straniere, ruotano alleanze e s’imbastiscono conflitti.
– Paese fra i più poveri e agli ultimi posti nell’indice di sviluppo umano (aspettativa di vita: 45 anni; mortalità infantile sotto i 5 anni: 25%), il Niger è il terzo produttore mondiale di uranio, con 3.500 tonnellate l’anno estratte dalle miniere di Arlit, nella regione di Agadez.
– La grande fascia desertica al nord del paese, un quarto dei 1.267.000 km² della superficie totale, nasconde petrolio, carbone e, soprattutto, uranio. Nel 2006 il governo ha rivisto le norme del codice minerario, offrendo agli investitori incentivi maggiori, fra cui i primi cinque anni esenti da tasse per chi sfrutta giacimenti di grandi dimensioni.
– Dal 2003 il prezzo dell’uranio ha subito un’impennata: da 20 a 136 dollari la libbra (giugno 2007), per poi attestarsi intorno ai 65 dollari.
o Questi fattori, assieme all’aumentato costo del petrolio, agli ambiziosi programmi nucleari di Cina e India, alla politica espansionistica del governo francese (fino al 2006 unico beneficiario delle ricchezze del sottosuolo dell’ex colonia) hanno contribuito a dare il via alla corsa per l’accaparramento.
– Così, sui tavoli del ministero delle miniere, a Niamey, si sono velocemente accumulate le domande di prospezione: ben 139 negli ultimi due anni i permessi accordati a società europee, asiatiche, nord-americane e australiane per cercare l’uranio sotto le dune del Sahara. I cinesi si sono mossi per tempo, firmando con il governo due convenzioni che hanno dato alla SinoUranium (filiale della China National Nuclear Corporation) l’accesso alle miniere di Teguidda e Madauela. La Somina, una joint venture cino-nigerina, è pronta a produrre 700 tonnellate l’anno dalla miniera di Azelik.
– Il Canada è presente con diverse società, fra cui la Semafo e la Cameco, numero uno mondiale.
– L’indiana Taurian ha ottenuto il permesso di sfruttare un’area di 3mila km² nella regione di Arlit.
– La parte del leone l’ha fatta ancora la Francia. Dopo un periodo di gelo, seguito alla perdita del monopolio (un patto del 1961 legava Niamey a Parigi, riservandole la priorità delle risorse del sottosuolo), la diplomazia di Sarkozy e quella del colosso mondiale Areva (per il 90% proprietà statale: 75mila dipendenti, 13mila miliardi di euro il fatturato nel 2008) si sono messe all’opera per riuscire a ottenere il giacimento più ricco: quello di Imouraren, 200 chilometri a nord di Agadez, il secondo al mondo, con riserve di 200mila tonnellate di uranio.
– L’accordo, firmato il 5 gennaio 2009 fra Mohamed Abdullah, ministro delle miniere, e Anne Lauvergeon, presidente dell’Areva, prevede la produzione di 5mila tonnellate l’anno per 35 anni a partire dal 2012, quando l’impianto lavorerà a pieno ritmo. Il 4 maggio, il presidente Mamadou Tandja è trionfalmente volato ad Agadez per porre la prima pietra dell’impianto estrattivo di Imouraren (costo fra 1,2 e 1,5 miliardi di euro), che sarà gestito da una società posseduta dall’Areva (66,5%) e dallo stato nigerino (33,5%).
– Un immaginario reticolato, suddiviso in decine di quadrati e rettangoli colorati: così mi è apparsa per la prima volta sul computer di Ibrahim Diallo, direttore di Air Info, la mappa delle concessioni minerarie che idealmente occupano un’area di 90mila km² a nord-ovest di Agadez. Nel piccolo ufficio, nel cuore dell’antica città carovaniera, a pochi passi dalla Grande Moschea e dal suo minareto, è difficile immaginarsi che, computer e cellulari a parte, le cose siano cambiate in questa regione, distante mille chilometri di strada dissestata dalla capitale Niamey.
Eppure, quanto è lontana l’Agadez raggiunta lo scorso marzo, in due giorni di viaggio faticoso (gli autobus delle compagnie di trasporto, sempre più scassati, sono scortati in convoglio dai militari a partire da Abalak) rispetto alla cittadina che mi aveva conquistato nella primavera del 1983! Allora, un piccolo aereo scaricava i viaggiatori sulla pista, il turismo conosceva un momento felice con la nascita di agenzie locali, e i giovani tuareg usavano l’innata capacità di orientarsi nel deserto per guidare (senza Gps) le Land Rover lungo le piste dell’Aïr e attraverso il Ténéré. Al Vecchio mercato si compravano sandali, borse o ghirbe per l’acqua da appendere fuori dal finestrino della jeep. Tutti in cuoio. I sacchetti di plastica scura non avevano ancora invaso le strade e non pendevano come lugubri uccelli dai rami delle acacie. Niente moto rumorose. Capre e asini attraversavano indisturbati i vicoli in terra battuta.
– L’Hotel dell’Aïr, costruito come palazzo per Kaossen, mitico capo tuareg che capeggiò la rivolta contro i francesi nel 1917, conservava intatto il fascino della sua terrazza panoramica. Oggi, i turisti e tutto il vociante indotto di venditori ambulanti, artigiani, bambini e guide al seguito, sono scomparsi da Agadez a causa della guerriglia che, dal febbraio 2007, oppone il governo centrale a gruppi di tuareg ribelli, scesi in lotta per difendere le loro terre dallo sfruttamento delle società minerarie.
– Dall’agosto 2007 vige il coprifuoco, ora meno severo, ed è impossibile lasciare la città senza autorizzazione e scorta militare. Gli alberghetti dalle stanze in banco, ricoperte da buganvillee fucsia e arancio, ospitano solo gli ingegneri minerari, incaricati di sorvolare il deserto, e qualche raro cooperante.
– Ma soprattutto ad Agadez il secolare traffico delle azalai, le carovane di cammelli che trasportavano i pani conici di sale dalle saline di Fachi e Bilma, è stato sostituito dai camion dei disperati che da Ghana, Benin, Nigeria e Togo confluiscono ad Agadez per tentare (in 12mila negli ultimi tre mesi) la traversata del Ténéré e raggiungere la Libia e, da lì, l’Europa. Sono loro, i migranti dalla pelle scura, a tenere in piedi, in tempo di crisi, l’economia della capitale dell’Aïr.
– L’immaginario scacchiere rettangolare delle concessioni minerarie taglia a metà il nord del Niger ed è delimitato, sul lato est, dal massiccio dell’Aïr e dai monti Bagzane (2.022 metri). Una linea ideale sale da Agadez verso Arlit (la strada, quella asfaltata che collega le due cittadine, è di 238 chilometri). Arlit, 80mila abitanti, è sorta dal nulla intorno alle due miniere aperte dai francesi all’inizio degli anni Settanta. L’estrazione, in questi anni, di 100mila tonnellate d’uranio ha permesso alla Francia di diventare leader europeo e mondiale del nucleare: solo nel 2007, dopo la rottura del monopolio, il prezzo pagato da Parigi all’ex colonia è salito da 27.300 franchi Cfa (42 euro) al chilo a 40.000 (61 euro), ancora molto inferiore, comunque, al prezzo di mercato.
Da Arlit, proseguendo per 160 chilometri verso nord-est, si arriva a Iferouân, oasi ai piedi dei monti Tamgak e punto di partenza per le spedizioni sahariane. Prima di ripartire per le superbe dune di Temet e immergersi nella vertiginosa sensazione di assoluto che il Ténéré, il "deserto dei deserti", sa offrire, è d’obbligo passare per la gendarmeria. Il ricordo di quest’ultimo avamposto è molto vago. Nitida è l’immagine della cura con cui il militare di guardia scrive con grafia svolazzante «Vu au passage d’Iferouân» sui nostri passaporti.
– Chissà se è la stessa caserma che il 7 febbraio 2007 è stata attaccata da un gruppo di uomini armati, segnando l’inizio di una nuova ribellione? Agalay Ag Alambo, nato a Iferouân nel 1964, è il capo del Movimento nigerino per la giustizia (Mnj), che rivendica una migliore distribuzione degli utili derivati dall’estrazione dell’uranio, il rispetto degli accordi di pace dell’aprile 1995, che posero fine a una sanguinosa guerriglia fra gruppi militari tuareg e governo, e, soprattutto, il diritto della popolazione (400mila abitanti, in maggioranza tuareg) di decidere del territorio di 90mila km² che il ministero delle miniere ha dato in concessione alle multinazionali. Quell’area, infatti, è in gran parte usata per l’allevamento del bestiame, in particolare l’immensa piana d’Ighazer, dove da secoli, alla fine della stagione delle piogge, i pastori portano le loro mandrie per la "cure salée".
– Si ricomporrà il contenzioso fra i movimenti dei ribelli (altre due formazioni sono comparse accanto al Mnj) e il governo di Niamey? Le popolazioni autoctone riusciranno a far valere i loro diritti sulle terre che abitano? O succederà come nei pressi di Assouas, dove la società mineraria cinese Cnuc ha cacciato i pastori dai pozzi che si trovavano all’interno della concessione? Quanto ci vorrà per curare le ferite della guerriglia, con il suo strascico di banditismo, piste minate, commerci interrotti?
Molti gli interrogativi che agitano la scena politica del Niger, compresa l’ostinazione del presidente Tandja di continuare a guidare il paese, arrivando a sospendere la costituzione (maggio) per assumere poteri speciali "di emergenza" così da tenere, contro il parere della corte costituzionale, un referendum che gli ha dato il via libera per un terzo mandato (4 agosto).
– Accordi per sfruttare giacimenti di uranio in Niger e in Rd Congo, e sostegno a Sassou-Nguesso in Congo. Poi, un po’ di discorsi per porre rimedio ad alcune infelici uscite sul Rwanda e sulla “Françafrique”. Ecco riassunto il viaggio, lo scorso marzo, del presidente francese.
Qual è stato il centro del viaggio del presidente francese Nicolas Sarkozy, che tra il 26 e il 27 marzo scorso si è recato a Kinshasa (Rd Congo), a Brazzaville (Repubblica del Congo) e a Niamey (Niger)? Nel loro pragmatismo, le agenzie di stampa britanniche Bloomberg e Reuters hanno posto l’accento sull’aspetto "energetico".
– A Niamey si è trattato di consolidare le relazioni con un paese sempre più strategico, in seguito all’accordo siglato a gennaio tra il Niger e l’Areva, il gigante francese del nucleare, che investirà 1,3 miliardi di euro per sfruttare il giacimento di uranio di Imamouren, nel nord del paese. Non c’è nulla di strano che, mentre la Francia e gli altri paesi europei si dotano di centrali nucleari di nuova generazione per ridurre la loro dipendenza dagli idrocarburi, Parigi si ricordi che il Niger possiede circa il 7% delle riserve mondiali di uranio e alimenta il 13,5% delle importazioni europee.
– Una posta troppo importante perché il presidente dia ascolto alle critiche degli antinuclearisti francesi, i quali accusano l’Areva di aver contaminato villaggi tuareg e riserve d’acqua…
– A Kinshasa sono stati siglati numerosi accordi per rimettere in sella il commercio estero di Parigi nel più grande paese francofono del mondo, dove la Francia è superata, in quanto paese donatore, da numerose nazioni, tra cui il Regno Unito.
o L’Agenzia francese di sviluppo (Afd) sta facendo partire progetti nei settori della scuola elementare e della formazione professionale,
o mentre France Télécom si è vista promettere dal primo ministro Adolphe Muzito condizioni favorevoli, nel caso in cui volesse realizzare attività nel paese.
o Il gruppo Vinci ha ottenuto un contratto di 37 milioni di euro per la ristrutturazione dell’aeroporto di Kinshasa. È stata anche avanzata la disponibilità, da parte dell’azienda Alstom, di risistemare alcune turbine della centrale di Inga sul fiume Congo,
– Ma anche nell’Rd Congo il momento fondamentale è stato la firma di un "accordo di cooperazione" tra la presidente-direttrice generale dell’Areva, Anne Lauvergeon, e il ministro delle miniere Martin Kabwelulu: si è dato vita a una joint-venture tra l’Areva e la Gécamines (società mineraria statale) per la ricerca e lo sfruttamento dell’uranio su tutto il territorio congolese.
– Sempre a Kinshasa, Sarkozy si è sforzato di correggere la malaugurata impressione destata in seguito al suo discorso del gennaio scorso, quando si era detto favorevole alla divisione e allo sfruttamento in comune delle ricchezze del Nord Kivu da parte di Rwanda e Rd Congo. In quell’occasione, alcuni responsabili politici congolesi, pronti a vedere complotti ovunque, avevano compreso che il presidente francese fosse favorevole a uno smembramento del loro paese e puntasse a riconciliarsi con il Rwanda (con il quale le relazioni sono rotte dal 2006) «a spese dell’Rd Congo».
– Da notare che il discorso di Sarkozy non si discosta da quelli precedentemente fatti in sede di Unione europea a favore del rilancio della Comunità economica dei paesi dei Grandi Laghi (Congo-Kinshasa, Burundi, Rwanda). Inoltre, è stato lo stesso presidente congolese, Joseph Kabila, a invitare l’esercito rwandese a braccare i ribelli hutu delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda. Infine, da parecchi anni, i ministri congolese e rwandese dell’energia discutono sullo sfruttamento in comune del metano del Lago Kivu.
Il problema risiede senza dubbio nella goffaggine del presidente francese, che ha tenuto questo genere di discorsi all’Eliseo senza alcuna previa concertazione con i leader africani. Ciò ha involontariamente nutrito ogni genere di congetture. Eppure, non era necessario avere doti divinatorie per sapere che un tale argomento avrebbe urtato la sensibilità della gente di Kinshasa, per via del clima anti-rwandese che vi imperversa, incoraggiato fino a qualche mese fa dalle stesse autorità. Perciò, per cancellare ogni malinteso, Sarkozy si è lanciato nel sostegno vigoroso della «sovranità del Congo, che è inalienabile»…
– Nell’altro Congo, il presidente francese si è di nuovo dedicato a un esercizio di rettifica, così da dissipare l’impressione, data all’inizio del suo mandato, di voler mettere fine alla "Françafrique": quel reticolo di relazioni politiche ed economiche tra l’ex madre patria e le ex colonie, un intreccio non sempre privo di corruzione. La presenza nella delegazione francese dell’avvocato Robert Bourgi, erede delle relazioni instaurate da Jacques Foccart all’epoca di De Gaulle, sta a segnalare che c’è una certa continuità tra ieri e oggi.
– Del resto, nei suoi discorsi di Brazzaville, Sarkozy ha trattato con riguardo il presidente Denis Sassou-Nguesso, esaltando le «relazioni privilegiate tra i due stati» ed evocando la necessità di una «rifondazione» per placare i modernisti.
– Certo, Sarkozy ha incontrato anche degli oppositori (allo scopo di far comprendere a chi lo ospitava che è necessario trovare un modus vivendi con loro), ma si è ben guardato dal sollevare il caso imbarazzante della morte, lo scorso gennaio a Brazzaville, di Bruno Ossebi, un franco-congolese che voleva associarsi a una denuncia, deposta in Francia, relativa ai «beni indebitamente acquisiti» da Sassou-Nguesso.
– In piena campagna per le elezioni presidenziali, mentre ha proclamato che la Francia non parteggia per nessun candidato, Sarkozy ha reso omaggio a Sassou-Nguesso, sostenendo che, grazie a lui, «nell’arco di pochi anni il Congo ha ritrovato stabilità e sicurezza»…
– In definitiva, dal suo primo discorso africano, pronunciato a Dakar il 26 luglio 2007, criticato nel continente in ragione dell’affermazione per cui «la sfida dell’Africa è di entrare di più nella storia», il presidente francese ha adottato un tono più classico. E sempre al servizio degli industriali francesi, quotati al CAC 40, il principale indice di borsa francese. A prova di ciò, il prestito di 29 milioni di euro dell’Agenzia francese di sviluppo per modernizzare il porto di Pointe-Noire, gestito dal gruppo di Vincent Bolloré, amico di Sarkozy.